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Ricercatori italiani esclusi dai fondi UE Marie Curie Actions


  • Un cavillo burocratico potrebbe escludere i ricercatori italiani dai fondi europei destinati alle carriere scientifiche, con la perdita della possibilità di accesso agli 1,25 miliardi di euro UE per il 2025.
  • Per poter ricevere i fondi, sotto forma di borse di studio, i ricercatori sono obbligati a stipulare un contratto di lavoro, ma in Italia gli assegni di ricerca sono stati aboliti da gennaio 2025.
  • Per risolvere il problema si attende un intervento specifico normativo che vada a sciogliere l’inghippo.

Ancora una volta l’Italia resta indietro rispetto all’UE a causa di un cavillo burocratico: i ricercatori del belpaese infatti potrebbero rimanere esclusi dall’accesso ai fondi disposti dall’Europa per la scienza. La motivazione sta in una carenza contrattuale: per ricevere le borse di studio dell’iniziativa Marie Curie Actions è infatti oggi obbligatorio per i ricercatori scientifici stipulare un contratto.

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Contratto che in Italia non si può redigere secondo gli standard europei, in quando gli assegni di ricerca sono stati aboliti da gennaio 2025 perché considerati fonte di precarietà. Un paradosso che potrebbe comportare l’esclusione degli italiani dagli 1,25 miliardi di euro messi a disposizione dall’Europa per il 2025.

Marie Curie Actions: le borse di studio per la scienza

L’iniziativa al centro della questione è quella del programma Marie Skłodowska-Curie Actions (MSCA), principale progetto dedicato alla formazione dottorale e del post-dottorato in Europa. Il programma esiste dal 1996 e periodicamente mette a disposizione borse di studio per promuovere la ricerca, la formazione internazionale e la collaborazione interdisciplinare nella ricerca.

Un punto di riferimento che per il 2025 prevede lo stanziamento di fondi in tutta Europa per sostenere le carriere nella scienza. In particolare l’iniziativa “Choose Europe for Science1” punta a rendere più attrattive le carriere scientifiche e nella ricerca nel continente, proponendo un sostegno a enti e centri di ricerca che reclutano esperti post-dottorato, offrendo lavori stabili e a lungo termine.

Un’iniziativa che vuole contrastare la precarietà tipica del settore e la fuga dei cervelli che coinvolge da vicino anche l’Italia. Intorno alla partecipazione al programma infatti sono stati stabiliti dei requisiti minimi in termini di stipula di contratti di lavoro. Requisiti che l’Italia non riesce al momento a rispettare a causa di un cavillo burocratico.

Assegni di ricerca in Italia: l’abolizione dal 2025

A partire da gennaio 2025 sono stati aboliti in Italia gli assegni di ricerca, per cui al momento non esiste una forma contrattuale che permetta ad enti e ricercatori di accordarsi per un lavoro nel settore. La motivazione dell’abolizione di tale forma contrattuale sta nella precarietà dello stesso.

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Di fatto, aver abolito un contratto considerato precario ha avuto come conseguenza la totale esclusione dei ricercatori italiani da iniziative europee come quella di Marie Curie Actions. L’Italia al momento non ha un contratto da poter utilizzare in questi contesti, per cui paradossalmente i ricercatori ne saranno tagliati fuori.

La decisione già all’inizio del 2025 aveva destato non poche critiche nel mondo accademico e tra i ricercatori della scienza, togliendo la possibilità di attingere a fondi europei che altrimenti coprirebbero le spese al 100%.

La possibile soluzione sta in un intervento normativo tempestivo. In questo modo potrebbero essere introdotti nuovi strumenti contrattuali per permettere anche ai ricercatori italiani di partecipare ai progetti europei accedendo così ai fondi messi a disposizione per il 2025.

Tenendo in considerazione che in Italia la fuga dei cervelli è un problema da anni irrisolto e che il paese rischia di perdere fondi europei anche da altre iniziative (basta pensare all’accesso ai fondi del PNRR, per cui l’Italia ne ha spesi solamente la metà), una soluzione ai cavilli burocratici è auspicata e oggi più che mai necessaria.



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