Il gruppo dà bonus per tremila euro a testa ai dipendenti e valuta acquisizioni negli Usa. «L’America è un must, si va per forza», dice il ceo Carlo Pontecorvo «Le aziende trasferiscano sui salari parte dei risultati»
Mentre rallenta il consumo del vino, aumenta quello delle acque minerali. Nel 2024 il mercato in Italia è salito a circa 3,5 miliardi di euro, contro i 2,8 del 2019: +25% in cinque anni (dati Mineracqua). Il mercato cresce perché, certo, sono aumentati i prezzi, a parziale compensazione dei maggiori costi delle materie prime. Ma anche perché «c’è maggiore conoscenza delle qualità dell’acqua: davvero, l’acqua è l’oro del futuro», dice Carlo Pontecorvo, presidente, amministratore delegato e socio di Ferrarelle con la famiglia. È in fase frizzante l’azienda che, con una quota di mercato retail dichiarata sopra l’8% dopo Nestlé Water (San Pellegrino), Fonti di Vinadio (Sant’Anna) e San Benedetto, ha fra i marchi Vitasnella, Fonte Essenziale, Electa e Boario, 428 dipendenti, impianti a Darfo Boario Terme e Riardo (Caserta).
«Pronti per il balzo all’estero»
Il gruppo ha approvato un bilancio 2024 con ricavi in aumento del 3% a 241 milioni, pari a oltre un miliardo di litri d’acqua venduti (1.046 milioni), e un margine operativo lordo di 24,1 milioni (25,9 milioni nel 2023); diversifica con nuovi prodotti (anche in lattina); si dice «pronta per il balzo all’estero», Stati Uniti in testa, dopo i 60 milioni investiti negli ultimi quattro anni sugli stabilimenti italiani. Il piano industriale 2025-2027 prevede di salire con l’export dall’attuale 2% a oltre il 5% dei ricavi, che sono stimati toccare fra due anni i 275 milioni. Intanto si prepara il passaggio alla seconda generazione.
Il capitale e il passaggio generazionale
Carlo Pontecorvo e la moglie Linda Ricciardi (famiglia d’imprenditori, erano azionisti dell’Avir, storica azienda di contenitori in vetro) hanno in previsione di trasferire le loro quote di Lgr Holding, che controlla Ferrarelle Società Benefit al 100%, ai tre figli Michele, Adriana e Carlotta, attraverso un patto di famiglia. «Abbiamo una discendenza imprenditoriale forte, è fisiologico che la gestione vada in successione e deve accadere in modo ordinato — dice Pontecorvo —. Crediamo molto nella creazione di valore attorno all’impresa. Tutti e tre i nostri figli hanno interesse a che la famiglia si esprima attraverso l’impresa. Un’azienda ben guidata, che produce risultati, dà un contributo all’economia del Paese. Abbiamo la responsabilità di fare bene anche per questo». Oggi la holding fa capo per il 52% a Pontecorvo e Ricciardi e per il resto ai tre figli con il 16% ciascuno. «Ognuno di loro avrà il 33% — dice Pontecorvo —. C’è un patto di famiglia in lavorazione. Michele, con Adriana e Carlotta, è nel board di Lgr e in Fondazione Ferrarelle».
Gli investimenti: 60 milioni in quattro anni
Il passaggio avviene in un momento favorevole non soltanto per i ricavi, ma anche per la disponibilità di cassa e gli investimenti. La posizione finanziaria netta, da bilancio 2024, è positiva per circa 20 milioni e gli investimenti in conto capitale sono stati l’anno scorso di 17,6 milioni. Aggiunti ai 30 milioni del 2022-2023 e a quelli a budget per quest’anno fanno appunto 60 milioni in quattro anni, sugli stabilimenti ma anche su edifici come la palazzina degli uffici a Boario e il polo di Amedei a Pontedera (Pisa). «Prevediamo di investire 20 milioni quest’anno — dice l’imprenditore —. L’innovazione di impianti e di prodotto aumenta l’efficienza, permette di contenere i costi e di offrire i prodotti innovativi che il consumatore chiede». Gli investimenti con risorse proprie si affiancano, per Riardo, ai finanziamenti Invitalia: «La posizione finanziaria netta positiva deriva anche da un uso efficace degli strumenti finanziari agevolati».
Il premio di risultato
Fra i motori di crescita ci sono anche da un lato l’introduzione di manager esterni nella prima linea, dall’altro i bonus ai dipendenti. «Tutti ricevono un premio di risultato di circa tremila euro all’anno, convertibile in welfare — dice Pontecorvo —. Le aziende devono generare più efficienza, più produttività e trasferire parte dei risultati sui salari. È il modo più rapido per aumentare il potere d’acquisto. Le aziende familiari cominciano a muoversi, in attesa di altri interventi». Dietro l’espansione c’è naturalmente anche la ricerca, sia a protezione della riserva acquifera («Il nostro bacino di Riardo è una risorsa del made in Italy») sia per lo sviluppo di laboratori come quello inaugurato a Riardo nel novembre scorso. Nato con la startup Sanidrink di cui Ferrarelle ha il 60% (il resto è della Materias presieduta da Luigi Nicolais, ex presidente del Cnr), produrrà materiali antimicrobici per il packaging alimentare (una sorta di pellicola che allunga la durata del cibo confezionato), i dispositivi medici, i prodotti per l’infanzia.
Ex medico chirurgo e armatore, Pontecorvo rilevò Ferrarelle da Danone nel 2005. Oggi sono 20 anni che è mister Ferrarelle. «Gli ultimi anni non sono stati facili, con l’impennata dei costi delle materie prime a partire dall’energia — dice —. Un po’ abbiamo aumentato i prezzi, ma se siamo riusciti a crescere è perché abbiamo sostenuto l’aumento dei costi con risorse nostre. Abbiamo sempre versato e investito moltissimo negli impianti industriali: almeno cento milioni da quando ci sono io. Avevamo una linea a vetro, ora sono due, con uno stabilimento del tutto rinnovato a Boario. E stiamo ampliando la linea a Riardo per il confezionamento in lattina, ha una capacità di 18 mila lattine all’anno e andrà in produzione con il nuovo assetto entro dicembre». In lattina Ferrarelle produrrà l’acqua minerale e bevande come limonate e aranciate. Più la nuova acqua Electa, da una sorgente naturale con qualità organolettiche. La svolta dell’alluminio avviene dopo la cessione dello stabilimento di riciclo del Pet alla francese Aloxe, a fine 2022, dal quale comunque Ferrarelle continua a rifornirsi con le «preforme», le provette che soffiate diventano bottiglie: «Manterremo almeno al 30% la quota di materiale riciclato». Ma è accelerando con le lattine che il gruppo conta di servire gli Stati Uniti, dove la confezione piace perché pratica.
Stati Uniti e dazi
I principali mercati sono Francia e Germania, poi Israele, gli Emirati, l’Australia, l’Uk e altri, ora l’espansione negli Usa avverrà anche per acquisizioni e malgrado l’incognita dei dazi. «Sull’America abbiamo un piano d’investimenti significativo — dice l’imprenditore —. I dazi sono una minaccia, ma gli Stati Uniti sono un must, una necessità: bisogna andarci e basta. Generiamo cash flow, possiamo affrontare costi sopra le attese». Il contratto di distribuzione internazionale con Danone si è risolto: «Ripartiamo con una nostra rete». Anche per questo c’è allo studio l’acquisizione di un’azienda locale. «Cerchiamo un’opportunità negli Usa. Avevamo già tentato di rilevare uno stabilimento nella Mountain Valley, in Arkansas. Riproviamo», dice il ceo del gruppo che ha partecipazioni esterne nel fondo Hat, nella casa editrice La nave di Teseo e nel fondo White Bridge. Il piano si può estendere ad altri alimentari, dopo l’acquisizione di Amedei (cioccolato) nel 2017.
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