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Spopolamento killer, fra 10 anni 21mila lavoratori in meno


Il Molise (così sembra) non perderà 30mila abitanti in un anno, quello in corso per essere precisi (un errore conclamato e ammesso dalla Regione la previsione contenuta nella stesura del Documento di economia e finanza). Ma si stima che nei prossimi dieci anni, invece, la sua popolazione in età lavorativa (le persone dai 15 ai 64 anni) potrebbe subire un calo potenziale di oltre 21 mila unità, passando dalle attuali 179.896 a 158.573 (-11,9%).
Nella graduatoria nazionale stilata dalla Cgia di Mestre nel suo consueto report settimanale elaborato sulla base di dati Istat, la XX Regione si colloca al quinto posto dopo Sardegna (-15,1%), Basilicata (-14,8%), Puglia (-12,7%) e Calabria (-12,1%). Al contrario, le regioni meno interessate da questo fenomeno saranno il Trentino Alto Adige con il -3,1% (-21.256) la Lombardia con il -2,9% (-189.708) e, infine, l’Emilia Romagna con il -2,8% (-79.007).
A livello provinciale, Campobasso potrebbe far registrare la flessione più rilevante di potenziali lavoratori con una perdita nel 2035 di oltre 15mila unità, poco meno di 6mila per Isernia. Questa riduzione, osservano gli analisti della Confederazione di artigiani veneti, è attribuibile al progressivo invecchiamento della popolazione. «Con un numero sempre più ridotto di giovani e un consistente gruppo di baby boomer prossimo all’uscita dal mercato del lavoro per raggiunti limiti d’età, il nostro Paese rischia lo “spopolamento” della coorte anagrafica potenzialmente occupabile». Condizione, questa, che riguarda tutte le 107 province italiane monitorate in questo studio che registreranno entro il prossimo decennio una variazione assoluta negativa.
Complessivamente, in Italia la fascia dai 14 ai 65 anni si assottiglierà perdendo quasi 3 milioni di unità (precisamente 2.908.000), pari a una riduzione del 7,8%. All’inizio del 2025 questa fascia demografica contava 37,3 milioni di persone; si prevede che la platea nel 2035 scenderà a 34,4 milioni.
Se si considera il declino demografico insieme all’instabilità geopolitica, alla transizione energetica e a quella digitale, nei prossimi anni le imprese – è il ragionamento della Cgia – sono quindi destinate a subire contraccolpi molto preoccupanti. La difficoltà, per esempio, nel reperire giovani lavoratori da inserire nelle aziende artigiane, commerciali o industriali è un problema sentito già
oggi, tra un decennio con questi numeri aumenterà in maniera esponenziale. E non si può contare in una inversione della tendenza demografica perché poiché non esistono misure efficaci in grado di modificare questa tendenza in tempi ragionevolmente brevi. Inoltre, nemmeno il ricorso alla manodopera straniera potrà risolvere completamente la situazione.
«Di conseguenza, dobbiamo prepararci a un progressivo rallentamento del Pil. Va inoltre considerato – si legge nel report degli artigiani mestrini – che una società con una popolazione sempre più anziana e meno giovane dovrà affrontare un aumento rilevante della spesa previdenziale, sanitaria e assistenziale, con implicazioni molto negative anche sui nostri conti pubblici».
La grande difficoltà nel reperire manodopera qualificata viene denunciata da qualche anno dalle imprese in tutto il Paese. Nei prossimi anni, tuttavia, il Mezzogiorno potrebbe incontrare meno problemi rispetto al Centronord. A differenza di quest’ultima area geografica, infatti, il Sud e le Isole presentano tassi di disoccupazione e inattività significativamente elevati, che potrebbero consentire di colmare almeno parzialmente le lacune occupazionali previste soprattutto nel settore agroalimentare e in quello turistico-ricettivo. È altresì evidente che molte aziende, in particolare quelle di piccole dimensioni, saranno costrette a ridurre gli organici a causa dell’impossibilità di procedere ad assunzioni. Per quanto riguarda le medie e grandi imprese, invece, la problematica potrebbe risultare meno rilevante: grazie alla possibilità di offrire salari superiori alla media, orari flessibili, benefit e pacchetti significativi di welfare aziendale, i giovani presenti sul mercato del
lavoro tenderanno a preferire le realtà più strutturate piuttosto che le piccole e micro imprese che solo in piccola parte sono in grado di erogare tali benefici.
La Cgia mette anche in evidenza che una ridotta presenza di giovani under 30 e un’alta incidenza di over 65 potrebbero determinare ripercussioni negative su settori economici strategici, comportando una contrazione strutturale del Pil. Considerando la minore propensione alla spesa tipica della
popolazione anziana rispetto a quella giovanile, una società prevalentemente composta da persone in età avanzata rischia di ridurre il volume d’affari del mercato immobiliare, dei trasporti, della moda e del settore ricettivo (HoReCa). Al contrario, il settore bancario potrebbe essere tra i pochi a beneficiare di alcuni effetti positivi: grazie a una maggiore inclinazione al risparmio rispetto alle altre coorti anagrafiche, la popolazione anziana potrebbe incrementare il valore economico dei
propri depositi, favorendo così le istituzioni creditizie.

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