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«L’attacco alle ong dell’ambiente? Serve a indebolire la democrazia»


«Porre fine al silenzio sui fondi alle ong», con questa dichiarazione, gli europarlamentari del Ppe non intendono chiudere il capitolo delle accuse agli ambientalisti. «È uno scandalo che denunciamo da molto tempo. La Commissione Ue non deve finanziare in segreto le ong per fare lobby nei confronti degli europarlamentari». Lo hanno affermato subito dopo il voto con cui il Parlamento Ue, lo scorso 7 maggio, ha confermato la legittimità dei fondi Life alle ong ambientaliste. Che non ci fossero finanziamenti occulti a una presunta “lobby green” è apparso chiaro sin da subito. Ma la pubblicazione dell’inchiesta del quotidiano olandese De Telegraaf, lo scorso 22 gennaio, ripresa in Italia dall’Ansa, ha contribuito a diffondere dubbi sulle organizzazioni della società civile in tutta Europa. E ha fornito argomenti ad alcuni politici, soprattutto del gruppo dei Conservatori e riformisti europei – Ecr, di cui fa parte Fratelli d’Italia, ma anche ad alcuni esponenti del Partito popolare – Ppe, per attaccare il budget del programma Life. Ecr ha anche chiesto l’istituzione di una commissione d’inchiesta sui fondi alle ong.

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Nel mirino è soprattutto l’European environmental bureau – Eeb, la più ampia rete europea di associazioni ambientaliste, con 187 membri in 41 Paesi, non solo Ue. «La stampa, nella gran parte degli Stati dell’Unione, ha sùbito rilanciato la teoria del complotto per cui le ong sarebbero pagate dalla Commissione per fare lobby attraverso i finanziamenti del programma Life», spiega il segretario generale di Eeb, il tedesco Patrick ten Brink. «Diversi giornalisti, poi, hanno analizzato i fatti e hanno sottolineato la legittimità dei contributi alle associazioni, perché danno voce ai cittadini e garantiscono un processo decisionale equilibrato a Bruxelles, contribuendo alla salute delle nostre democrazie. Alcuni organi di stampa hanno corretto le accuse che ci avevano fatto. Ma il danno di immagine non viene mai sanato del tutto con l’ammissione dell’errore. La macchia resta».

Patrick ten Brink, segretario generale di Eeb

Questione di trasparenza

Con il voto del 7 maggio, il Parlamento Ue ha chiesto trasparenza a tutti i portatori di interesse: «l’adesione ai valori europei e la tracciabilità dei fondi deve essere un prerequisito per l’accesso alle istituzioni e ai contributi economici» di Bruxelles. Gli europarlamentari del Ppe hanno sottolineato che le ong svolgono un ruolo vitale in tutte le democrazie, «ma devono essere soggette a supervisione sui finanziamenti. La trasparenza non è una punizione, è una questione di fiducia e un principio fondamentale». Per i liberali del gruppo Renew Europe e i socialdemocratici, la campagna contro le ong che sta portando avanti il Ppe dimostra lo spostamento verso l’estrema destra dei conservatori e non ha a che fare con la richiesta di rendicontare l’uso dei fondi.

«Le ong sono già trasparenti su ciò che fanno, perché lo fanno, sulla fonte di finanziamento e sul fatto che operano per i cittadini che rappresentano e non per la Commissione», puntualizza ten Brink. «Doverci difendere da attacchi infondati ha distolto energie dalla nostra mission, oltre a essere fonte di stress per gli operatori delle ong. Il lato positivo è che molti europarlamentari, politici, ministri di tanti Paesi membri e la stampa hanno riconosciuto che le accuse miravano in realtà a indebolire la società civile, il Green deal e, in generale, mettere a tacere le voci critiche e colpire la democrazia».

Dunque, secondo l’esponente di Eeb, per reazione, un numero crescente di persone si sta rendendo conto di quanto importante sia il ruolo dell’associazionismo in Europa, nel rendere le democrazie resilienti di fronte ad attacchi sia dall’interno, sia dall’esterno, in particolare dalla Russia.

La salute, oltre all’ambiente

Ora anche le associazioni che si occupano di salute, che spesso rappresentano gli interessi dei pazienti, sono state avvisate che non potranno più fare azioni di advocacy con fondi Ue. Lo rende noto Politico, dopo aver preso visione di due delle lettere ricevute in aprile da alcune realtà con base a Bruxelles. L’Agenzia esecutiva europea per la salute e il digitale – Hadea avrebbe messo in guardia le ong che non potranno accedere a finanziamenti europei per attività di lobbying o advocacy a causa del «rischio reputazionale» per l’Ue. Il testo è simile a quello delle missive recapitate agli ambientalisti a fine 2024. Le attività che non possono essere finanziate con fondi Ue sarebbero: l’invio di lettere, l’organizzazione di riunioni e l’invio di materiale di advocacy, che serve a portare determinati temi all’attenzione di istituzioni o funzionari dell’Unione.

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Life nel mirino

«Il programma Life è nato per attuare le direttive Ue Habitat e Uccelli e sviluppare quella che oggi è la rete di aree protette Natura 2000, una straordinaria infrastruttura verde che attraversa l’Europa», dice Gianluca Catullo, responsabile specie e habitat del Wwf Italia. «Siamo rimasti molto sorpresi dagli attacchi a questo programma, perché oltre alle associazioni ne beneficiano tanti altri attori: Regioni, enti Parco, Comuni. È il principale strumento che abbiamo per la tutela della biodiversità, specialmente nei Paesi del Sud Europa come l’Italia, la Grecia, la Spagna, dove questi fondi hanno fatto davvero la differenza». Attaccare il Life, quindi, significa danneggiare soggetti pubblici e privati nel loro lavoro in ambito ambientale. La scusa non possono essere i fondi, vista la fetta irrisoria che viene destinata. Il budget Ue 2024 era di 189,3 miliardi di euro. Alla Politica agricola comune – Pac erano destinati 53,8 miliardi di euro e 4,2 ad ambiente e clima, di cui solo 745 milioni per il programma Life.

Oltre alla conservazione della natura, questa linea di finanziamento sostiene progetti di economia circolare, mitigazione e adattamento al cambiamento climatico, transizione energetica. «Al momento, come Wwf Italia, non siamo stati toccati dalle accuse di lobbying, ma siamo preoccupati per il futuro del programma Life e per l’indebolimento di alcune politiche del Green deal», aggiunge Catullo.

Per Patrick ten Brink i fondi all’ambiente vanno mantenuti anche nell’ottica della dimensione internazionale: «Non dobbiamo perdere opportunità di diplomazia globale e cooperazione allo sviluppo in materia di clima, protezione della natura e lotta all’inquinamento, essenziali in questi tempi di caos, dovuto ai cambiamenti portati da Donald Trump. L’Europa deve svolgere un ruolo costruttivo a livello mondiale».

La foto in apertura, il Parlamento Ue a Strasburgo, è di Lukas S su Unsplash





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