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Trump punta sulla deregolamentazione bancaria


Se la “guerra dei dazi” ha provocato e potrebbe ancora provocare forti ricadute sul commercio e l’economia mondiali, non è ancora nulla rispetto a cosa potrebbe accadere nel prossimo futuro. In un recente articolo Les Echos scrive come «dopo la guerra tariffaria, l’amministrazione Trump punta sulla deregolamentazione bancaria». Nello specifico, la proposta è quella di ridurre i requisiti di capitale per le banche in modo da favorire l’accesso al credito e rilanciare l’economia.

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A cosa servono i requisiti di capitale per le banche

Cerchiamo di capire. Per una banca, statisticamente alcuni dei prestiti concessi non andranno a buon fine. Sono le cosiddette sofferenze bancarie. Pensiamo a un mutuatario che non rimborsa le rate, o a un imprenditore che fallisce dopo avere ottenuto un prestito. Ovviamente la banca non può coprire queste perdite con i soldi che i clienti depositano sui conti correnti. Per questo deve avere dei “soldi suoi”. Un capitale proprio, bloccato per tutta la durata del prestito, per fare fronte alle sofferenze senza mettere a rischio i risparmi della clientela o la propria solidità.

Per le banche, tenere bloccato questo capitale proprio rappresenta un costo rilevante. Anche per questo, le regole sui requisiti patrimoniali e di capitale sono fissati a livello internazionale dai cosiddetti Accordi di Basilea, promossi dalle banche centrali delle principali economie del Pianeta. In questo modo tutte le banche lavorano con vincoli analoghi, in una situazione di libero mercato.

Il cambio di rotta dell’amministrazione di Donald Trump sulla deregolamentazione bancaria

Gli Stati Uniti, pur partecipando al Comitato di Basilea, non hanno mai implementato fino in fondo l’Accordo. La precedente amministrazione Biden si era però impegnata ad andare in questa direzione. Una spinta decisiva era arrivata dopo il clamoroso fallimento della Silicon Valley Bank a inizio 2023, quando la Federal Reserve, la banca centrale statunitense, era dovuta intervenire pesantemente per scongiurare il peggio. 

Solo due anni dopo, la situazione è radicalmente cambiata. L’attuale amministrazione statunitense ha duramente criticato le scelte dei predecessori di cercare di rafforzare la solidità bancaria. Diminuire i requisiti patrimoniali per le banche sarebbe oggi una delle principali priorità. Il Financial Times ha scritto che già a giugno potrebbe arrivare una proposta che potrebbe rappresentare «una delle più grandi riduzioni di esigenze di capitale da più di un decennio».

Pro e contro della deregolamentazione bancaria voluta da Trump

I vantaggi ipotizzati sono diversi. Prima di tutto, se per ogni prestito una banca deve tenere bloccato meno capitale proprio, può aumentare i prestiti concessi, con vantaggi per la crescita economica. In maniera altrettanto importante, almeno una parte del capitale cosi liberato potrebbe andare all’acquisto di titoli di Stato degli Usa, il che permetterebbe di ridurre il costo dell’indebitamento per l’amministrazione Trump. Una cosa, come ricorda l’articolo di Les Echos, di cui «il governo ha terribilmente bisogno, nel momento in cui viene discusso un progetto per aumentare il deficit pubblico di 4.500 miliardi di dollari in 10 anni, e mentre gli investitori esteri mostrano un minore appetito per i titoli statunitensi». 

Ma se vengono ricordati i possibili vantaggi, i problemi sono ancora più evidenti. Meno capitale significa meno solidità e più rischio di crisi. L’esperienza recente – dalla bolla dei subprime alle vicissitudini più recenti – mostra come troppo spesso le banche assumano rischi eccessivi sapendo che, in caso di tempesta, interverrà il pubblico a salvare la situazione. Il che non è unicamente una questione di ingiustizia sociale. Ancora peggio, il comportamento razionale di un banchiere diventa assumersi il maggiore rischio possibile: se vinco mi tengo i profitti, se perdo vengono socializzate le perdite.

Smantellare la cooperazione nel nome della competitività a ogni costo

Ma le conseguenze si possono ripercuotere anche su scala globale. Come detto, il Comitato di Basilea è pensato per assicurare regole simili per tutti. Se le banche statunitensi potranno operare con minori requisiti di capitale, questo si tradurrà in una concorrenza sleale. La conseguenza potrebbe essere quella di innescare una “corsa verso il fondo” in cui anche altre giurisdizioni si muoveranno per concedere condizioni analoghe – o anche migliori – alle proprie banche. Da una parte si esaspera il rischio di una nuova crisi globale del settore bancario, dall’altra viene smantellata l’idea stessa di una cooperazione internazionale sulle regole, sostituita da una competizione sfrenata

È questo l’aspetto più preoccupante. Smantellare ogni forma di cooperazione nel nome di una competitività a ogni costo. Anche se il costo si misura in termini di diritti fondamentali, di tutela dell’ambiente o del clima o, come in questo caso, di stabilità finanziaria globale. Make America Great Again, ma sulla pelle del resto del mondo. E fino alla prossima crisi.



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