Roma, 16 maggio 2026 – L’Unione europea e il Regno Unito dovrebbero firmare lunedì a Londra un accordo di difesa e sicurezza. Non raggiungere questa intesa significherebbe, ancora una volta, perdere un’occasione cruciale in un contesto geopolitico globale in profondo mutamento.
Il primo ministro britannico Keir Starmer punta a ‘resettare’ i rapporti con Bruxelles, e già durante la campagna elettorale dello scorso anno aveva indicato la firma di un patto di difesa come una priorità nel percorso di ricostruzione delle relazioni post-Brexit.
L’Ue ha già una lunga lista di accordi simili con Paesi terzi – tra cui Giappone, Corea del Sud e Moldova – che, senza eccezione, sono di portata limitata: formalizzano l’intenzione di condurre esercitazioni congiunte, facilitano il dialogo su cybersicurezza e prevedono promesse generiche facilmente onorabili. Non garantiscono certo l’accesso automatico al maxi fondo europeo per la difesa, che invece è il vero obiettivo dichiarato del Regno Unito.
L’accordo con Londra – se firmato – sarà solo un primo passo verso la possibilità, per le aziende britanniche, di partecipare agli appalti congiunti per la produzione di armamenti guidati dall’Ue, sempre a condizione che il Regno Unito sia disposto a contribuire economicamente.
Ma questo accordo rappresenta qualcosa di più: il riconoscimento, da parte di Londra, che l’Ue è ormai un attore chiave nella costruzione della difesa europea, specie mentre si riduce il ruolo degli Stati Uniti come garanti primari della sicurezza del continente.
Cinque anni dopo la Brexit
In molti aspetti, il patto atteso per lunedì ricalca le linee generali di un’intesa proposta dall’Ue già nel 2019, nel pieno delle trattative turbolente sulla Brexit.
All’epoca, a Londra prevaleva la logica della divergenza per principio. “C’era chi diceva che la Brexit fosse un’opportunità per adottare una politica estera indipendente in Europa, invece di essere sempre allineati con Francia e Germania. Ma oggi non lo dice più nessuno”, ha spiegato Ian Bond, vicedirettore del Center for European Reform.
Quel patto non venne mai concluso. Il Regno Unito scelse invece di partecipare alle missioni Ue solo su base occasionale, e i produttori di armi britannici furono esclusi dalle politiche industriali della difesa dell’Ue, allora ancora concentrate sull’innovazione.
Per anni, la mancanza di impegno politico ha reso i rapporti tra Bruxelles e Londra in ambito sicurezza superficiali, soprattutto rispetto alle intese dell’UE con altri Paesi terzi.
Ma con il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, l’urgenza di aumentare la spesa militare ha riacceso la volontà politica su entrambi i lati della Manica.
Londra vuole partecipare al nuovo programma Ue per la difesa
Ora la Commissione europea vuole investire centinaia di miliardi nella produzione di armi in Europa – e il Regno Unito vuole far parte del progetto.
Così come già avviene con la Norvegia, l’Ue potrebbe permettere alle imprese britanniche di accedere al programma europeo da 150 miliardi di euro in prestiti per l’acquisto di armi (Security Action for Europe, SAFE) in cambio di un contributo finanziario. Ma servirà un ulteriore accordo dopo quello di lunedì.
Il settore britannico della difesa e dell’aerospazio è troppo rilevante per essere ignorato, ha spiegato Bond.
Nel Regno Unito hanno sede Rolls Royce (motori aeronautici), BAE Systems (difesa), ma anche filiali di grandi gruppi europei come MBDA, Leonardo, Airbus e Thales. Per rispettare gli obiettivi ambiziosi di riarmo, i governi Ue potrebbero avere bisogno di tutti loro.
“La Nato fa relativamente poco sul piano industriale. Se la Commissione europea decide di incentivare la cooperazione nel settore della difesa, per il Regno Unito ha senso cercare di restare agganciato il più possibile”, ha aggiunto Bond.
Allo stesso tempo, ha senso per l’UE appoggiarsi alla potenza militare del suo vicino più prossimo e dell’ex Stato membro.
Il Regno Unito è stato tra i primi ad addestrare soldati ucraini dopo l’invasione russa, e oggi Starmer è in prima linea – insieme al presidente francese Emmanuel Macron – nella definizione di una presenza militare occidentale in Ucraina una volta raggiunto un cessate il fuoco. Londra ha anche assunto recentemente la presidenza del forum di Ramstein, che coordina il supporto militare a Kyiv, insieme alla Germania.
Il patto getterà le basi per una cooperazione più strutturata: è atteso, per esempio, un riferimento all’interesse britannico a partecipare regolarmente alle missioni e operazioni dell’Ue.
Ma non tutto si risolverà con la firma: il Regno Unito ha chiesto tre anni fa di aderire al programma Ue per la mobilità militare, ma attende ancora una risposta.
Inoltre, nonostante l’ampio sostegno al patto, la posizione dell’Ue nei negoziati con Londra è determinata dai 27 Stati membri – e ognuno di essi può mettere un veto. La Spagna, ad esempio, ha già fatto sapere che ogni collaborazione più stretta con il Regno Unito è subordinata a un’intesa sul futuro di Gibilterra, ancora in discussione tra Madrid, Londra, Bruxelles e le autorità locali.
Lunedì, tuttavia, queste questioni passeranno in secondo piano. Prevarrà la sorpresa positiva per un accordo che, solo cinque anni fa, sembrava impensabile.
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