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l’Italia tra sfide IA, supercalcolo e il ritorno dei cervelli


L’innovazione in Italia ha bisogno di visione, investimenti e, soprattutto, di coraggio. È questo il filo conduttore che emerge dagli Stati Generali dell’Innovazione 2025, in corso a Parma su iniziativa de Il Sole 24 Ore in collaborazione con l’Unione Parmense degli Industriali. Una giornata di confronto che mette al centro la sfida dell’intelligenza artificiale, ma anche il ruolo dell’Europa, il supercalcolo, il capitale umano e l’urgenza di rendere il digitale davvero inclusivo.

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Tra gli interventi di apertura della giornata di lavori, quello di Michele de Pascale, presidente della Regione Emilia-Romagna, che ha rivendicato con forza il ruolo strategico del Tecnopolo di Bologna e del supercomputer Leonardo: “Siamo uno degli anelli centrali dell’unica catena pubblica al mondo per l’IA. È l’unico progetto europeo non privato, con vincoli etici e di indipendenza. Per l’Europa competere in questo settore è una sfida più importante di tutte le altre di cui si sta parlando”.

De Pascale ha anche lanciato un appello a sostenere il sistema delle imprese: “Senza supporto, l’Italia non potrà restare sulla frontiera dell’intelligenza artificiale. Serve una strategia nazionale, strumenti concreti per difendere ciò che ci rende unici: la nostra capacità manifatturiera, il talento, la fantasia. Dobbiamo creare le condizioni perché l’eccezionalità italiana esista anche nel mondo dell’IA”.

Ma innovazione, ha ricordato il presidente emiliano-romagnolo, significa anche affrontare le disuguaglianze: “Il divario di genere nelle professioni digitali è drammatico. Le donne restano troppo spesso escluse dai percorsi di formazione e carriera nell’innovazione. È un problema strutturale che dobbiamo aggredire adesso, se vogliamo che la trasformazione tecnologica non peggiori le fratture già esistenti nel mercato del lavoro”.

La spinta del supercalcolo
La partita si gioca anche sul terreno del supercalcolo. Il progetto Leonardo, uno dei più potenti supercomputer d’Europa, rappresenta oggi un asset centrale per il futuro tecnologico dell’Italia. “La sua capacità di elaborazione – ha sottolineato De Pascale – è già oggi al servizio della manifattura, della sanità, della gestione delle reti e dei servizi pubblici. Ma bisogna fare di più per trasformarlo in un volano di crescita diffusa”.

Il ritorno dei cervelli: un’occasione da non sprecare
Un altro fronte inaspettato arriva dagli effetti collaterali della geopolitica. Marcello Cattani, presidente di Farmindustria, ha colto l’occasione per segnalare un cambiamento di scenario nella mobilità dei ricercatori: “Le tensioni sui dazi e le nuove politiche americane hanno creato un clima favorevole al ritorno dei talenti. Abbiamo appena chiuso una tornata di bandi per ricercatori di alto profilo e abbiamo avuto un afflusso massiccio dagli Stati Uniti, anche da università prestigiose”.

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Per Cattani, si tratta di un segnale importante: “Dobbiamo riportarli a casa. L’Italia ha un ambiente di ricerca industriale di alta qualità, e questa può essere l’occasione per attrarre cervelli e competenze in grado di alimentare la nostra innovazione. Non solo nei laboratori, ma anche nell’industria e nei territori”.

Orsini: “L’IA è una nuova rivoluzione industriale”
A sottolineare la portata trasformativa dell’intelligenza artificiale è anche il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, che ha parlato apertamente di un “gap gigantesco” tra Europa e le superpotenze globali. “La Cina ha investito oltre 100 miliardi in dieci anni, gli Stati Uniti 330. Noi come Europa solo 30 miliardi. Così non possiamo reggere la competizione. È necessaria una nuova rivoluzione industriale, fondata sull’IA”, ha detto.

Orsini ha anche sottolineato che questa rivoluzione può contribuire alla sicurezza sul lavoro: “Può aiutarci anche a prevenire gli incidenti, che per noi sono un tema fondamentale”. Ma, ha aggiunto, l’approccio non può essere solo difensivo: “Non possiamo guardare l’innovazione con diffidenza. L’IA non va blindata come se fosse un pericolo. Va governata, certo, ma anche abbracciata con apertura. Stando ovviamente attenti alla privacy e ai contenuti strategici per le nostre imprese”.

Una tregua nei dazi, ma serve dialogo anche con l’Europa
Il presidente di Confindustria, parlando a margine del convegno, delle recenti aperture nei negoziati tra Usa e Cina, ha auspicato un trattamento analogo anche nei rapporti con l’Europa: “Se c’è un negoziato verso la Cina, auspico che ce ne sia uno anche verso l’Europa. Noi non vogliamo chiudere i mercati: le nostre imprese esportano e competono. Ma servono regole chiare e reciproche, anche sui temi della responsabilità sociale e sulla qualità dei prodotti. È un principio di equità, non di protezionismo”.







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