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Politica commerciale e industriale degli Stati Uniti: che cosa rischia l’Europa?


L’amministrazione Trump ha implementato una guerra commerciale che non è tanto “America-contro-tutti”, ma più specificamente “America-contro-Europa”.
La politica industriale americana attuale si basa sul controverso “Big Beautiful Bill” (BBB), un piano di reindustrializzazione che rappresenta una sfida esistenziale per l’Europa, che ha strumenti di molto inferiori e meno accessibili burocraticamente. Con elezioni di medio termine previste tra meno di due anni, Trump deve mostrare risultati concreti, rendendo così improbabile una de-escalation delle tensioni commerciali. L’Europa rischia di perdere competitività sia per i dazi punitivi che per la disparità negli incentivi industriali, dovendo urgentemente riconsiderare i propri strumenti di politica economica per non rimanere esclusa dalla nuova geografia commerciale globale.

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Il ritorno della guerra commerciale verso l’Europa di venerdì 23 maggio è stato sottovalutato dai mercati, che sono crollati, per poi riprendersi, dopo l’annuncio di dazi al 50% verso la UE. Le esportazioni UE in Usa superano (531 miliardi di dollari) quelle della Cina (493) con la quale, dopo il congelamento dei traffici e l’embargo reciproco, i rapporti si sono per ora normalizzati. Le esportazioni Ue in Usa sono concentrate in prodotti farmaceutici (di multinazionali americane), autoveicoli e beni strumentali per la produzione, più beni di lusso. Riavvolgendo il nastro, la UE aveva ricevuto il 2 aprile la strana tariffa reciproca del 34%, sospesa per 90 giorni e ridotta al 10% dopo il crollo delle Borse e soprattutto del dollaro. Il ritorno al 50%, perfino prima di ricevere il documento di base dei negoziatori europei, ha destato preoccupazioni. l’amministrazione avrebbe potuto infatti esonerare i prodotti che servono alla propria economia, come i farmaci e i componenti per l’industria automobilistica, mantenendo però la tassazione pesante sugli altri beni.  L’ultimo colpo di scena odierno segnala che Trump prorogherà fino al 9 luglio il termine per l’Unione Europea prima che vengano applicati dazi del 50%.

I prodotti europei non sono come quelli cinesi. I supermercati americani sono pieni di merci cinesi, non di merci europee. Un dazio al 50% sui beni strumentali si rivelerebbe dannoso per gli europei? Dipende dalle condizioni di contesto. Non bisogna temere i concorrenti americani. Gli Usa stanno concludendo accordi bilaterali con altri paesi a dazi compresi tra il 10% (UK) e il 30% (Cina). Così, gli europei affronterebbero una tariffa maggiore di quella degli analoghi produttori sud coreani e giapponesi. Certo, c’è sempre la possibilità che dopo aver alzato il livello della sfida, la Casa Bianca ritiri le minacce. Tuttavia, nel caso della Cina non c’erano opzioni di riserva per rifornire i grandi magazzini, mentre se quello europeo fosse il “dazio massimo”, l’effetto di “trade diversion” sarebbe assicurato. In altri termini, non è detto che GM venderebbe più Cadillac per compensare le Mercedes non importate dall’Europa, ma è probabile che i consumatori americani guiderebbero più Lexus, marchio sempre estero e di prestigio.

Si apre quindi per i negoziatori europei un momento estremamente delicato. La fase della guerra commerciale è cambiata e non è più Usa-contro-tutti (nella quale si poteva ben pensare che alla fine il conto peggiore l’avrebbero pagato gli Usa), la fase attuale è Usa-contro-Europa, con il resto del mondo, in particolare l’Asia, pronta a subentrare nelle quote di mercato europee.
C’è un altro elemento su cui la politica europea dovrebbe riflettere. Le politiche commerciali di isolamento degli Stati Uniti, per quanto frutto di analisi discutibili e per quanto lanciate con l’intenzione di riequilibrare le bilance commerciali, hanno in realtà l’obiettivo di reindustrializzare l’America. Al momento, la campagna commerciale si è risolta per gli Usa con più perdite che successi. Da quando è iniziato il secondo mandato di The Donald, il Pil ha fatto segnare un trimestre negativo (-0,2%), la Borsa è arretrata ai livelli di settembre del 2024 e i tassi di interesse sono saliti, facendo salire il costo del debito pubblico.

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L’offensiva commerciale infatti avrebbe dovuto essere accompagnata da una politica fiscale completamente nuova, basata sulla lotta agli sprechi e alla revisione del fisco americano. La lotta agli sprechi si è invece risolta con 113 miliardi di tagli in capo al Doge di Elon Musk, ormai sostanzialmente ritiratosi dalla Casa Bianca, contro i 2000 miliardi promessi e ampiamente irrealizzabili. A questo punto, la palla è passata all’architrave della politica fiscale ed è stata messa nelle mani del BBB, il Big Beautiful Bill, che dovrebbe appunto segnare la rivoluzione fiscale MAGA. A che punto si trova? Il progetto di legge ha passato lo scoglio del Congresso di stretta misura, ossia con un solo voto di vantaggio ed è atteso al Senato (dove sulla carta i repubblicani guidano sui democratici con un rapporto di 53 a 47) entro la prima parte di agosto.
Quando sarà legge, cambierà veramente tutto. E’ bene dire che si tratta di una scommessa, ma rivoluzionaria. La scommessa sta nella teoria dell’economista Laffer. L’idea, mai veramente provata, è che, riducendo le imposte, le risorse equivalenti investite nel settore privato siano impiegate per una produttività maggiore, con una conseguente crescita del reddito e dell’imponibile che, alla lunga, compensi le minore imposte, avendo aumentato il reddito totale, i salari e gli occupati.

In realtà, ciò che sembrerebbe l’uovo di colombo nasconde più di un difetto. Dipende da che bilancio si parte. E’ scontato che in un primo tempo il deficit pubblico debba aumentare, il che mette in allarme chi impresta denari a un paese già fortemente indebitato. Rammentiamo il rapporto debito Pil del 124,3% degli Usa e il debito pubblico da 36.000 miliardi, che è il maggiore debito mondiale. Il Tesoro non può controllare i rendimenti a lungo termine, ma la Fed potrebbe determinare almeno quelli a breve. Se abbassasse i tassi, faciliterebbe il lancio degli sgravi fiscali, ma proprio la politica commerciale di Trump, potenzialmente inflazionistica, trattiene i governatori della Fed dal ridurre i tassi, come ha fatto la Bce. Dunque, i tassi di interesse nella prima fase della attuazione del BBB sono la possibile prima pietra di inciampo.

La seconda questione è che il BBB non taglia linearmente le tasse, ma opera una decisa scelta di campo e può essere anche fortemente impopolare. I tagli delle tasse saranno destinati alle imprese che investono e alle persone fisiche con un reddito fino a 500 mila dollari, con una concentrazione massima dei benefici intorno ai 50 mila dollari. Tuttavia, mentre nella parte alta della distribuzione del reddito non si patiranno i tagli delle spese fiscali, ciò si verificherà nella parte bassa sì, perché per finanziare i tagli di imposta il governo taglierà i rimborsi sanitari di Medicaid (attualmente destinati a tutti coloro che hanno un reddito fino al 138% della soglia di povertà, la quale è fissata a 41.400 dollari annuali per una famiglia di 4 persone). Arretrando questo coefficiente al 100%, solo chi guadagna meno di 41.400 avrà la sanità gratis, mentre fino ad oggi questo il limite era di 58.000 dollari. Per intenderci, la prima cifra corrisponde a quella guadagnata da metà delle famiglie nere (quindi metà, a causa del BBB, pagheranno per intero la sanità d’ora in poi) mentre 58.000 corrisponde al reddito di metà delle famiglie latine, che dunque per due terzi d’ora in poi dovranno arrangiarsi con il mercato delle assicurazioni private. Il ceto medio-alto pagherà meno imposte, ma quello medio-basso dovrà curarsi a spese proprie e il saldo di popolarità potrebbe essere negativo. Il costo delle polizze, calmierato dalla Obamacare, non è proprio economico e per una copertura completa non è difficile arrivare ai 1000 dollari al mese per famiglia. In aggiunta a questi tagli, saranno ridotti anche i criteri di assegnazione dei 42 milioni di food stamps, i minivoucher per fare la spesa, molti dei quali finora incassati da bianchi in attesa di rivincita. Rivincita che nelle intenzioni di Trump arriverà con lavori industriali ben pagati. Come?

I maggiori beneficiari delle riduzioni di spesa saranno le industrie del settore manifatturiero e le startup.
Qui sotto è riportata una tabella delle disposizioni di base del BBB. Il BBB cancella definitivamente l’IRA di Biden, che concedeva contributi a fondo perduto per chi investiva nei settori verdi e in alcuni Stati, nei settori delle nuove tecnologie avanzate e in particolare nelle energie rinnovabili, nei veicoli elettrici, nella agricoltura sostenibile e nell’edilizia green. Il nuovo Bill cancella il bonus a compratori di veicoli elettrici (era di 7.500 dollari per auto e lo incassava pressoché solo Tesla, che produce un utile netto per vettura di 7.000 dollari), mentre sostiene gli investimenti nel settore Oil & Gas (“Drill Baby Drill”). Buona l’idea di sostenere le costruzioni abitative accessibili, che mancano. Dove però il Bill cala l’asso, è nella reindustrializzazione. Perché qualunque nuova fabbrica realizzata entro il 2030 potrà avere un ammortamento, a scelta dell’investitore, immediato. Questo vuol dire ammortizzare uno stabilimento nuovo in un anno. In Europa l’aliquota media di ammortamento è 3%, il che vuol dire che ci vogliono 30 anni per togliersi uno stabilimento nuovo dai costi. Gli investimenti nella ricerca, nelle start up, godranno inoltre di crediti di imposta rimborsabili anche se le società non avranno generato un reddito. I beni strumentali saranno rivalutabili e l’ammortamento di quelli nuovi, immediato. Per contro, tutte le spese di R&D svolte all’estero non godranno di crediti di imposta e saranno ammortizzate nei soliti 15 anni.

Alcuni pivot della politica industriale americana contenuti nel Big Beautiful Bill

La politica fiscale americana è senza dubbio rischiosa. Il Congressual Budget Office (organismo consultivo indipendente, ma ufficiale) prevede che, se il Pil non crescerà a sufficienza, il debito pubblico aumenterà di altri 4000 miliardi di dollari, e questo è certamente possibile. L’amministrazione Usa, tuttavia, ha un pallino fisso: si propone di reindustrializzare l’America, di dare condizioni di massimo favore a chi investe in Usa e a chi vi fa ricerca e sviluppo e le misure fiscali del BBB costituiscono un asse di politica industriale di portata quasi mai vista, superiori a quelle di qualsiasi programma dell’Unione europea e della somma degli Stati membri. Per questo, la minaccia dei dazi al 50%  verso l’Europa dovrebbe essere presa sul serio.
Per l’amministrazione Trump, che ha dovuto cedere nei negoziati con la Cina, per manifesta inferiorità a resistere, la questione della reindustrializzazione diventerà vitale. I risultati non potranno aspettare troppo perché le elezioni a medio termine distano meno di due anni. Se il treno della politica economica fallirà a consegnare i risultati promessi, è facile prevedere che il Presidente perderà sia il Congresso che il Senato, perché molti dei costi della sua politica fiscale per reindustrializzare ricadranno esattamente sul suo elettorato.

L’Europa dovrebbe prendere in considerazione tutti gli scenari, sia quello in cui la normalizzazione della politica commerciale non sarà un fatto semplice, sia quello che mostra che i propri strumenti di politica industriale, a confronto di quelli americani, sono di molto inferiori e burocraticamente piuttosto meno accessibili.

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Appendice: disposizioni del BBB relative a crediti d’imposta e ammortamento

 

 Crediti d’Imposta per la Ricerca e Sviluppo (R&D):

  • Il BBB introduce una maggiore flessibilità per le spese di R&D domestiche per gli anni fiscali 2025-2029. Le aziende possono scegliere tra:
    • Deduzione immediata delle spese.
    • Capitalizzazione e ammortamento nel corso della vita utile del bene, con un minimo di 60 mesi.
    • Ammortamento su un periodo fisso di 10 anni.
  • La definizione di spese qualificanti per il credito R&D è ampliata, includendo software development, ingegneria e lavori di progettazione, rendendo più ampio l’accesso al beneficio.
  • Le piccole imprese e le startup possono beneficiare di crediti rimborsabili, ovvero possono ricevere restituzioni in contanti anche se non hanno generato reddito tassabile, riducendo le barriere finanziarie per l’innovazione.
  • Le spese di R&D estere rimangono soggette a capitalizzazione e ammortamento su 15 anni, mantenendo una distinzione tra costi domestici e internazionali.

Ammortamento per Nuove Fabbriche (Qualified Production Property):

  • Il BBB permette una deduzione immediata al 100% per le nuove fabbriche coinvolte nella produzione, manifattura o raffinazione di beni tangibili, applicabile a proprietà immobiliari non residenziali costruite o messe in servizio dal 2025 al 2030.
  • Sotto la legge attuale, tali proprietà sono ammortizzate su un periodo di 39 anni, ma il BBB riduce drasticamente questo periodo, incentivando la costruzione di nuove strutture produttive negli Stati Uniti.

Ammortamento per Macchinari e Attrezzature:

  • Viene ripristinata la bonus depreciation al 100% per beni qualificanti, come macchinari e attrezzature, acquistati e messi in servizio dal 19 gennaio 2025 al 31 dicembre 2029.
  • La deduzione Section 179, che permette di espandere immediatamente i costi di determinati beni, vede un aumento del limite massimo da 1 milione a 2,5 milioni di dollari, con una fase-out che inizia a 4 milioni di dollari, per beni messi in servizio dopo il 31 dicembre 2024. Questi limiti saranno indicizzati per l’inflazione negli anni successivi.

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