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Goldman Sachs e Levi’s bocciano le proposte conservatrici anti-DEI


In US, la stagione dominata da tensioni politiche e culturali anti-DEI continua a scontrarsi con la fermezza di piccole e grandi aziende. Tra queste ultime Goldman Sachs e Levi Strauss hanno recentemente inviato un messaggio chiaro: le politiche di diversità, equità e inclusione (DEI) non sono in discussione. Le proposte anti-DEI avanzate da think tank conservatori sono state sonoramente bocciate dagli azionisti, confermando un trend in atto anche in altre grandi aziende statunitensi. Un fatto che evidenzia come, nonostante il clima politico polarizzato, le strategie di sostenibilità sociale rimangano un pilastro riconosciuto del buon business.

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Durante le recenti assemblee annuali, sia Goldman Sachs che Levi Strauss hanno respinto con ampio margine proposte che puntavano a smantellare le loro pratiche DEI. A presentarle sono stati due think tank conservatori: il National Legal and Policy Center e il National Center for Public Policy Research (NCPPR), entrambi noti per le loro campagne contro le strategie ESG (environmental, social and governance) delle imprese.

Nel caso di Goldman Sachs, una delle proposte chiedeva di eliminare ogni obiettivo DEI dai criteri per la retribuzione dei dirigenti, sostenendo che ciò esporrebbe l’azienda a rischi legali dopo la storica sentenza della Corte Suprema USA del 2023, che ha vietato le ammissioni basate sulla razza nell’istruzione superiore. La direzione della banca ha rigettato questa tesi, definendola una “fondamentale caratterizzazione errata” dei propri processi interni, e precisando che le metriche DEI non sono legate direttamente ai bonus dei dirigenti senior. Il risultato? Appena l’1,66% degli azionisti ha votato a favore della proposta.

Ancora meno successo ha avuto una seconda mozione, che chiedeva un audit interno sui potenziali rischi reputazionali legati alle politiche DEI. Anche qui, la direzione ha ribadito il proprio impegno a garantire programmi conformi alla legge, sottolineando che già oggi viene esercitato un controllo costante su queste pratiche. La proposta ha raccolto solo l’1,79% dei voti.

Situazione analoga anche per Levi Strauss, dove la proposta del NCPPR chiedeva di chiudere completamente i programmi DEI, inclusi i gruppi di risorse per dipendenti e le iniziative per la diversità dei fornitori. Anche in questo caso, il board ha raccomandato di votare contro, sostenendo che una forza lavoro diversificata migliora la cultura aziendale e rafforza il legame con una clientela globale sempre più eterogenea. Il messaggio degli azionisti è stato inequivocabile: meno dell’1% ha votato a favore.

Questi risultati non sono isolati. Proposte simili sono state respinte anche da aziende come Apple, Costco, John Deere e Disney, confermando una tendenza generale nel mondo corporate USA: nonostante l’aumento di proposte anti-ESG nei consigli di amministrazione, il supporto da parte degli azionisti resta estremamente basso.

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Un contesto polarizzato ma in evoluzione

L’escalation di mozioni anti-DEI/ESG si inserisce in un contesto politico e culturale profondamente polarizzato negli Stati Uniti, dove alcuni settori conservatori vedono nelle politiche di sostenibilità sociale un rischio ideologico o legale. L’eco della sentenza della Corte Suprema ha alimentato queste preoccupazioni, anche se la sua applicazione diretta all’ambito aziendale è ancora oggetto di dibattito tra esperti e giuristi.

Al tempo stesso, però, il mondo corporate sembra procedere lungo una traiettoria differente. Le imprese non solo continuano a investire in iniziative DEI, ma rafforzano anche i loro progetti ESG ambientali. È il caso di Microsoft, che ha recentemente siglato un accordo con Living Carbon per l’acquisto di 1,4 milioni di tonnellate di crediti di rimozione del carbonio da progetti di riforestazione nelle aree minerarie dismesse degli Appalachi. Un esempio virtuoso di come le strategie ESG possano combinare lotta al cambiamento climatico, rigenerazione ambientale e sviluppo locale.

Le vicende di Goldman Sachs e Levi’s indicano che, almeno nel breve termine, le spinte ideologiche contro la sostenibilità non trovano terreno fertile nelle grandi aziende e tra i loro investitori. Le politiche DEI vengono sempre più riconosciute come strumenti di business efficaci, in grado di rafforzare competitività, reputazione e coesione interna.

Immagine copertina, fonte Levi’s.





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