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In Lombardia start-up innovative ma senza esagerare. L’Intelligenza artificiale? Viene snobbata: “Un’occasione mancata di sviluppo”


Milano, 3 maggio 2025 – Qual è lo stato di salute delle start-up italiane e lombarde? Se lo è chiesto Iacopo Livia, founder di Startup Checklist, nata per lanciare sul mercato imprese emergenti innovative, che ha realizzato il Growth Report 2025, un progetto non-profit che aiuta a formare e guidare i giovani aspiranti innovatori nella validazione di idee di startup a impatto. I dati raccolti, sono stati elaborati e messi in correlazione da Dataz, agenzia data-driven dei milanesi Lorenzo e Pio Fiorito, che supporta le aziende a gestire i propri dati per potenziare il business.  

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Il sondaggio 

Il sondaggio ha interessato 155 start-up a cui è stato sottoposto un questionario di 75 domande per analizzare dati e caratteristiche quali la fase in cui si trova l’azienda, le informazioni sul prodotto, il capitale raccolto, il fatturato degli ultimi anni, il rapporto con gli investitori, il modello di business, le competenze, il rapporto con l’intelligenza artificiale e molto altro. I dati emersi dalla ricerca, che fanno riferimento agli anni 2023 e 2024, mostrano tendenze interessanti, e una vera e propria fotografia dello stato di salute delle start-up italiane, declinabile con sostanziale uguale risultato a ogni regione. Si scopre infatti che più del 40% delle società intervistate si occupa di soluzioni Saas, software che vengono concessi in licenza solo su abbonamento, ed è in una fase di vita cruciale.

L’85 per cento delle realtà intervistate ha già raccolto capitali ed è in cerca di altri, mentre il 33 per cento non ne ha mai raccolti ma vorrebbe farlo. Infine 43 aziende su 155 riportano di avere almeno uno sviluppatore all’interno del proprio organico e il 93 per cento delle start-up che hanno partecipato al sondaggio, ha un manager interno, che spesso è lo stesso Ceo. 

Cercasi aggiornamento 

Solo il 5 per cento, ha competenze Cro, ovvero tutte quelle attività di sperimentazione con metodo scientifico che hanno l’obiettivo di migliorare le conversioni. Sulla sperimentazione le start-up italiane non danno il meglio di sé: “Sebbene il 71 per cento ha un processo formale o informale di sperimentazione – spiegano i ricercatori – manca l’aggiornamento e la definizione strategica di step, obiettivi e proprietà che permettono di non perdere opportunità di crescita”. Inoltre, dai dati è emerso che aziende evolute seguono processi poco strutturati, mentre startup in fase di validazione creano troppo presto processi complessi.  

Intelligenza (poco) artificiale 

“Una riflessione a parte – proseguono gli autori della ricerca – merita invece l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale”: perché le start-up intervistate ammettono di utilizzarla poco. Solo il 26 per cento usa molto l’AI, ma il 50 non la utilizza affatto o in casi sporadici. “Un vero peccato – commentano gli autori del sondaggio – perché una tecnologia trasformativa e potenziante come l’AI usata così poco dalle realtà più agili e innovative del paese è un’opportunità potenziale persa”.

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