Il ministro delle Imprese: “Il negoziato è compito della Commissione, ma l’azione bilaterale può contribuire a facilitarlo, come ha ben fatto sinora proprio Giorgia Meloni, anche grazie al rapporto personale con il presidente americano”
Donald Trump frena la scure dei dazi e concede tempo all’Europa. Il presidente degli Stati Uniti ha annunciato con un post su Truth social che le tariffe del 50% sull’importazione di beni europei, previste per il 1° giugno, non entreranno in vigore prima del 9 luglio.
Von der Leyen sente Trump: “Pausa sui dazi”
«Oggi ho ricevuto una chiamata da Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea, che mi ha chiesto una proroga della scadenza del primo giugno per le tariffe del 50% in relazione al commercio e all’Unione Europea. Ho detto sì alla proroga, che è stata fissata al 9 luglio 2025. È stato un privilegio per me farlo. La presidente della Commissione ha affermato che i colloqui inizieranno rapidamente», ha scritto The Donald.
Una sospensione che pare una pausa tattica, o come spiega l’eurodeputato Nicola Procaccini, co-presidente del gruppo dei Conservatori al Parlamento europeo, «È Trump ‘in purezza’, l’andirivieni sui dazi rientra nella modalità di trattare da parte del presidente Usa». La scelta a posticipare equivale a quella dei 90 giorni già concessi ad aprile, quando Trump, dopo aver varato misure tariffarie contro una lunga lista di Paesi, aveva accordato un primo rinvio.
«Se la Ue vuole arrivare a un accordo con il suo principale alleato deve agire compatta e senza ipocrisia. Non si può essere alleati a fasi alterne». «Mi riferisco — per fare nomi e cognomi — ad alcuni Stati europei che finanziano Putin attraverso l’acquisto di gas liquefatto dalla Russia piuttosto che prenderlo dagli Usa. In particolare la Francia di Macron, che nell’ultimo anno ha aumentato addirittura dell’81% gli acquisti di gas liquido dalla Russia, e la Spagna di Sanchez. Se si deve agire in maniera compatta con l’alleato Usa è necessario farlo sempre, abbandonando questi atteggiamenti ipocriti».
Urso: “Serve un’intesa politica, prima ancora che commerciale”
Anche il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, interviene sulla questione in un’intervista a La Repubblica: «Il rischio di un’escalation esiste, va scongiurato». L’equilibrio – ribadisce – è fragile. «Ci vogliono cautela, responsabilità, unità di intenti».
Per Urso, la posta in gioco non si misura in punti percentuali: «Ci vuole un’intesa politica, prima ancora che commerciale. Non è solo una questione di dazi, ovviamente, come dimostrano gli altri negoziati in corso. Occorre parlare lo stesso linguaggio, condividere gli stessi obiettivi, avere chiara qual è la scala delle priorità. Il negoziato è innanzitutto politico, poi vengono le formule, le tabelle e i numeri».
“L’azione bilaterale dell’Italia può facilitare il negoziato”
Il governo italiano appoggia la trattativa affidata a Bruxelles, ma non esclude un ruolo attivo nei rapporti diretti con Washington. «Il negoziato è compito della Commissione, alla quale va il nostro supporto affinché si percorra la strada giusta. L’azione bilaterale può contribuire a facilitarlo, come ha ben fatto sinora proprio Giorgia Meloni, anche grazie al rapporto personale con Trump».
Arrivare al 10% si può: “Ma prima eliminare le rigidità del Green Deal”
Alla domanda se un compromesso sui dazi al 10% possa essere un punto di caduta accettabile per l’Italia, Urso risponde: «È quanto già raggiunto dalla Gran Bretagna nel loro negoziato bilaterale: un’indicazione sulla via da percorrere. Ma i termini sono più ampi e non possono ridursi a una quota. Ci sono ben altre questioni in campo: dagli aspetti regolatori a quelli della sicurezza, alle catene di approvvigionamento, fino alla stessa politica industriale europea, che dovremo comunque rivedere, subito e senza infingimenti».
E aggiunge: «Sono d’accordo con Orsini: occorre eliminare i “dazi interni” che il Green Deal ci ha imposto. Occorre uno shock di semplificazione o saremo stritolati».
Il dossier Starlink e la legge spaziale europea
La questione tariffaria si intreccia con altri fronti, a partire dal settore spaziale. L’ingresso di Starlink nei trasporti ferroviari italiani apre una nuova partita. «La politica spaziale non è competenza della Commissione — puntualizza il ministro — anche se sarà necessaria una legge spaziale europea, come proprio noi, con la Germania, abbiamo chiesto in uno specifico documento di indirizzo. Oggi ne parlerò a Roma con il vicepresidente Kubilius, durante la visita ai nostri siti spaziali e poi nella sua audizione in Parlamento».
E rassicura sul coinvolgimento di Musk: «L’Italia è aperta – come gli altri Paesi europei – alle attività dei privati, che sono regolate dalla legge. Prioritario è sempre garantire la sicurezza nel controllo dei dati e delle informazioni».
25 miliardi in più per le imprese italiane
Poi, nel caso fosse necessario parare il colpo dei dazi, Urso anticipa una strategia di compensazione: «Abbiamo già previsto la riprogrammazione dei fondi Pnrr e di Coesione e stiamo indirizzando in tal senso anche le risorse del Fondo sociale per il clima. Pensiamo di giungere a 25 miliardi in più per le imprese. Quando poi avremo contezza di quali saranno effettivamente i dazi nei singoli settori, potremo sviluppare un’azione compensativa mirata e quindi efficace».
Ilva: “Senza gas, niente acciaio green”
Sul caso ex Ilva, Urso smonta la questione ideologica. «Il problema non è la natura del capitale, ma le condizioni della produzione. È necessaria un’Aia (Autorizzazione integrata ambientale ndr.) che sia economicamente sostenibile e quindi fondata su un Accordo di programma con Regione ed enti locali che preveda una nave rigassificatrice al porto di Taranto, al fine di consentire la piena decarbonizzazione del sito siderurgico con la realizzazione graduale di tre forni elettrici alimentati da altrettanti Direct reduced iron (Dri). E questo va fatto a prescindere di qualunque sia la natura del capitale e il colore degli azionisti. Senza gas non c’è acciaio green, pubblico o privato che sia».
Baku Steel: accordo possibile entro luglio
Infine, il membro dell’esecutivo non esclude una conclusione rapida della trattativa con Baku Steel. Ma fissa tre paletti: «La certezza del gas, un’Aia economicamente sostenibile e il mantenimento della produzione nella fase di transizione per non perdere quote di mercato. Se riusciremo a garantire queste condizioni, preliminari per qualunque investitore, il negoziato potrà concludersi anche a luglio. Poi saranno necessari altri tre mesi per ottenere il via libera dell’Antitrust europeo ed esaminare il dossier sotto il profilo del golden power, l’unico strumento che garantisce appieno la sicurezza nazionale e quindi lo Stato».
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