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cassa integrazione +30% nel 2025 e meno produttività


L’Italia sta attraversando una fase critica per il suo settore industriale. Se da un lato l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione stanno cercando di guidare la transizione verso un’economia più sostenibile e competitiva, dall’altro le difficoltà strutturali e i cambiamenti globali stanno mettendo sotto pressione molti comparti produttivi. L’aumento della cassa integrazione e la stagnazione della produttività sono due segnali evidenti di una crisi industriale che si fa sempre più profonda.

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Secondo i dati diffusi dall’Inps il 2 maggio, nel primo trimestre del 2025 le ore di cassa integrazione autorizzate sono aumentate del 30,2% rispetto allo stesso periodo del 2024, con un impatto evidente sul mercato del lavoro e sulla competitività del sistema industriale italiano.

Come va il settore industria in Italia, i dati

A marzo 2025, come esposto del report Inps, le ore autorizzate di cassa integrazione sono state 61,7 milioni, segnando una diminuzione rispetto al mese precedente, ma comunque un incremento significativo rispetto a marzo 2024, quando erano solo 39,9 milioni di ore. Questo aumento, pari al 30,2% nel primo trimestre del 2025, è un segno tangibile della crescente difficoltà di numerosi settori industriali italiani, che si trovano a fare i conti con la necessità di ristrutturazioni organizzative e adattamenti ai nuovi paradigmi produttivi.

La cassa integrazione straordinaria (Cigs), invece, ha registrato un significativo aumento, passando da 13,6 milioni di ore autorizzate a marzo 2024 a 29,9 milioni di ore autorizzate a marzo 2025. Questo incremento, che include 16,2 milioni di ore per contratti di solidarietà, è una chiara indicazione della difficoltà di queste aziende di garantire la continuità operativa senza un adeguato sostegno pubblico.

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I settori più colpiti da questo fenomeno sono quelli con un grande impatto occupazionale, come il metalmeccanico, il tessile, l’abbigliamento, il cuoio e le calzature. E non è un caso che si tratti di comparti che, ad oggi, stanno affrontando processi di transizione legati a sfide tecnologiche, ambientali e di mercato che richiedono un costante adeguamento e riorganizzazione.

La crisi industriale si estende a occupazione e lavoro

La crisi che sta attraversando il settore industriale, per ovvi motivi, si è estesa anche al mondo del lavoro. Un altro indicatore di disagio che emerge analizzando il report di Inps, infatti, riguarda il mercato occupazione italiano. In particolare, per quanto riguarda la Naspi, sebbene la cifra totale dei beneficiari dell’indennità di disoccupazione sia rimasta relativamente stabile, con 1.303.982 persone che ne hanno beneficiato a novembre 2024 si è registrato comunque un aumento del 2,2% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente.

Questo aumento, pur non essendo drammatico, è comunque un segnale di un mercato del lavoro che stenta a recuperare i livelli pre-crisi, con un numero crescente di persone che, nonostante la ripresa, continuano a essere in cerca di lavoro.

Il fatto che il numero di beneficiari della Naspi non diminuisca in modo significativo non è una sorpresa, soprattutto considerando che molte delle imprese italiane sono ancora alle prese con difficoltà legate alla gestione della pandemia e ai suoi effetti collaterali. La crisi ha portato alla perdita di numerosi posti di lavoro, e l’incertezza legata al futuro economico continua a incidere sulla possibilità per molte persone di reinserirsi nel mercato del lavoro in modo stabile.

Anche la produttività cala

Un altro aspetto fondamentale da considerare, emerso dal monitoraggio, è l’andamento della produttività: l’Italia sta attraversando una fase di stagnazione economica e la crescita della produttività, che in passato è stata il motore della competitività del sistema industriale italiano, sembra essersi arenata.

Secondo gli esperti, uno dei principali motivi è l’incapacità delle aziende di investire in innovazione e modernizzazione. Mentre molti altri Paesi stanno spingendo sulla digitalizzazione e sull’adozione di nuove tecnologie, molte imprese italiane continuano a operare con modelli produttivi obsoleti, poco adattabili alle sfide del mercato globale. Questo gap tecnologico e la resistenza al cambiamento rendono difficile per l’Italia mantenere il passo con i Paesi più avanzati in termini di produttività e competitività.

Inoltre, i continui processi di ristrutturazione aziendale, legati anche alla transizione ecologica e alla globalizzazione dei mercati, stanno mettendo sotto pressione le risorse umane e organizzative. Il continuo ricorso alla cassa integrazione e il progressivo rallentamento dei processi produttivi sono un chiaro riflesso di un sistema che fatica a rimanere competitivo.

Per uscire da questa crisi, l’Italia ha bisogno di politiche industriali più incisive, che puntino su innovazione, digitalizzazione e formazione. La ristrutturazione industriale non può prescindere da un investimento nelle competenze, sia sul piano tecnologico che su quello gestionale. È fondamentale che le aziende italiane, anche quelle più tradizionali, riescano a fare il salto necessario per affrontare la sfida della transizione digitale e sostenibile.

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