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Teramo ha bisogno di una visione complessiva più ampia – ekuonews.it


TERAMO – Non basta discutere se abbattere il Palazzo della Sanità per creare una nuova piazza. Non è sufficiente chiedersi dove costruire il nuovo ospedale o se mantenere o meno il vecchio stadio. Sono tutte questioni legittime, ma isolate. Teramo ha bisogno di una discussione più ampia, più alta, più coraggiosa: una visione complessiva di futuro. La città sta vivendo una fase storica delicata, in bilico tra il rischio dell’irrilevanza e la possibilità di una rinascita. Una città che nel tempo ha progressivamente perso i suoi riferimenti istituzionali, sociali, culturali e sanitari, rischiando oggi di smarrire definitivamente la propria identità.

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Una dopo l’altra sono venute meno presenze fondamentali: la caserma degli Alpini, la sede della Camera di Commercio, diversi uffici statali tra cui l’Ufficio del Genio Civile, la sede Inpdap, l’archivio notarile, la sezione distaccata della Corte d’Appello dell’Aquila, e numerosi sportelli periferici di enti centrali. A questi si aggiunge la progressiva scomparsa delle sedi degli enti bancari storici, che avevano rappresentato per decenni un punto di riferimento per cittadini, imprese e famiglie. Non meno grave è il declino del nucleo industriale, un tempo cuore produttivo della provincia. Stabilimenti chiusi, capannoni abbandonati, imprese storiche scomparse: il settore industriale teramano, che aveva dato occupazione e benessere a intere generazioni, è oggi in forte sofferenza, senza una vera politica di rilancio e di riconversione. In parallelo, si è affievolita anche la luce dell’artigianato teramano, fatto di botteghe, laboratori, antichi mestieri tramandati nel tempo. Un’eccellenza identitaria del territorio, che andava dal ferro battuto alla ceramica artistica, dalla lavorazione del legno alla produzione tessile, e che oggi fatica a sopravvivere.

Oggi si profila anche il rischio di non avere più un ospedale di secondo livello, un nuovo ospedale, con tutte le conseguenze che ne derivano sul piano dell’offerta sanitaria e della qualità dei servizi per i cittadini. Una situazione paradossale per una città che per decenni ha rappresentato un’eccellenza in ambito socio sanitario: dal manicomio più grande del Centro-Sud alle strutture ospedaliere di rilievo regionale, passando per le case di riposo di grande prestigio e professionalità. Anche all’Università degli Studi di Teramo occorre darle un ruolo centrale nella città, farla dialogare con il territorio, investire nella sua crescita. Non bastano i numeri delle iscrizioni, serve un radicamento reale, una sinergia con le istituzioni locali, con le imprese, con la comunità.

Il terremoto ha aggravato una crisi già in corso. Molti cittadini si sono spostati verso la costa, attratti da servizi più accessibili. Nel frattempo, Pescara si è rafforzata come polo metropolitano, e L’Aquila, grazie ai fondi della ricostruzione e alla recente designazione a Capitale italiana della Cultura 2026, è tornata a essere un centro di riferimento culturale e istituzionale. Teramo rischia di restare schiacciata tra due realtà in crescita, diventando sempre più periferica. Eppure, Teramo ha una storia importante. È città d’arte, di archeologia, di cultura. È la città di Melchiorre Delfico, Nicola Palma, Giuseppe Savini, Giacinto Pannella. Una città che ha dato i natali anche a grandi artisti, medici, magistrati e intellettuali di rilievo nazionale e internazionale.

Occorre ora uno scatto d’orgoglio. Serve una visione. Teramo deve decidere cosa vuole essere nei prossimi decenni: una città della cultura e dell’università? Un polo sanitario rinnovato? Una città industriale? Una cerniera tra costa e aree interne? Qualunque sia la scelta, deve essere sostenuta da un progetto politico ambizioso. Serve un piano organico, infrastrutture moderne – come una metropolitana di superficie che la colleghi alla “Grande Pescara” – e politiche di sviluppo coordinate.

Teramo ha una storia da difendere e un futuro da immaginare. Ma deve farlo ora. Serve un confronto vero, condiviso, tra istituzioni, cittadinanza, categorie produttive, università e mondo culturale. Non limitiamo la discussione ai singoli interventi, isolati da una visione complessiva di città. Solo così potremo restituire a questa città la dignità e la forza che merita. –  Manola Di Pasquale, Cittadino e dirigente politico –

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