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Il Piano Mattei per “le Afriche”: sfide e progetti futuri


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Piano Mattei, risultati raggiunti e progetti per l’Africa Nella foto: Marco Elio Rottigni, Enzo Cursio, Elisabetta Illy, Maria Ilena Rocha, Alberto Magnani [
Alessandro Eccel – Archivio Ufficio Stampa PAT]

L’Africa è il continente più giovane del pianeta in termini anagrafici e demografici, con tassi di crescita incomparabili rispetto alle economie occidentali. Si stima che la popolazione africana, con un’età media inferiore ai 20 anni, raddoppierà entro il 2050 a circa 35 miliardi di persone. Un continente costituito da un mosaico complesso ed eterogeneo dal punto di vista geografico, storico, culturale ed economico, dunque non riconducibile ad una definizione univoca. Ecco perché è più corretto parlare di Afriche al plurale. Enrico Mattei, imprenditore e fondatore dell’Eni, comprese con grande lungimiranza l’importanza di valorizzare questo incommensurabile patrimonio, non solo per il bene dei paesi africani, ma anche per lo sviluppo industriale ed economico dell’Italia. Un impegno che ha dato vita al Piano Mattei per l’Africa, progetto strategico di diplomazia, cooperazione allo sviluppo e investimento dell’Italia, formalizzato nel 2023 con decreto convertito in legge nel 2024 formalizzato con la costituzione di una Cabina di Regia. Un piano che ha tuttavia radici profonde. “La cosa interessante del Piano Mattei è che si riparte da un percorso interrotto dalla guerra fredda, quando l’Europa comincia a parlare di mercato comune dopo la Seconda Guerra Mondiale, tanti leader africani lo facevano già negli anni 20”, ha spiegato Enzo Cursio, giornalista, attivista e coordinatore della FAO Nobel Alliance for Food. Cruciale in tal senso fu la conferenza panafricana di Manchester del 15 ottobre 1945, a cui parteciparono tutti i protagonisti della storia panafricana del dopoguerra. Un percorso interrotto poi dalla Guerra Fredda. “La politica della deterrenza ha portato per settant’anni la pace a noi, ma la guerra con più di venti milioni di morte nel continente africano, per l’accaparramento delle nostre risorse si è tenuta durante tutta la guerra in Africa”, ha sottolineato Cursio. In questo contesto si sviluppa lungimiranza di Enrico Mattei, che pensò di ricostruire l’industria energetica guardando alle nazioni con un maggior patrimonio. Il primo esperimento del piano Mattei non fu però in Iran, con gli accordi di Teheran, con la standardizzazione della “percentuale Mattei”. “Oggi siamo davanti a un bivio, perché è vero che stiamo proponendo qualcosa di innovativo, ma dobbiamo proteggerlo” – prosegue Cursio – perché in molti casi questo dibattito lo stiamo facendo per due motivi: limitare i flussi migratori verso l’Europa e limitare la concorrenza con Cina, Turchia e Russia, che stanno consolidando la loro presenza”, ha spiegato Cursio. Elisabetta Illy ha riflettuto sulla rappresentazione, spesso riduttiva, che viene fatta dell’Africa, un contesto caleidoscopico spesso caratterizzato da evidenti paradossi. ““L’Africa è un paese giovanissimo – ha detto Illy -viaggio in mondi dove non c’è l’acqua, ma un ragazzo africano ha sicuramente il telefono cellulare ma non c’è neanche l’elettricità, dove ci sono ospedali bellissimi senza medici e infermieri”. La fotografa ha poi sottolineato la necessità di utilizzare i fondi del piano Mattei per interventi più mirati e non frammentari, per dare una risposta a 360 gradi alle esigenze dei paesi africani. Sfidante anche il tema delle diaspore di cittadini africani verso l’Europa e il resto dell’Occidente, che si traducono anche nei flussi di capitale umano sul mercato del lavoro. Un potenziale che ANOLF ETS cerca da anni di valorizzare attraverso il riconoscimento di titoli. “Se vogliamo parlare di cooperazione con l’Africa non possiamo non fare una riflessione sull’ eredità lasciata dal colonialismo. C’è una tendenza a vedere l’Africa come un continente da salvare, problematico”, ha detto Maria Rocha, presidente nazionale di ANOLF ETS. “Le Afriche sono una grandissima opportunità non per qualcuno, ma per l’intero pianeta”, ha aggiunto Marco Elio Rottinghi, direttore generale di ABI. “Ci sono però anche rischi, determinati dal rischio politico e di instabilità politica, questo non permette investimento di medio lungo termine. Credo siano importanti le garanzie e senso di benessere. Solo così potremo ridurre fattore di rischio”, ha suggerito Rottinghi.

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