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Per gli esperti di J.P. Morgan AM, il rally del Vecchio Continente non dipende solo dalla fine dell’eccezionalismo USA. Dal quadro macro agli stimoli fiscali, ecco cosa spinge la fiducia dei mercati e quanto durerà
L’interesse degli investitori per l’azionario europeo è tutt’altro che passeggero e va ben oltre la fine dell’eccezionalismo USA. Quello che arriva dal media summit di J.P. Morgan AM a Londra è un messaggio chiaro. E a lanciarlo, oltre al ceo EMEA Patrick Thomson nel discorso di apertura tenuto lunedì 19 maggio, sono stati l’indomani anche i portfolio manager della casa di gestione che operano quotidianamente sull’asset class: Jonathan Ingram e Alexander Whyte, CFA. Dalle politiche fiscali condivise alla spesa per la difesa, ecco i fattori che dovrebbero portare il Vecchio Continente “fuori dall’ombra di Wall Street”.
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Nuovo vecchio continente
I dati Morningstar snocciolati durante l’intervento dei due esperti sono indicativi del ritorno dell’attenzione sull’Europa. Nei primi mesi del 2025, il Vecchio Continente ha infatti registrato afflussi per 20,5 miliardi di euro nella categoria Large Cap Blend. “Livelli simili non si vedevano da tempo”, ha detto Ingram, che ha spiegato come la domanda di equity europea stia accelerando proprio mentre si moltiplicano i segnali di un’inversione di tendenza nelle dinamiche economiche e politiche.
BCE ancora reattiva sui tassi
Ma a supportare una traiettoria rialzista per il capitale di rischio sulla sponda orientale dell’Atlantico è anche la politica monetaria. La Banca Centrale Europea, hanno infatti osservato i due portfolio manager, ha ancora spazio per proseguire nei tagli dei tassi di interesse perchè le pressioni inflazionistiche continuano a ridursi. Senza contare che, in parallelo, il progressivo aumento della quota di spesa pubblica destinata alla difesa si sta imponendo come trend strutturale. L’Europa, avvicinandosi agli obiettivi NATO di budget destinato al riarmo, sta incentivando il reparto manifatturiero del continente.
Ma a supportare una traiettoria rialzista per il capitale di rischio sulla sponda orientale dell’Atlantico è anche la politica monetaria. La Banca Centrale Europea, hanno infatti osservato i due portfolio manager, ha ancora spazio per proseguire nei tagli dei tassi in un contesto in cui le pressioni inflazionistiche continuano a ridursi. In parallelo, il ritorno alla spesa pubblica destinata alla difesa è diventato un trend strutturale. L’Europa, avvicinandosi agli obiettivi NATO di spesa nel settore del riarmo, contestualmente sta incentivando il reparto manifatturiero del continente.
Un cambio di rotta (ma non sulla sostenibilità)
“In un contesto di forte cambiamento e instabilità globale come quello attuale”, ha proseguito Thomson, “è fondamentale adottare un approccio di gestione attiva”. Dal suo punto di vista, l’esperienza ci insegna che i modelli del passato non garantiscono sempre gli stessi risultati per il futuro e questo stile ci permette di cogliere i vantaggi anche di uno scenario simile. Vantaggi che, chiarisce, “sono tanto più individuabili se l’investitore accoglie un’ottica di lungo termine”. A ciò si accoda poi l’impegno ESG. Anche se il settore degli investimenti sostenibili ha subito il contraccolpo negli ultimi mesi a causa delle promesse elettorali di Donald Trump, per la società resta infatti un asset centrale. E lo stesso vale nel caso dell’Europa, sostiene Thomson, sia pur con visioni differenti. In altre parole, la sensibilità alla tematica oggi cambia in base al Paese: “Ciò che il Net Zero significa per la Francia è diverso da ciò che può significare per la Germania, ad esempio”. Questo vuol dire che l’impegno verso la finanza etica resta una costante per gli investitori globali.
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Largo a buyback e dividendi
Si aggiunge allo scenario il fronte energetico, con i prezzi del gas normalizzati rispetto al 2022. “Consumatori e imprese possono tirare un sospiro di sollievo”, ha chiosato Whyte. L’esperto ha sottolineato quanto la sensibilità degli investitori stia oggi premiando la qualità e come i mercati stiano tornando a “guardare con favore” i fondamentali delle aziende UE anche grazie a una maggiore generosità nella distribuzione di dividendi e riacquisti di azioni. “Un cambiamento di rotta rispetto alla storica timidezza degli executive europei nel valorizzare il capitale azionario”, è stato il suo commento.
Il ruolo della tecnologia
Un altro tema è quello del ritorno in auge del settore bancario. Gli istituti di credito europei hanno superato i colossi tecnologici americani appartenenti dal club delle “Magnificent 7” in termini di performance cumulata dal 2020. “Non solo: oggi sono più redditizie e scambiano con multipli molto più contenuti”, ha evidenziato gli esperti di J.P. Morgan AM. E proprio con riguardo alla tecnologia, i due gestori hanno fatto che la mancanza di giganti come quelli della Silicon Valley rappresenta per i 27 un’opportunità anziché un rischio: “Le aziende high tech europee sono mediamente seguite da meno analisti, circostanza che aumenta il potenziale di alpha per gli investitori attivi”.
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