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Primo maggio, il lavoro che cambia e la sfida degli ITS


Nota della redazione: la stesura del testo di questa pagina è opera di un’intelligenza artificiale. L’altra intelligenza, quella umana della nostra redazione, interviene nella scelta delle tematiche, nella revisione finale degli articoli (che è prevista per tutti i contenuti su TuttoITS) e nella verifica dell’accuratezza delle informazioni riportate. Insomma, è fatto con l’AI, ma con la qualità di TuttoITS.

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Il primo maggio, ossia la festa dei lavoratori, nasce come giornata di lotta e di diritti, un simbolo della dignità del lavoro conquistato a fatica nelle fabbriche e nelle piazze. Ma oggi, in un’Italia attraversata da transizioni tecnologicheambientali e demografiche, la festa dei lavoratori è anche una riflessione sul lavoro che sarà. In questo scenario emergono nuovi attori del sistema formativo, come gli ITS Academy: scuole ad alta specializzazione tecnica che stanno ridisegnando il ponte tra scuola e impresa, tra formazione e occupazione.

Una memoria che parla al presente

Le origini del primo maggio risalgono al 1886, quando a Chicago migliaia di lavoratori scesero in piazza per chiedere la riduzione della giornata lavorativa a otto ore. Dopo gli scontri e la repressione, la memoria di quei giorni è diventata simbolo globale della dignità del lavoro. Anche in Italia la festa ha assunto, nel corso del Novecento, un valore civile e collettivo: dalla fabbrica alla scuola, dai cortei alle piazze digitali, il lavoro è rimasto una chiave per leggere i diritti, l’economia e l’identità del Paese.

Oggi, però, il mondo del lavoro è attraversato da trasformazioni profonde. L’automazione cambia le mansioni, la digitalizzazione impone nuove competenze, la transizione ecologica apre opportunità ma anche discontinuità. E in questo contesto il lavoro non è più solo un tema sindacale o industriale: è un progetto formativo, culturale e tecnologico.

Lavoro cercasi (con competenze giuste)

Secondo Unioncamere e Anpal, ogni anno in Italia mancano centinaia di migliaia di profili tecnici specializzati. Le imprese cercano competenze che spesso non trovano, mentre i giovani faticano a inserirsi nel mercato del lavoro. Un paradosso che si chiama mismatch: la distanza tra ciò che serve e ciò che si insegna.

La soluzione? Un nuovo modo di intendere la formazione post-diploma, più aderente alle dinamiche dei territori e dei settori produttivi. Ed è qui che entrano in gioco gli Istituti Tecnologici Superiori, nati per formare super tecnici in aree strategiche: meccatronica, energia, logistica, mobilità sostenibile, ICT, agroalimentare, turismo, biomedicale.

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Gli ITS Academy: laboratorio del lavoro che verrà

Gli ITS sono percorsi biennali o triennali ad alta specializzazione tecnica, nati dalla collaborazione tra scuole, imprese, università e enti locali. Offrono una formazione duale, con almeno il 35% delle ore svolte in azienda e docenze affidate per oltre la metà a professionisti del settore.

Il risultato è un tasso di occupazione che supera l’80% entro un anno dal diploma, con punte anche superiori al 90% in alcuni ambiti come il digitale o la meccatronica. Ma gli ITS non sono solo numeri: sono l’emblema di un nuovo modello formativo che valorizza il lavoro tecnico, troppo a lungo considerato di serie B rispetto ai percorsi universitari tradizionali.

In realtà, il tecnico specializzato oggi è il cuore pulsante dell’industria 4.0 e della manifattura intelligente. È il professionista che sa leggere un impianto, programmare un robot, gestire un processo di logistica green o ottimizzare una rete dati. È, in molti casi, il profilo più richiesto e meno reperibile sul mercato.

Diritto al lavoro, diritto alla formazione

In un primo maggio che guarda al futuro, non si può non parlare di competenze, di orientamento, di diritto alla formazione continua. Gli ITS Academy non sono solo una risposta al bisogno delle imprese: sono un’opportunità concreta per i giovani, soprattutto per quelli che vogliono trovare un lavoro qualificato, ben retribuito e coerente con le proprie aspirazioni.

Non è un caso che il Pnrr abbia puntato con decisione su questa filiera, raddoppiando gli investimenti e puntando a 20mila diplomati ITS all’anno entro il 2026. Un obiettivo ambizioso, ma necessario per un Paese che voglia restare competitivo e inclusivo.

Il lavoro resta una conquista. Ma per essere anche una speranza, deve passare attraverso la qualità della formazione. E oggi, quella qualità passa sempre più anche dagli ITS Academy. Perché senza tecnici non c’è industria. Senza competenze non c’è futuro. E senza giovani formati, il primo maggio rischia di restare solo una ricorrenza.

Questo articolo è stato generato con l’ausilio dell’intelligenza artificiale.
(Testo raccolto da Gianluca Dotti)

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