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Perché la scalata di Shell a BP è più vicina che mai


Shell tenterà davvero la scalata a BP questa volta? Questa volta l’ipotesi sembra più concreta delle precedenti, secondo fonti di Bloomberg. Il deal porterebbe alla nascita di un gigante dell’energia da 266 miliardi di dollari. Ma il rischio che sia solo una manovra speculativa rimane alto

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Sono tre gli indizi che rendono la pista della scalata di Shell a BP più concreta che mai: la crisi di BP, l’ingresso nella compagnia di Elliott Investment e lo studio di fattibilità di Shell. Un’operazione che non sarebbe imminente, secondo fonti di Bloomberg, ma rappresenterebbe un deal storico per il settore dell’energia. Infatti, nascerebbe un gigante con una capitalizzazione di 266 miliardi di dollari e una produzione congiunta di 5.091 milioni di barili equivalenti al giorno. Proprio l’importanza dell’operazione, però, aumenta il rischio che si tratti di una fake news diffusa ad arte per far salire il valore del titolo della compagnia inglese. Infatti, le parole del CEO di Shell, Wael Sawan, sembrano privilegiare altre strategie di crescita rispetto alle acquisizioni.

SHELL ACQUISIRA’ DAVVERO BP?

Da oltre dieci anni si rincorrono le voci di un’acquisizione di BP. Questa volta, però, sembra che l’accordo potrebbe davvero concludersi. Infatti, secondo fonti di Bloomberg Shell starebbe conducendo analisi preliminari con un gruppo di advisors per valutare un’eventuale offerta sulla rivale britannica, ma attenderebbe ulteriori cali del titolo BP e dei prezzi del petrolio per procedere.

L’ex componente delle 7 sorelle negli ultimi 15 anni ha perso ormai lo smalto del passato. La situazione economico finanziaria sembra peggiorare di giorno in giorno ed è una preda sempre più appetibile per le competitor. Il titolo ha perso il 30% negli ultimi 12 mesi e circa il 13% da inizio anno, secondo quanto riporta Il Sole 24 Ore. I principali responsabili sono due: il fallimento della sua strategia di rilancio e il calo dei prezzi del petrolio. Nel 2010 le sue azioni valevano quanto quelle Shell, oggi invece capitalizza poco più di 55 miliardi di sterline (ossia 73,3 miliardi di dollari), contro quasi 150 miliardi della possibile acquirente. Negli ultimi 5 anni Shell ha visto un incremento di quasi il 90% del valore delle sue azioni, mentre quelle di BP sono solo l’11% sopra il livello a cui erano quando l’azienda ha lanciato la sua strategia per l’energia verde. Una strategia green che gli investitori e il cda hanno bocciato, votando recentemente per ridurre drasticamente gli investimenti in energia rinnovabile e dare priorità alla produzione di petrolio e gas. Al contrario, la possibile acquirente viaggia con il vento in poppa. Infatti, Shell ha recentemente riportato risultati superiori alle aspettative per il primo trimestre, superando le previsioni di profitto e annunciando un programma di riacquisto di azioni da $3,5 miliardi, per il quattordicesimo trimestre consecutivo.

PERCHE’ SHELL E’ IL PRETENDENTE IDEALE PER BP

Shell è da sempre considerata il pretendente ideale per BP. La prima ragione sono i minori ostacoli al matrimonio, per il prezioso accesso al mercato Usa che le arriverebbe in dote e per le potenziali sinergie miliardarie. Infatti, Barclays ha stimato che la scalata di BP porterebbe a Shell risparmi per 7,5 miliardi di dollari l’anno sui costi operativi e per 5 miliardi sulle spese in conto capitale (capex).

In secondo luogo, l’acquisizione di BP rafforzerebbe significativamente la posizione competitiva di Shell nel mercato globale. Una fusione aiuterebbe Shell a costruire la scala necessaria per competere meglio con i giganti petroliferi statunitensi, il cui valore supera di gran lunga quello di Shell. Exxon Mobil, ad esempio, ha un valore di $459 miliardi. La scalata creerebbe un gigante energetico con una capitalizzazione di mercato combinata di oltre 250 miliardi di dollari, rafforzando significativamente la posizione competitiva della compagnia petrolifera nel mercato globale dell’energia.

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QUANTO PRODURREBBE IL GIGANTE DEL PETROLIO?

Il gigante del petrolio nato dall’acquisizione di BP da parte di Shell potrebbe raggiungere una produzione combinata vicina a 5.091 milioni di barili equivalenti al giorno (mboe/d).

Nel 2023, Shell ha registrato una produzione totale di 2.791 mila barili di petrolio equivalente al giorno (mboe/d): 1.454 mboe/d di petrolio e liquidi di gas naturale (crude oil and natural gas liquids) e 1.285 mboe/d di gas naturale. BP, invece, ha raggiunto una produzione upstream di 2.3 milioni di barili equivalenti al giorno (mmboe/d), + 3% rispetto all’anno precedente. Tuttavia, il quantitativo sarà influenzato da diversi fattori: sinergie operative, ottimizzazioni e disinvestimenti.

IL PIANO DI ELLIOTT: VENDERE BP A TUTTI I COSTI, ANCHE A PEZZI

Elliott, secondo azionista di BP con una quota superiore al 5%, sembra intenzionato a vendere BP, anche a pezzi. Infatti, il fondo starebbe spingendo per intensificare il significativo piano di dismissioni presentato a febbraio dal ceo Murray Auchinsloss. Una strategia che prevede di cedere asset per $20 miliardi entro il 2027, oltre a una diminuzione della spesa e riacquisti di azioni. Tuttavia, secondo Elliott la “mancanza di ambizione e urgenza” del piano aumenterebbero il rischio di scalata. Tuttavia, l’operazione farebbe comunque il gioco di Elliott, valorizzando la sua partecipazione, sottolinea il Sole 24 Ore. Non è da escludere l’intento speculativo, poiché in caso di “takeoer” il titolo di Shell potrebbe perdere quota. Le indiscrezioni hanno già attirato l’attenzione degli analisti di mercato e la notizia ha avuto un impatto immediato sul mercato: il titolo BP ha registrato un incremento di circa il 2,7% nelle contrattazioni di ieri, nonostante la chiusura della borsa locale per festività.

“Ieri la Borsa di Londra era chiusa per bank holiday, ma a New York gli Adr (American depositary receipts) si sono apprezzati di quasi il 2% in reazione alle ultime voci. A fine marzo era inoltre emerso che il fondo di Paul Singer aveva assunto un’importante posizione “corta” – vale a dire ribassista – sia su Shell che su TotalEnergies: nel primo caso pari allo 0,5% del capitale (per un valore all’epoca di 1,1 miliardi di dollari) e nel secondo pari allo 0,6% (per 722 milioni). Gli short possono anche rispondere a semplici esigenze di risk management” scrive Il Sole 24 Ore.

IL CEO DI SHELL NON CHIUDE AD ACQUISIZIONI MA IL PORTAVOCE SMENTISCE

Il ceo di Shell, Wael Sawan, la settimana scorsa non ha chiuso del tutto la porta all’ipotesi di scalata a BP. Tuttavia, le dichiarazioni sembrano privilegiare altre strategie di crescita rispetto alle acquisizioni. Infatti, ha sottolineato di considerare prioritario riservare fondi ai buyback e proseguire nei piani per rafforzare la società.

Concetti ribaditi ieri da un portavoce, che non ha però smentito l’apertura di un dossier su Bp.



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