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Aeroporti siciliani al bivio tra pubblico e privato, lo scontro che deciderà il futuro degli scali – BlogSicilia


La Sicilia si prepara a ridefinire il futuro dei suoi aeroporti principali: tra governance, privatizzazioni e strategie politiche, un intreccio complesso di interessi pubblici e privati si gioca sull’efficienza e sullo sviluppo economico dell’isola. Mentre dall’aeroporto di Palermo rendono noti i numeri di un aprile di successo il sole24ore in edicola fa il punto su quanto potrebbe accadere nel corso del resto dell’anno e sulle criticità emergenti.
Indipendentemente dal modello di governance, i nodi principali restano gli stessi: servono investimenti massicci per ammodernare gli scali, potenziare i collegamenti intermodali (porto, ferrovia, autostrade) e garantire standard elevati di sicurezza e sostenibilità ambientale. In un mercato aereo sempre più competitivo, dove grandi hub internazionali attirano traffico e risorse, la Sicilia deve evitare di restare indietro.

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La privatizzazione potrebbe essere una leva, ma senza una strategia chiara rischia di diventare un fine anziché un mezzo. Per questo motivo, il dibattito di questi mesi non riguarda solo il presente, ma segnerà le sorti della Sicilia per i prossimi decenni.

La primavera 2025 ha acceso i riflettori sulla governance degli aeroporti siciliani, facendo emergere fratture politiche, tensioni economiche e interrogativi strategici sul destino di due snodi cruciali: l’aeroporto Falcone-Borsellino di Palermo e l’aeroporto Fontanarossa di Catania (assieme a Comiso). In ballo non c’è solo il futuro delle infrastrutture, ma il ruolo stesso della Sicilia nel Mediterraneo come hub turistico ed economico, un tema che coinvolge direttamente politica, imprese e cittadini.

Catania e Comiso: un cda scaduto e una privatizzazione incerta

A oriente, il cuore delle tensioni batte a Catania. La Sac, società di gestione di Fontanarossa e Comiso, si trova con un consiglio di amministrazione scaduto e con una procedura di privatizzazione già avviata dall’ad Nico Torrisi. La maggioranza delle quote (60,64%) appartiene alla Camera di commercio del Sud-Est, oggi commissariata dalla Regione, mentre altre partecipazioni significative (Irsap e Libero Consorzio di Siracusa) sono anch’esse sotto controllo regionale. Questo rende il presidente della Regione Renato Schifani un attore centrale, capace di influenzare ogni decisione strategica.

Il processo di privatizzazione è tutt’altro che lineare: mentre l’assemblea degli azionisti ha dato il via libera, resta il nodo della nomina di un nuovo consiglio. Gli imprenditori locali, capeggiati da Confindustria Catania, chiedono un ruolo attivo nel percorso, non volendo assistere passivamente a decisioni calate dall’alto. Il governatore ha congelato tutto fino al 31 agosto, sperando nel rinnovo della rappresentanza camerale. Tuttavia, le tempistiche elettorali lasciano pochi margini: si prospetta un rinnovo accelerato, forse già entro giugno, cercando un fragile consenso tra le varie anime politiche – da Forza Italia a Fratelli d’Italia, con il presidente del Senato Ignazio La Russa che ha già fatto sentire la sua voce.

Palermo: un’eredità pesante e una spinta verso il mercato

A Palermo, lo scenario sembra apparentemente meno ingarbugliato ma non meno delicato. Le dimissioni di Vito Riggio, ex presidente Enac e fino a poche settimane fa amministratore delegato della Gesap, hanno lasciato un vuoto pesante. «Abbiamo fatto 12 milioni di utili nel 2023 e il bilancio 2024 parla di 15 milioni di utili», ha dichiarato Riggio, rimarcando il valore dell’azienda. Tuttavia, il bilancio non è ancora stato approvato e la privatizzazione, fortemente voluta da Schifani, è tutta da organizzare.

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Il Comune, con il sindaco Roberto Lagalla, detiene insieme all’Area Metropolitana quasi il 72% delle azioni. Lagalla ha dichiarato: «Per quanto riguarda l’amministratore delegato, ricordo che è stata Forza Italia ad indicare il nome. Sulla privatizzazione ho registrato un clima di condivisione assoluta». Anche la Camera di commercio ha già espresso l’intenzione di vendere le proprie quote. Si attende solo il via libera della Corte dei conti sul piano di riequilibrio, atteso entro giugno, per poter avviare le procedure: scelta dell’advisor, definizione delle modalità di cessione e coinvolgimento delle parti interessate.

Il ruolo delle imprese: non spettatori ma protagonisti

In entrambe le città, le imprese osservano con attenzione. Il presidente degli industriali, Luigi Rizzolo, ha chiarito la posizione del tessuto produttivo: «Vediamo con favore la privatizzazione della Gesap, a condizione che sia condotta con una visione strategica e il pieno coinvolgimento di tutti i soci. Riteniamo imprescindibile che anche gli azionisti non di controllo vengano coinvolti nel percorso decisionale per garantire una governance equilibrata, trasparente e orientata alla crescita del territorio».

Questo passaggio è cruciale. Non si tratta solo di vendere quote o trovare nuovi manager, ma di stabilire un modello di gestione capace di attrarre investimenti, potenziare le infrastrutture e migliorare i servizi. Gli aeroporti sono il biglietto da visita della Sicilia: qualsiasi scelta sbagliata rischia di compromettere anni di lavoro e di rallentare lo sviluppo turistico e commerciale dell’isola.

Privatizzare o non privatizzare: il dilemma strategico

Dietro il confronto politico e imprenditoriale si nasconde un interrogativo più ampio: la privatizzazione è davvero la strada migliore? Non tutti sono convinti. Da un lato, chi sostiene la vendita delle quote pubbliche lo fa in nome dell’efficienza, della capacità di attrarre capitali e della possibilità di sottrarre la gestione aeroportuale a logiche politiche. Dall’altro, i critici temono che la privatizzazione si traduca in una perdita di controllo pubblico su un asset strategico, con il rischio di alzare i costi per i passeggeri e ridurre gli investimenti nelle tratte meno redditizie.

Il governatore Schifani sembra il più determinato a portare avanti il processo, ma il terreno su cui si muove è minato. Come dimostrano le vicende di Riggio e Torrisi, ogni passo è sorvegliato da partiti, associazioni, sindacati e opinione pubblica.

 





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