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Donald trump valuta accordi commerciali e nuove tariffe film: incertezza tra usa e ue sulle prospettive economiche


La tensione tra Stati Uniti e Unione europea sulle questioni commerciali resta alta. Donald trump non esclude che questa settimana possano essere siglati accordi con alcuni Paesi coinvolti nei dazi reciproci introdotti all’inizio di aprile. Tra le novità allo studio, una tariffa del 100% su film stranieri distribuiti negli Stati Uniti. Il quadro resta incerto sia per la complessità dei negoziati sia per le pressioni interne che influenzano le scelte della Casa Bianca.

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La strategia di trump tra dazi e pressione interna

Gli Stati Uniti hanno imposto dazi il 2 aprile scorso su merci provenienti da vari Paesi, scatenando un clima di ritorsioni commerciali. Trump, da parte sua, non ha escluso la possibilità di raggiungere accordi in tempi brevi con alcune nazioni colpite, ma i segnali sull’andamento delle trattative sono contrastanti. L’ex direttore del Sole 24 Ore, Guido Gentili, sottolinea come la posizione del presidente americano risulti difficile da prevedere, soprattutto a causa di continui cambiamenti su temi internazionali, come dimostrato dal mutato atteggiamento di Trump sull’Ucraina nelle ultime settimane.

Pressioni della finanza e ipotesi nuove tariffe

Le pressioni sugli Stati Uniti provengono anche dal mondo finanziario che richiede una gestione più cauta della questione dazi. D’altra parte Trump ha ventilato l’ipotesi di alzare notevolmente le tariffe su prodotti culturali stranieri, in particolare i film, creando un ulteriore punto di tensione economica e politica. Il risultato finale, al momento, non sembra certo, neppure rispetto a un eventuale accordo con Bruxelles, fissato come limite temporale per luglio.

Gli effetti delle tensioni economiche sull’europa

L’incertezza tra Stati Uniti e Unione europea si riflette anche sulle previsioni economiche, con istituzioni come il Fondo monetario internazionale e Standard & Poor’s che hanno rivisto al ribasso le aspettative di crescita. L’Europa vive un momento complicato dal punto di vista della crescita economica, senza strumenti efficaci da mettere in campo per contrastare la stagnazione. Per esempio, il piano di riarmo europeo previsto dal Patto di stabilità vede solo 16 Paesi aderire alla clausola per spese nazionali, escludendo potenze come Francia, Italia e Spagna.

Divisioni interne e green deal

Le divergenze tra membri dell’UE si manifestano anche su altri fronti, come la revisione del Green Deal. Le divisioni interne risultano ancora evidenti, e il dibattito su temi cruciali appare bloccato. Sullo sfondo resta la necessità di gestire con equilibrio la transizione energetica, come dimostrato da recenti difficoltà in Spagna che evidenziano possibili ripercussioni sociali ed economiche. In questo quadro, l’Europa appare meno protagonista rispetto alle sfide davanti a sé, con una crescita lenta e pochi segnali di inversione.

Il ruolo degli investimenti tedeschi e la strategia verso pechino

L’avvicendamento del nuovo governo in Germania apre una finestra su un possibile rilancio tramite investimenti pubblici ambiziosi. La Germania, storicamente attenta agli obiettivi economici, potrebbe contribuire a migliorare la situazione europea seppure i benefici appaiano difficili da rilevare nel breve periodo. Le previsioni parlano infatti di crescita stagnante anche per la seconda metà dell’anno.

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Sul versante internazionale, Bruxelles deve valutare con attenzione la questione cinese, soprattutto per il rischio che la competizione commerciale tra Stati Uniti e Cina possa riversare in Europa prodotti a basso costo cinesi. La presenza cinese al fianco della Russia nella crisi ucraina rappresenta un elemento di complicazione ulteriore. Nel caso di negoziati falliti con Washington, per Bruxelles dialogare con Pechino si fa obbligatorio, dato anche il ruolo della Cina nella fornitura di materie prime utili alla transizione ecologica. Qualora invece arrivassero sviluppi positivi con gli Stati Uniti, l’Unione europea dovrà mantenere prudenza nei rapporti con il gigante asiatico.

La situazione italiana e le sfide per la crescita industriale

In Italia la crescita resta fiacca, mentre il presidente di Confindustria, Carlo Orsini, ha chiesto un piano industriale che possa sostenere il Paese. Il governo ha risposto sulle misure contro il caro bollette, spiegando di aver fatto il possibile dati i vincoli economici attuali. Non ci si attendono quindi grandi nuovi investimenti pubblici o aiuti diretti immediati.

Incentivi agli investimenti privati e relazioni sindacali

Un possibile intervento suggerito riguarda l’incentivazione degli investimenti privati in nuovi impianti e tecnologie, magari con strumenti simili a Transizione 4.0 che, peraltro, restano poco sfruttati in Transizione 5.0. Una misura in questo senso non comporterebbe grandi risorse ma potrebbe rappresentare un segnale concreto per il settore industriale.

Inoltre, serve un cambio di passo anche nelle relazioni tra imprese e sindacati, in particolare sulla questione salariale. Non bastano interventi come il salario minimo o sussidi temporanei per migliorare realmente i redditi. Si richiederebbe una contrattazione più attiva e propositiva, legata alla produttività e a forme di welfare aziendale, oltre a politiche per facilitare l’accesso a case per i lavoratori.

Parti sociali e dialogo sul lavoro: sfide aperte

Attualmente le parti sociali in Italia mostrano scarsa dinamicità, mentre lo Stato si trova limitato nelle sue capacità d’intervento. Sarà interessante osservare se i referendum di giugno, che vedono alcuni sindacati coinvolti politicamente, cambieranno la situazione.

Il lavoro in più dovrà passare dalla collaborazione tra imprese e sindacati, con il coinvolgimento anche del governo per accordi complessivi. Questi potrebbero puntare a una crescita della produttività collegata all’incremento dei salari, migliorando così il benessere dei lavoratori e la competitività delle aziende.

Il contesto attuale, fatto di incertezze internazionali e difficoltà economiche, mette l’Italia davanti a sfide concrete che richiedono decisioni e azioni coordinate tra i diversi attori economici e sociali nazionali.



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