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Entro il 2040 l’Italia perderà 3 milioni di lavoratori, Sud a rischio spopolamento: i dati


Il fenomeno colpirà soprattutto  Basilicata, Sardegna e Calabria. Cresce anche l’età media dei lavoratori: il 40,6% ha più di 50 anni, contro il 35,1% europeo. Tra il 2024 e il 2028, fino all’88% della domanda di lavoro sarà legata alla sostituzione dei pensionati. Nonostante la riduzione dei Neet, restano 12,4 milioni gli inattivi, in gran parte giovani e donne. I consulenti del lavoro chiedono interventi su welfare, formazione e inclusione per affrontare la crisi

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L’Italia si avvia verso un significativo ridimensionamento della forza lavoro: secondo il rapporto “Rendere la sfida demografica sostenibile” della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, entro il 2040 il Paese registrerà una perdita di 3 milioni e 135 mila lavoratori. Un’emorragia di capitale umano che, già nel 2030, avrà fatto registrare un calo di 1 milione e 167 mila persone nella fascia d’età attiva (15-64 anni).

Lombardia ed Emilia-Romagna resistono, Basilicata e Sardegna le peggiori

Il fenomeno non colpirà in modo uniforme. Lombardia ed Emilia-Romagna sembrano destinate a resistere meglio, mentre il resto d’Italia, e in particolare il Sud, subirà contraccolpi importanti. La Basilicata guida la classifica dei cali regionali con un decremento dell’8,1%, seguita da Sardegna (7,8%), Calabria (6,6%), Puglia (6,4%), Campania e Sicilia (entrambe al 6%). Il quadro si aggrava osservando i dati provinciali: Nuoro, Potenza ed Enna mostrano una perdita del 9,7%, Caltanissetta del 9,6%, Oristano del 9,5%.



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Forza lavoro in costante invecchiamento

Il progressivo innalzamento dell’età pensionabile porta con sé un’altra tendenza: l’invecchiamento della forza lavoro. In Italia, gli over 50 rappresentano oggi il 40,6% dei lavoratori, ben al di sopra della media europea del 35,1%. E nel periodo 2024-2028, tra il 78% e l’88% della domanda di nuovi profili sarà legata alla sostituzione di chi andrà in pensione, pari a circa 3 milioni di persone, secondo il rapporto Excelsior di Unioncamere e ministero del Lavoro.




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Giovani inattivi e donne fuori dal mercato

Nonostante un miglioramento nel numero dei Neet — passati dal 23,6% nel 2019 al 17,3% nel 2024 — restano ancora molti i cittadini inattivi. Su un totale di 12,4 milioni tra i 15 e i 64 anni, circa 6 milioni hanno meno di 35 anni e 7,9 milioni sono donne. Una riserva di energie ancora lontana dal pieno utilizzo.

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La ricetta dei consulenti del lavoro

Per Rosario De Luca, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei Consulenti del lavoro, servono interventi su più fronti: dal rafforzamento del welfare alla promozione di politiche di genere e percorsi di inserimento lavorativo. Cruciali anche i programmi di transizione scuola-lavoro, pensati per facilitare l’accesso al mercato soprattutto alle giovani donne. Una strategia che punta non solo a rallentare l’inverno demografico, ma anche a valorizzare il capitale umano ancora inutilizzato.

Le imprese faticano a trovare lavoratori: mancano profili 

Ma c’è un altro problema che è emerso durante il Festival del Lavoro. Secondo quanto emerge sempre dal rapporto della Fondazione studi consulenti del lavoro ‘Rendere la sfida demografica sostenibile’, negli ultimi anni, complice lo strutturale disallineamento tra profili ricercati dalle imprese e quelli presenti sul mercato, le imprese hanno incontrato sempre più criticità nel reperire sul mercato i profili di cui hanno bisogno. Dal 2019 al 2024, la quota di profili considerati di difficile reperimento è quasi raddoppiata, passando dal 25,6% al 48,2% del totale delle assunzioni previste. In termini assoluti, secondo i consulenti del lavoro, le assunzioni considerate difficili, sono passate da 962 mila circa a 2 milioni 214 mila. La difficoltà registrata dalle imprese, oltre che riconducibile all’inadeguatezza dei candidati (12,8%) è imputabile principalmente al loro ridotto numero sul mercato: nel 2024 ha indicato tale motivazione il 31,7% delle imprese.



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