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Dalla crisi demografica alla glocalizzazione: i trend della robotica


La robotica industriale sta attraversando una fase di profonda ridefinizione: non più tecnologia d’elezione per produzioni massive e standardizzate, ma soluzione sempre più pervasiva e accessibile, spinta da una convergenza di potenti fattori di cambiamento che ne stanno ampliando la portata e la fruibilità.

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Da un lato, macro-cambiamenti come le dinamiche demografiche e la crescente domanda di personalizzazione dei prodotti stanno spingendo un numero sempre maggiore di imprese a guardare all’automazione e alla robotica come soluzioni di sistema. Dall’altro, l’industria stessa della robotica sta rispondendo a questa esigenza, e alla tradizionale carenza di competenze specialistiche per la programmazione e l’utilizzo dei robot, con un’offerta di sistemi più semplici da implementare, maggiormente integrati e più accessibili economicamente.

Questa doppia spinta convergente della domanda e dell’offerta sta progressivamente “democratizzando” una tecnologia a lungo considerata appannaggio esclusivo di grandi aziende con produzioni standardizzate.

Questi temi sono stati al centro di un recente intervento, in occasione della fiera Lamiera a Milano, di Alessandro Santamaria, vice presidente di Siri (l’associazione italiana per la robotica industriale), past member dell’Executive board dell’IFR (la federazione internazionale della robotica) e CEO di Roboteco Italargon.

L’impatto ineludibile del cambiamento demografico

Al centro delle trasformazioni che spingono l’adozione della robotica vi sono le tendenze demografiche.

“In Italia il 2024 ha fatto segnare il minimo storico per le nascite, con meno di 370.000 nuovi nati”, sottolinea Santamaria. “Questo si accompagna a un progressivo invecchiamento della popolazione – si stimano oltre 4 milioni di persone sole con più di 75 anni entro il 2043 – e a una previsione di contrazione demografica di 11 milioni di abitanti al 2070, attestando la popolazione italiana intorno ai 48 milioni. A ciò si aggiunge l’emigrazione di neolaureati qualificati, che cercano opportunità professionali al di fuori dei confini nazionali”.

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Questo quadro demografico prospetta una forza lavoro strutturalmente ridotta e con un’età media più elevata. La diretta conseguenza è una carenza di manodopera che non riguarda più soltanto i settori manifatturieri tradizionali, ma si estende all’intralogistica, all’e-commerce, all’agricoltura e ai servizi alla persona.

Nelle economie dove il costo del lavoro è alto, come quelle europee, e dove la disponibilità di personale qualificato (e non) si assottiglia, l’automazione e la robotizzazione non sono più solo una leva per il contenimento dei costi, ma un’opzione irrinunciabile per preservare la capacità produttiva e operativa. La robotica emerge così come una risposta strutturale a una dinamica demografica che incide sulla disponibilità stessa di lavoratori.

La glocalizzazione e le nuove frontiere settoriali per l’automazione

Un altro fattore determinante è la crescente rilevanza della “glocalizzazione”, termine che descrive la riorganizzazione delle catene globali del valore su basi più locali o regionali. Questa tendenza è alimentata da instabilità geopolitiche e da divergenze tra aree geografiche, che aumentano la vulnerabilità delle lunghe e complesse filiere logistiche globali. L’esigenza di accorciare le distanze è particolarmente sentita in settori strategici come quello farmaceutico, dove la distribuzione richiede trasporti a temperatura controllata e presenta complessità tali da rendere la prossimità geografica un vantaggio competitivo.

“Questa riconfigurazione globale influenza direttamente i settori che implementano soluzioni robotiche. L’automotive, l’elettronica e l’industria manifatturiera in generale restano ambiti consolidati per l’applicazione dei robot, ma al contempo la glocalizzazione e altre dinamiche di mercato ne favoriscono la diffusione in nuovi contesti”, spiega Santamaria.

Proprio il settore farmaceutico, con le sue specificità logistiche e l’elevata criticità dei prodotti, si configura come un’area di forte espansione per la robotica. Anche l’industria alimentare è un altro comparto fortemente interessato alla robotica. Nella lavorazione della plastica e della gomma stanno emergendo nuove opportunità, spesso connesse a obiettivi di sostenibilità come la riduzione degli scarti – un aspetto rilevante per materiali costosi o specialistici, quali le plastiche per uso medicale.

Sono solo alcuni esempi di settori, spesso caratterizzati da un minor grado di automazione rispetto all’automotive, che rappresentano terreno fertile per le applicazioni della robotica.

L’evoluzione tecnologica: robot più intelligenti e flessibili

Anche l’avanzamento tecnologico gioca un ruolo primario in questa espansione e nella ridefinizione delle funzioni del robot.

“Tradizionalmente i robot erano destinati a compiti rientranti nelle cosiddette 4 D: Dirty (sporchi), Dull (noiosi), Dear (costosi) e Dangerous (pericolosi), sostituendo gli operatori umani in mansioni considerate inadatte o rischiose. Oggi però l’integrazione di tecnologie avanzate come la visione artificiale, organi di presa più evoluti e software dotati di intelligenza ha tuttavia ampliato significativamente le capacità operative dei robot. E questo sviluppo permette loro di affrontare compiti più complessi e diversificati, incrementandone la flessibilità e l’adattabilità”, dice Santamaria.

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Un esempio concreto di questa maggiore versatilità è la crescente domanda di linee robotizzate capaci di gestire la “personalizzazione di massa” e la produzione in lotti estremamente ridotti, talvolta limitati al singolo pezzo (lotto 1).

Questa tendenza è in atto anche in settori maturi come l’Automotive, dove la diversificazione di motorizzazioni e allestimenti ha profondamente modificato i processi produttivi. Gli impianti moderni richiedono sistemi di automazione in grado di riconfigurarsi rapidamente per adattarsi a un mix di produzione sempre più eterogeneo. La robotica, potenziata dall’intelligenza artificiale e dalla gestione dei big data, diviene così uno strumento fondamentale per gestire la complessità, consentendo alle aziende di rispondere con agilità a un mercato che valorizza la varietà e l’individualizzazione del prodotto, anche in prossimità del consumatore finale.

Verso una democratizzazione della robotica

Questa evoluzione tecnologica, unita alla crescente richiesta di flessibilità, si sposa con un’altra tendenza di fondo: la “democratizzazione” della robotica.

In passato l’investimento in sistemi robotizzati richiedeva capitali ingenti e competenze tecniche specialistiche, limitandone l’adozione prevalentemente alle grandi imprese. Gli sviluppi della tecnologia, così come l’emergere di nuovi modelli di business e la presenza di incentivi fiscali stanno tuttavia abbassando le barriere all’ingresso, rendendo l’automazione accessibile anche alle piccole e medie imprese (PMI).

Un modello distintivo in questa direzione è il “Robot as a Service” (RaaS). Si tratta di un approccio che permette di noleggiare o utilizzare le capacità di un robot tramite abbonamento, trasformando un investimento di capitale (Capex) in un costo operativo (Opex).

“La robotica as-a-service consente a fornitori e utilizzatori di condividere i rischi, sia quelli finanziari legati all’investimento iniziale, sia quelli tecnici relativi alla gestione e manutenzione del sistema”, osserva Santamaria.

Questo modello, che presuppone una solida base di connettività e la possibilità di manutenzione da remoto, ha iniziato a diffondersi dagli Stati Uniti all’Europa, rappresentando uno strumento concreto per avvicinare la robotica a un numero più ampio di aziende.

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Ma l’idea che la robotica possa essere un fattore di ampia accessibilità non si esaurisce nel modello RaaS.

“L’IFR ha promosso la campagna di comunicazione Go for Robotics, che presenta la robotica come fattore di democratizzazione dell’industria e della società”, dice Santamaria.

E poi ci sono gli incentivi. “A livello di politiche pubbliche, in Italia il piano Industria 4.0 (poi Transizione 4.0) è un esempio di intervento statale capace di incidere positivamente sulla diffusione dell’innovazione. Piani analoghi, come il Next Generation EU e l’Inflation Reduction Act (IRA) statunitense, pur con specificità diverse, testimoniano una consapevolezza globale della necessità di sostenere la trasformazione tecnologica delle industrie”.

Sostenibilità e la trasformazione della qualità del lavoro

Oltre agli aspetti economici e tecnologici, la robotica interseca i temi della sostenibilità e dell’etica del lavoro. L’automazione può contribuire alla sostenibilità attraverso la riduzione degli scarti di produzione, grazie a un miglioramento della qualità, e la diminuzione dei consumi energetici, sia per l’alimentazione delle macchine sia per il funzionamento degli organi di presa. Le nuove tecnologie per le energie rinnovabili, come il fotovoltaico e la produzione di batterie, costituiscono esse stesse nuovi e importanti settori applicativi per la robotica.

L’aspetto forse più socialmente rilevante è la potenziale ricaduta sul mercato del lavoro. Lungi dall’essere considerata unicamente come strumento di sostituzione dell’operatore umano, la robotica, specialmente in contesti di carenza di manodopera, può agire da catalizzatore per la creazione di “lavoro nuovo, sano, sicuro e rispettoso delle professionalità”.

Questo implica lo sviluppo di mansioni che richiedono competenze più elevate e specializzate per la gestione, la manutenzione e l’interazione con i sistemi robotizzati, spesso associate a retribuzioni adeguate. L’Europa, in particolare, ha l’opportunità di posizionarsi come un’area in cui l’automazione non solo incrementa l’efficienza, ma eleva la qualità del lavoro disponibile, attraendo e trattenendo talenti in un quadro demografico complesso.

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