Quando si parla di Brexit, spesso il dibattito si concentra su questioni politiche o commerciali. Ma dietro le cifre macroeconomiche e le tensioni diplomatiche, c’è un impatto più concreto e quotidiano: quello sul lavoro. Un recente studio pubblicato da VoxEU ha analizzato proprio questo aspetto, mettendo in luce gli effetti reali della Brexit sulla domanda di lavoro nel Regno Unito.
Dalla fine della libera circolazione con l’Unione Europea, molti settori chiave dell’economia britannica hanno dovuto fare i conti con una nuova realtà. La manifattura e l’edilizia, ad esempio, hanno visto un netto calo della domanda di manodopera. Non si tratta solo di meno assunzioni: la complessità burocratica aumentata, le difficoltà nelle esportazioni e l’improvvisa scarsità di lavoratori qualificati provenienti dall’UE hanno creato un mix tossico per la competitività delle imprese.
Le piccole e medie imprese, in particolare, stanno vivendo momenti difficili. Per molte di loro, esportare in Europa è diventato più costoso e complicato. In diversi casi, si è deciso di ridimensionare il personale o di abbandonare del tutto l’idea di espandersi oltre confine. Questo tipo di contrazione ha effetti a catena: meno crescita aziendale significa meno opportunità per i lavoratori locali, salari più stagnanti e una minore fiducia nell’economia.
A pagare il prezzo più alto, come sempre, sono i lavoratori. In certi settori, come l’agricoltura o l’ospitalità, dove la manodopera europea era predominante, si è creata una carenza difficile da colmare con le sole risorse interne. Il risultato è una maggiore pressione sul personale esistente, condizioni di lavoro più dure e, in molti casi, una stagnazione salariale.
Lo studio non è solo una diagnosi, ma un campanello d’allarme. Per mitigare questi effetti, suggeriscono gli autori, sarà fondamentale investire nella formazione professionale, sostenere le imprese nella transizione post-Brexit e negoziare nuovi accordi commerciali che riducano l’isolamento del Regno Unito. Anche in questo senso va letto il tentativo di riavvicinamento fra Londra e Bruxelles, con l’accordo firmato qualche giorno fa e che riguarda, tra le altre cose, anche la mobilità giovanile.
In definitiva, la Brexit non è solo un fatto politico: è una trasformazione strutturale che ha toccato profondamente la vita lavorativa di migliaia di persone. E comprenderne gli effetti reali è il primo passo per ripensare un futuro più inclusivo e sostenibile per il lavoro nel Regno Unito.
Foto di Pete Linforth
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