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Fiom-Cgil nazionale – Sindacato dei Metalmeccanici


Intervista a Michele De Palma sul Corriere di Bologna a firma di Alessandra Testa

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Michele De Palma è il segretario generale della Fiom da tre anni. Ieri era sotto le Due Torri per rivendicare l’urgenza di riprendere la trattativa per il rinnovo del contratto nazionale di categoria e per lanciare i cinque quesiti referendari sul lavoro e sulla cittadinanza per i quali si voterà l’8 e il 9 giugno. Prima di incontrare gli operai di Toyota Material Handling e Gd, ha svolto le assemblee in Bonfiglioli Riduttori, l’impresa guidata dalla presidente in pectore di Confindustria Emilia Sonia Bonfiglioli: «Agli industriali che non vogliono rinnovare il contratto e ai politici che invitano all’astensione sui referendum dico: così si minaccia la democrazia. Parlano di made in Italy e dimenticano che l’italianità si fonda sulla Costituzione», che all’articolo 1 recita: «L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro».

Nel 2024 i metalmeccanici bolognesi in cassa integrazione sono stati 12 mila su 70 mila. Dall’inizio del 2025 sono già 6.600. Che significato ha il rinnovo del contratto?

«L’importanza del contratto, che se firmato va a difendere il loro potere d’acquisto per i prossimi tre anni, è dimostrata dalle 32 ore di sciopero già consumate. Erano anni che non c’era un simile conflitto con le associazioni datoriali».

Il massiccio stato di agitazione non ha prodotto i frutti sperati. A Bologna, come non accadeva dal 2008, Fiom-Fim-Uilm hanno sfilato sotto la sede degli industriali ma nulla si è mosso…

«Non è così: sempre più imprenditori stanno bussando alla porta di Federmeccanica per sollecitare il ripristino delle trattative e per far presente che, in questo momento di transizione, crisi automotive e dazi, è controproducente alimentare un conflitto anche con il sindacato».

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Che fare allora?

«Proseguiremo le iniziative di lotta secondo le modalità che decideremo con Fim e Uilm. Gli imprenditori devono capire che è inaccettabile bloccare la trattativa. Siamo al paradosso che non ci stiamo scontrando sulla quantità salariale (la richiesta è di un aumento di 280 euro, ndr). Ma perché hanno definito deviata la nostra piattaforma, che era l’evoluzione dell’ultimo rinnovo con l’aggiunta, per esempio, di sperimentare una riduzione dell’orario di lavoro, o percorsi di stabilizzazione dei precari, come già presente nelle aziende bolognesi. Non hanno dato alcuna indicazione di aumento: i lavoratori dovrebbero aspettare giugno come col gratta e vinci per scoprire che salario avranno. Se l’inflazione è zero, è zero anche l’aumento. Infine, hanno presentato una contropiattaforma da prendere o lasciare e qui l’hanno persino affissa nelle fabbriche. Un attacco al sindacato e al mandato dei lavoratori che hanno presentato la piattaforma e su cui vogliamo contrattare». 

Una richiesta alla futura presidente di Confindustria Emilia, Sonia Bonfiglioli?

«Che ascolti i lavoratori. Sono loro che fanno “girare” le fabbriche ed è grazie ad essi se è possibile macinare utili. Il contratto è come un ombrello, serve con la pioggia e con il sole: è una garanzia di stabilità. Se si mina il rapporto con le persone, crollano i risultati in azienda».

Bologna è stata teatro di due gravissimi incidenti: Bargi e Toyota Material Handling. Il quorum dei referendum per un lavoro più tutelato, stabile e sicuro anche negli appalti sarà raggiunto?

«Deve. Sono in gioco qualità e dignità del lavoro. Non si può lavorare sotto ricatto».

La produzione cala da 25 mesi, non andrebbe ripristinato il blocco dei licenziamenti?

«Lo abbiamo chiesto a livello europeo. La transizione si fa insieme ai lavoratori, con la formazione».

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