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AI: il motore “nascosto” del rilancio della produttività e della competitività delle imprese italiane


Nel rapporto “Il futuro della competitività europea”, presentato lo scorso settembre dall’ex premier Mario Draghi, si evidenzia come il divario economico, e quindi il minore potere di spesa tra i cittadini europei rispetto a quelli statunitensi derivi principalmente dalla bassa produttività dei settori economici dell’Unione Europea. Con produttività si intende l’efficienza con cui i lavoratori producono beni e prestano servizi rispetto al numero di ore lavorate.

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All’interno di questo scenario l’Italia non brilla certamente dal momento che la produttività del lavoro è rimasta pressoché invariata negli ultimi vent’anni. Secondo gli ultimi dati disponibili di Eurostat, nel 2023 l’indice di produttività del nostro Paese si attestava a 100,5, a fronte di un valore pari a 98 nel 2003, segnando quindi un aumento minimo di soli 2,5 punti in due decenni. L’analisi storica di Eurostat, mostra una crescita dal 1995 fino al 2001, seguita da una lunga fase di stagnazione. E negli ultimi anni, la situazione è persino peggiorata: la produttività è calata da 103,9 nel 2020 a meno di 101 nel 2023. Ovviamente non possiamo sottovalutare che la pandemia Covid-19 ha avuto un impatto pesante sul mondo del lavoro, ma neppure che alcuni Paesi europei negli ultimi due decenni hanno registrato incrementi anche molto brillanti.

Secondo Mario Draghi, la produttività in Italia è stagnante principalmente a causa di problemi strutturali come un sistema educativo poco allineato con le esigenze del mercato, scarsi investimenti in innovazione e tecnologia, oltre a una pubblica amministrazione inefficiente, eccesso di burocrazia e a un’elevata pressione fiscale. Fattori che rallentano la produttività e quindi la competitività delle aziende italiane e del suo sistema economico: se la produttività è bassa, i costi sono più alti e di conseguenza le imprese faticano, in un circolo vizioso, a investire e quindi, da una parte a competere sui mercati internazionali; dall’altra ad aumentare i salari, e quindi il poter di acquisto.

AI, l’abilitatore del rilancio

Come anche evidenziato da Mario Draghi, il gap in termini di Digital Transformation delle aziende italiane, ha un impatto diretto sulla loro forza competitiva del nostro Sistema Paese: un’ulteriore conferma che le imprese italiane sono chiamate in maniera ormai inderogabile a innovare. In questa direzione, l’intelligenza artificiale può essere un forte facilitatore dell’inversione di questo trend stagnante della produttività/competitività aziendale, automatizzando attività ripetitive, velocizzando e rendendo più efficaci i processi interni e riducendo gli errori umani.

Soluzioni basate sull’AI possono gestire documenti, analizzare dati, ottimizzare processi e aree aziendali, prevedere la manutenzione di macchinari, automatizzare certe attività e molto altro. Questo certamente nelle grandi aziende, ma non solo. Soprattutto in Italia, dove oltre il 90% delle imprese sono di piccole-medie dimensioni con spesso risorse umane limitate, l’adozione dell’AI potrebbe rappresentare una leva strategica anche per le realtà più lungimiranti per fare di più con meno e meglio e iniziare a colmare anche il gap tecnologico che le penalizza e le penalizzerà sempre di più.

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Dal punto di vista della competitività, le tecnologie legate all’intelligenza artificiale possono consentire alle aziende di offrire prodotti e servizi più innovativi, personalizzati e tempestivi, rispondendo meglio ai bisogni dei consumatori e alla pressione/instabilità dei mercati. Inoltre grazie all’analisi predittiva e al supporto decisionale, le imprese possono anticipare tendenze, migliorare la customer experience e ottimizzare le proprie strategie a cominciare da quelle commerciali e marketing.

Con ciò non si nega che le implicazioni dell’AI vanno oltre gli effetti positivi sulla produttività e competitività, a cominciare dalla necessità di aumentare/riformare le competenze umane in risposta all’automazione delle attività, ma non possiamo sottovalutare che studi come quello di Vanguard – il più grande fornitore mondiale di fondi comuni e il secondo dei fondi scambiati in borsa – hanno stimato che l’integrazione dell’intelligenza artificiale in termini di sola automazione del lavoro negli Stati Uniti, porterà entro il 2035 a un aumento di produttività del 20% all’anno e quindi a una crescita potenziale del PIL di quasi il 3% nel decennio del 2030. Incrementi che potranno, peraltro, tradursi in un aumento delle retribuzioni e delle risorse welfare.

In questo scenario, per le aziende italiane che competono su scala globale puntando su qualità e design, pensiamo alle numerosissime realtà del Made in Italy, l’AI rappresenta un alleato fondamentale per mantenere e rafforzare il proprio posizionamento internazionale, innovando senza snaturare il proprio DNA. Aziende per esempio del distretto tessile di alta qualità possono avvalersi di una soluzione AI per il monitoraggio in tempo reale dei telai e l’analisi dei dati di produzione. Questa tipologia di soluzioni può permettere di rilevare automaticamente anomalie nei macchinari, intervenendo prima dei guasti, di ottimizzare turni e gestione delle scorte e incrementare così la produzione a parità di dipendenti e telai impiegati. Mentre la data analysis potenziata dall’intelligenza artificiale può facilitare l’azienda nell’offrire tessuti “su misura” ai clienti, come piccole serie in linea con i “gusti” e i quantitativi medi degli ordini dei vari brand fashion o con colori basati su analisi predittive delle tendenze di mercato. Vantaggi in grado di aumentare l’attrattività internazionale e l’attenzione dei buyer sempre più attenti alla personalizzazione e sostenibilità.

Come l’esperienza sul campo di Axiante sta dimostrando, l’adozione di software potenziati con l’AI può fortemente contribuire al miglioramento della produttività anche i settori economici BtoC come il retail: per esempio le tecnologie di intelligenza artificiale sono centrali, per non dire indispensabili, nell’ottimizzazione degli assortimenti (e quindi per aumentare vendite e redditività a metro quadro dei p.v.) soprattutto nelle insegne con formati diversi e negozi in tutto il territorio e quindi con abitudini di consumo/acquisto differenti. Mentre chatbot e assistenti virtuali possono aiutare a scremare le richieste del customer service, liberando risorse da dedicare alla consulenza. Al contempo, l’analisi dei dati comportamentali, mette già oggi gli addetti vendita nella condizione non solo di offrire al singolo cliente proposte personalizzate ma anche di suggerire servizi e accessori aggiuntivi portando a un significativo incremento delle vendite anche cross.

In quest’ambito Axiante, in qualità di Business Innovation Integrator, si pone l’obiettivo di accompagnare le imprese nello sfruttare le capacità dell’AI di generare software, dati, previsioni, raccomandazioni e contenuti, oltre che di eseguire autonomamente attività, per generare un impatto economico concreto. Queste tecnologie consentono infatti non solo di migliorare l’efficienza operativa e la qualità decisionale, ma anche di rafforzare la competitività e la solidità finanziaria, per una crescita strutturale e sostenibile del business.

Per ulteriori informazioni consultare www.axiante.com

Immagine di DC Studio su Freepik



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