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Dalla Laguna alla Luna: il Private Equity come motore della Space Economy veneta


La space economy non è (più) una questione da accademici o visionari. A dirlo non sono solo i numeri – 1,5 miliardi di euro di PIL regionale stimato al 2040 e circa 2.400 nuovi posti di lavoro qualificati – ma anche la qualità del confronto tenutosi al Terminal 103 della Stazione Marittima, nell’ambito dello Space Meeting Veneto, durante la tavola rotonda intitolata “Space Economy Impact: Boosting Regional GDP and Jobs in Veneto – From Insights to Action”.

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L’occasione è stata la presentazione del rapporto “Dalla Laguna alla Luna”, frutto della collaborazione tra la Venice Sustainability Foundation (VSF) e Boston Consulting Group (BCG). Un documento che, oltre a disegnare un futuro possibile per il Veneto nello spazio, propone azioni concrete per arrivarci. Ma soprattutto – ed è il cuore emerso dal dibattito – lancia un messaggio chiaro: senza capitali privati, visione industriale e strumenti finanziari evoluti, lo slancio rischia di restare a terra.

Un distretto competitivo per una domanda in crescita verticale

A scaldare la platea, gli interventi di Luca Farina (project manager di VSF) e Alessio Bonucci (principal di BCG), che hanno illustrato i dati chiave dello studio, spiegando come la crescita del settore possa diventare un volano per l’intero Nordest.

Marco De Luca, CSO di Avio, ha alzato l’asticella: “Il Veneto ha spazio per diventare un distretto competitivo se sa verticalizzare le sue eccellenze su settori specifici. Serve un ecosistema integrato, in cui i grandi player agiscano da anchor customer e le PMI partecipino a co-sviluppi. Le istituzioni devono garantire l’accesso al capitale e alle gare, mentre le università possono essere motori di formazione e trasferimento tecnologico”.

Una visione articolata, quella di De Luca, che chiama in causa tutti gli attori del sistema: industria, finanza, formazione, policy maker. In altre parole: serve una strategia coordinata.

Università e imprese: il nodo competenze

Il professor Agostino Cortesi dell’Università Ca’ Foscari ha ricordato come la sfida sia duplice: “Da un lato, la ricerca scientifica su energia, nuovi materiali, robotica e cybersecurity; dall’altro, la formazione di capitale umano capace di sostenere una filiera che oggi ha bisogno urgente di ingegneri, data analyst, esperti di diritto spaziale e project manager”.

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Un problema di scala, ma anche di visione. Le università venete, grazie a progetti come SATCO e alla RIR AIR, stanno già dialogando con le imprese. Ma serve un’accelerazione, anche per evitare che i migliori talenti emigrino verso altri ecosistemi più pronti a valorizzarli.

Giovanni Dal Lago, presidente esecutivo di Officina Stellare, ha ribadito il ruolo delle PMI e degli ITS: “La manifattura spaziale si fa anche con gli operatori di camera bianca, non solo con PhD in astrofisica. E oggi abbiamo giovani motivati, capaci e pronti. A patto che ci siano imprese in grado di assorbirli e crescerli”.

Il nodo capitale: il Private Equity come acceleratore della space economy

Il passaggio più netto arriva però da Alessandro Sannini, partner di 3IP Space . Con una visione chiara e strutturata, Sannini ha evidenziato la necessità di attrarre capitali pazienti per trasformare il potenziale della space economy in una realtà industriale consolidata: “Il Veneto ha tutto: know-how, supply chain, campioni industriali. Ma senza l’arrivo strutturato di fondi tematici, basket bond di filiera e strumenti di capitalizzazione non si scala. È tempo di disabituarsi ai contributi a pioggia e costruire una politica industriale degna di questo nome”.

Secondo Sannini, “il private equity tematico non è più un’opzione, ma una necessità per sostenere la crescita delle imprese spaziali. Significa dare ossigeno a startup e scaleup, permettere loro di investire in impianti, R&D e internazionalizzazione.”.

Il ragionamento è chiaro: i capitali pubblici, da soli, non bastano. Il vero salto di qualità si fa se si riesce ad attrarre investitori privati, nazionali e internazionali, disposti a scommettere su PMI con progetti solidi e scalabili. Questo significa anche ripensare la governance delle filiere, creare cluster credibili e istituzionalizzare strumenti di investimento di lungo periodo.

VSF, un modello di alleanza pubblico-privata

La stessa Venice Sustainability Foundation, promotrice del rapporto, è un esempio concreto di sinergia tra territori, accademia e grandi imprese. Nata nel 2022 con il patrocinio del Governo italiano, oggi annovera tra i suoi soci fondatori realtà come Regione del Veneto, Comune di Venezia, Ca’ Foscari, Generali, Enel, Eni, Snam, Microsoft, TIM, Ferrovie dello Stato, e molti altri ancora.

Il presidente Renato Brunetta, insieme ai vicepresidenti Luca Zaia e Luigi Brugnaro, ha costruito una piattaforma capace di abbracciare la complessità della transizione sostenibile, puntando su Venezia come laboratorio urbano, tecnologico ed economico. La space economy, oggi, è uno degli assi portanti di questa visione.

La corsa allo spazio parte da terra (veneta)

Il rapporto “Dalla Laguna alla Luna” non è una lista dei desideri, ma un piano d’azione. E l’evento di oggi lo ha dimostrato: non c’è crescita possibile senza una regia strategica, una visione territoriale e una finanza d’impatto in grado di accompagnare le imprese dal prototipo al mercato.

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Se Venezia e il Veneto sapranno parlare il linguaggio del capitale privato, della tecnologia e delle alleanze internazionali, allora sì: la space economy non sarà solo un sogno ambizioso, ma un asset concreto per l’occupazione, l’innovazione e il PIL del territorio.



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