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Legnago, la pianura in crisi. In un anno cento aziende in meno


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Nel 2024, le imprese sono scese da 2.507 a 2.411. Tra i comparti in sofferenza anche industria e ristoranti. Artigianato in ripresa






Via Roma a Legnago. La crisi c’è anche nel commercio (Diennefoto)




Via Roma a Legnago. La crisi c'è anche nel commercio (Diennefoto)



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Perse 96 aziende in un anno all’ombra del Torrione. È il dato emerso dalle elaborazioni della Camera di commercio di Verona, che certifica come la crisi economica abbia fatto sentire nel 2024 i propri effetti sulle imprese a Legnago. Il rendiconto rivela come le ditte registrate all’ente camerale siano scese in 12 mesi da 2.507 a 2.411, con una contrazione del 3,8 per cento, toccando quindi il minimo storico degli ultimi 25 anni, un risultato addirittura peggiore del 2015, quando si era toccato il punto «più basso» con 2.473 aziende presenti in città. Il picco più elevato di imprese, d’altro canto, era stato raggiunto nell’ormai lontano 2008 con 2.634 licenze.

 

L’andamento

La contrazione di aziende in città, del resto, rispecchia l’andamento di tutta la «Pianura dei Dogi», ossia il territorio che comprende la pianura scaligera e parte del Villafranchese, dove le aziende sono scese, nel corso del 2024, da 24.947 a 24.235. Per quel che concerne le unità produttive, commerciali ed economiche cittadine, il calo si è manifestato pure sulle imprese attive, cioè non solo registrate ma anche operative, diminuite da 2.184 a 2.164.

Quasi tutti i settori sono stati colpiti dalla riduzione delle licenze, anche se in maniera diversa. Le imprese agricole sono scese solo di tre unità, da 331 a 329, così come le ditte di costruzioni si sono ridotte da 323 a 322. Più consistente è stato il calo nell’industria, passata da 240 a 229 stabilimenti, mentre il commercio ha visto i negozi, sia all’ingrosso che al dettaglio, calare da 537 a 512. Nel settore alberghiero e della ristorazione, poi, le unità operative sono crollate da 161 a 149.

Soltanto il settore dei servizi rivolti a imprese e persone ha registrato una lievissima controtendenza, aumentando le proprie unità operative da 791 a 793.

Nel settore manifatturiero le imprese hanno sostanzialmente tenuto, con addirittura due ditte in più nella fabbricazione dei prodotti in metallo, esclusi macchinari e attrezzature, salite da 63 a 65.

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Riguardo la densità delle aziende sul territorio, l’incidenza delle attività economiche e produttive è scesa da 31,2 a 30,4 stabilimenti per chilometro quadrato.

 

Artigianato in ripresa

Tra le aziende artigiane c’è stato un segnale di ripresa, visto che sono salite da 530 a 540. Così come le ditte guidate da giovani sono lievitate da 209 a 212 e quelle appartenenti a extracomunitari balzate da 267 a 276. In calo invece tanto le imprese condotte da donne, scese da 551 a 536, quanto quelle appartenenti a stranieri comunitari, calate da 60 a 58.

Sul fronte turistico, italiani e stranieri che hanno visitato la città del Salieri sono scesi da 16.681 a 16.426. Di conseguenza si sono ridotte pure le notti trascorse dai turisti nelle strutture alberghiere e ricettive in generale di Legnago, passate da 34.760 a 31.990.

 

Il sindaco

Il primo cittadino Paolo Longhi commenta: «I dati della Camera di Commercio confermano una fase complessa per il nostro tessuto economico: il calo delle imprese registrate ci dice che il contesto resta sfidante, in particolare per il commercio e l’artigianato tradizionale. Ma non mancano segnali incoraggianti». «Registriamo», prosegue il sindaco, «una crescita delle società di capitale (salite da 828 a 866, ndr), che testimonia un’evoluzione verso modelli imprenditoriali più strutturati. Il settore delle costruzioni tiene, le imprese artigiane aumentano e si rafforza anche la presenza di giovani e stranieri che investono nel territorio».

Longhi conclude: «Legnago ha una vocazione imprenditoriale profonda, radicata nella sua storia. Il nostro compito è accompagnare questo cambiamento, sostenendo le attività esistenti e creando le condizioni per lo sviluppo di nuove iniziative, per questo abbiamo messo tra le priorità la rielaborazione del Piano di assetto del territorio (Pat), visto che quello licenziato a suo tempo dal centrosinistra ha fatto molto male allo sviluppo delle imprese».

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