Giorgio Fossa, Presidente Luiss Guido Carli, in occasione dell’Advisory Board Investitori Esteri di Confindustria “Italia e imprese estere: innovare per competere nel nuovo scenario globale” e la presentazione del VII Osservatorio Imprese Estere, ha dichiarato:
“Grande onore essere qui oggi, soprattutto perché l’attrazione e la valorizzazione degli investimenti esteri sono fondamentali per il nostro Paese.
Il Rapporto dell’Osservatorio delle Imprese Estere è un progetto nato dalla collaborazione tra la LUISS, Confindustria e l’IMT Alti Studi di Lucca. Un’iniziativa che abbiamo voluto da sempre appoggiare e che portiamo avanti con tutti gli sforzi necessari.
L’Osservatori è oggi una piattaforma di conoscenza e di dialogo strutturato tra diversi attori: le istituzioni, le aziende, l’università e i territori. Questo strumento unisce il rigore dell’analisi accademica all’esperienza operativa delle imprese e fornisce proposte concrete e strumenti utili per migliorare l’attrattività dell’Italia. È il risultato di un metodo che parte dai dati, ma che si sviluppa nel dialogo e nella condivisione. Non possiamo andare avanti senza i dati, ma non possiamo sicuramente fermarci ai dati.
Questa collaborazione si fonda anche sull’internazionalizzazione della nostra università. Oggi più del 50% dei nostri corsi sono in lingua inglese. Circa il 10-11% dei nostri studenti sono stranieri, provenienti da 171 nazioni. Anche a livello di professori di ruolo, ormai il 15% proviene dall’estero. Questo per dire quanto il discorso dell’internazionalizzazione e lo sviluppo del rapporto con le imprese a capitale estero in Italia stiano a cuore alla LUISS. Ed è proprio per questo che spingiamo fortemente sull’internazionalizzazione della nostra università.
Dobbiamo anche ricordare che operiamo in un contesto globale particolarmente difficile. Tutte le mattine ci sono novità, purtroppo quasi sempre negative o comunque ostacolanti. Dobbiamo lavorare per difenderci dall’instabilità geopolitica di questo periodo, riconfigurare le catene del valore, affrontare la transizione digitale ed economica e crescere in una competizione internazionale che si fa sempre più difficile.
In questo scenario, attrarre investimenti non è più solo una necessità economica, ma una vera e propria scelta strategica. Le imprese a controllo estero portano capitali, ma questo non basta. Ciò che veramente rappresenta un valore aggiunto è il grado di innovazione, più spinto rispetto a quello che normalmente vediamo. Portano produttività, formazione di competenze qualificate e una connessione internazionale che solo loro possono offrire. Sono quindi attori fondamentali per la trasformazione industriale. Che piaccia o no, anche questo Paese, industrialmente comunque molto forte, ha necessità di cambiare pelle, soprattutto in momenti complicati come quello attuale.
Purtroppo, la loro presenza è, come tutta l’impresa di questo Paese, concentrata in una parte del territorio. Grosso modo, l’80% del valore aggiunto è concentrato in sei regioni, mentre il Mezzogiorno ancora fatica a intercettare questa opportunità.
È per questo che guardiamo con grande attenzione alla nuova Zona Economica Speciale Unica per il Mezzogiorno. Una misura che può e deve diventare una leva di riequilibrio del Paese.
Altro punto fondamentale: la vera sfida non è solo attrarre le imprese a capitale estero in Italia, ma soprattutto fare in modo che rimangano, che si radichino sempre di più.
Per garantire una retention degli investimenti esteri, è fondamentale affrontare tre problemi:
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Il primo è un problema storico del nostro Paese: la semplificazione amministrativa. Serve alle imprese piccole, medie e grandi italiane, e serve anche a quelle che vengono dall’estero per investire. Oggi abbiamo una leva in più, se sapremo usarla bene: la digitalizzazione, che deve essere reale ed efficace.
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Poi c’è il problema del capitale umano. Dobbiamo colmare il divario che continua a esserci tra chi cerca lavoro, fortunatamente in calo, e la carenza di personale. Nei prossimi due o tre anni, ci sarà bisogno di inserire nel mondo del lavoro italiano circa 3 milioni di persone. Questo mi preoccupa molto, sia come presidente di università, sia come imprenditore, perché sappiamo che già oggi circa il 50% dei posti di lavoro necessari è vacante. Non troviamo persone per coprirli, e soprattutto c’è una grande carenza di laureati nel nostro Paese.
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Dobbiamo anche trattenere i nostri laureati. Non sono contrario ai giovani che vanno all’estero, a patto che un giorno ritornino con esperienze nuove, e che possano diventare “ambasciatori operativi”: persone che sul campo sappiano trasmettere alle aziende straniere il valore dell’Italia e degli italiani, pur lavorando all’estero, con il cuore che batte sempre per il nostro Paese.
Infine, come abbiamo detto, dobbiamo fare grande attenzione a strumenti come la ZES Unica, affinché tutto il territorio italiano diventi attrattivo, e non solo una parte di esso.“
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