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L’export del Sud in affanno: servono strategie forti per tornare sui mercati globali


BARLETTA – Il commercio estero rallenta, l’export del Sud segna il passo e la ripresa si fa più lontana. Il 2025 si apre con numeri poco incoraggianti per le imprese del Mezzogiorno, costrette a fare i conti con un contesto globale instabile, segnato dal ritorno dei dazi e dall’onda lunga del conflitto russo-ucraino. Se nel passato recente l’export italiano aveva registrato performance straordinarie, oggi il rischio è quello di perdere competitività proprio nei mercati internazionali.

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Di tutto questo si è discusso a Barletta nel corso dell’incontro “Hey Sud”, organizzato da Fabio Mazzocca (Sales Responsible South Area Consulting) e promosso da EY, all’interno della sede Ernst & Young. Presenti rappresentanti istituzionali e imprenditori, uniti dall’urgenza di trovare strumenti concreti per riaccendere il motore dell’internazionalizzazione.

Per Francesco Ventola, vicepresidente della Commissione Sviluppo del Parlamento europeo, le tensioni internazionali hanno stravolto le catene di approvvigionamento, soprattutto per l’energia e le materie prime. «La guerra tra Russia e Ucraina ha accelerato cambiamenti già in atto, ma oggi la sicurezza non può essere solo militare. Agroalimentare, farmaceutica, energia e nuove tecnologie come i droni devono diventare parte integrante della nostra strategia di difesa economica», ha sottolineato.

Il Ministero del Made in Italy gioca un ruolo chiave per sostenere le imprese in questo scenario difficile. A ricordarlo è stato Amerigo Splendori, direttore generale DGST-MIMIT, che ha annunciato l’apertura del bando per i voucher all’internazionalizzazione lo scorso 15 maggio. «Lo strumento è pensato per aiutare le aziende a inserire figure manageriali esperte, capaci di studiare i mercati e aprire nuove rotte commerciali. Il Ministero è pienamente impegnato a sostenere questo percorso».

A offrire un’opportunità concreta per superare gli ostacoli doganali sono le zone franche. Lo ha spiegato Manlio Guadagnuolo, già commissario straordinario per la ZES Interregionale Adriatica. «Nelle zone franche le merci entrano senza IVA e dazi, consentendo alle aziende di ridurre i costi e aumentare la competitività. Ma il sistema è ancora poco conosciuto e sottoutilizzato».

A frenare le imprese, però, è anche una burocrazia lenta e poco efficiente, come ha denunciato Gabriele Lippolis, presidente di Confindustria Brindisi. «Snellire le procedure significherebbe liberare energie non solo economiche, ma anche sociali, abbattendo ostacoli strutturali come la disoccupazione giovanile e femminile. Serve un cambio culturale: le aziende devono imparare a pianificare fin dall’inizio il proprio sviluppo all’estero, affiancate da professionisti esperti».

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Il rilancio passa anche dalla capacità di attrarre nuovi clienti e affrontare il nodo del ricambio generazionale, secondo Beatrice Lucarella, coordinatrice regionale della Fondazione Marisa Bellisario. «Se vogliamo che l’Italia resti saldamente nel G7, dobbiamo affrontare con coraggio la questione generazionale nelle imprese. Le nuove leve devono essere messe in condizione di innovare e crescere».

Un esempio di successo arriva proprio da EY, che a Bari impiega 750 professionisti, quasi tutti giovani formati in Puglia. Uno su dieci lavora su progetti regionali, un terzo opera su scala nazionale, mentre il resto è coinvolto in attività internazionali. «Questi numeri dimostrano quanto il capitale umano del Sud sia competitivo e pronto per sfide globali», ha dichiarato Claudio Meucci, EY Consulting Market Leader. «Se riusciamo a comunicare il valore reale dei nostri prodotti, sarà possibile mantenerne alto il posizionamento, anche in tempi complessi come quelli attuali».

Il messaggio emerso dal confronto è chiaro: serve una strategia coraggiosa, integrata e proiettata oltre i confini, per riportare le imprese del Sud al centro dei mercati mondiali.





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