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“Flessibilità” e “apertura al digitale”, il segreto della maison Marinella


Nello spettro di sfumature del blu, ‘E. Marinella’ fa sua quella che incarna l’eleganza. E continua con uno stile inconfondibile. Anche nell’era della rivoluzione tecnologica, pur aprendosi al digitale, custodisce ancora la propria intelligenza artigianale, trasmettendola di padre in figlio. È il miracolo napoletano della storica maison nata nel 1914 sul lungomare partenopeo, che si contraddistingue da oltre un secolo per tradizione sartoriale e unicità del prodotto. Valori che l’azienda ha saputo cucire e tessere – è il caso di dirlo – in un accessorio diventato un’icona di una raffinatezza senza tempo: la cravatta.

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In occasione della terza edizione del Festival del Management, organizzata da SIMA (Società Italiana di Management) e Federico II nella persona del prof. Roberto Vona, docente di Economia e gestione delle imprese al Dipartimento di Economia, Management, Istituzioni (Demi), ideatore e Delegato per il Coordinamento dell’iniziativa per Sima, l’8 il 9 maggio nel complesso di Monte Sant’Angelo sul ‘Deep Blue e le interconnessioni tra il blu profondo dello spazio e degli oceani’ – oltre 40 panel e workshop che hanno declinato il tema dal punto di vista geopolitico, strategico, tecnologico, economico – Ateneapoli ha inaugurato il cosiddetto spazio ‘Open Dot’, allestito nei locali dei Centri Comuni, intervistando proprio Maurizio e Alessandro Marinella, rispettivamente padre e figlio, il primo Amministratore Unico, il secondo General Manager e Brand Ambassador. “Quest’anno festeggiamo 111 anni di attività, e da 111 anni apriamo alle 6.00 di mattina. Tagliare un traguardo del genere è un miracolo.

E lo è anche perché solo il 13% delle imprese familiari riesce ad arrivare alle terza generazione. Noi siamo arrivati alla quarta. E abbiamo ancora tanta voglia di andare avanti con nuovi progetti”. C’è orgoglio nelle parole di Maurizio, che nel ripercorrere le tappe principali della storia di ‘E. Marinella’, che nelle idee del fondatore Eugenio sarebbe stato “un angolo di Inghilterra a Napoli”, si sofferma sul primo vero spartiacque: la Seconda Guerra Mondiale.

“In quel periodo il Governo italiano mise delle sanzioni alla merce straniera, non si poteva più importare nulla dal Regno Unito. Mio nonno rimase con il negozio completamente vuoto per quattro anni, ma dopo il conflitto la nostra azienda spiccò definitivamente il volo con i due laboratori di camicie e cravatte”.

Che sono arrivate al collo di personaggi illustri, ambassador inconsapevoli del brand: in politica Cossiga, Andreotti, Craxi, Napolitano, Berlusconi, Carlo d’Inghilterra, nello spettacolo Totò, Visconti, De Sica, De Filippo, Mastroianni. E forse è proprio nelle crisi che un’impresa si rafforza, grazie alla visione imprenditoriale di volgerle a proprio vantaggio. Dagli anni ’40 ad oggi, il segreto del passaggio generazionale di Marinella “è la flessibilità”, secondo Alessandro, cioè “la capacità di reagire ad un determinato cambiamento”.

Classe 1995, laurea in Economia proprio alla Federico II, il rappresentante della quarta generazione, entra nell’azienda tra il 2017 e il 2018 e si rende conto subito che serve una virata, e mette su un team di giovani: “passando da uno a più punti vendita, urgeva cambiare l’organizzazione, creare un organigramma e un sistema gestionale che ci aiutasse a monitorare l’aspetto finanziario e di magazzino. E per farlo, un semplice negozio che vuole diventare una grande azienda, oggi, deve innanzitutto aprirsi alla digitalizzazione”.

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Un po’ di numeri sull’andamento gestionale e aziendale dell’epoca. “Nel 2019 eravamo dipendenti dalla cravatta all’80%, da tutto il resto solo al 20%. L’Italia pesava il 95%. Ma il dato più preoccupante era l’età media dei nostri consumatori, tutti over 55.

Abbiamo provato a trasformare i punti di debolezza in opportunità: creazione dell’e-commerce, strategia comunicativa con presenza su tutti i social. Abbiamo diversificato i prodotti, abbassando il rischio di impresa”. E i risultati si sono visti: “vendiamo il 15% di cravatte in più, ma la percentuale di incidenza del prodotto si è abbassata; l’età del target si è abbassata a 39 anni di media e l’estero sta prendendo sempre più piede”.

La rinuncia “all’offerta di Trump”

Nella continua evoluzione del brand, però, resta indissolubile il legame con Napoli, che compie formalmente 2500 anni ed è stata designata da Confindustria Capitale della Cultura di impresa 2025. “Marinella è nata e cresciuta grazie alla città, che ha un grandissimo know-how sartoriale, così come tutto il Made in Italy. L’eleganza inglese, un po’ rigida, è stata trasformata dal saper fare partenopeo. Sete e colori differenti, con la realizzazione fatta a mano di fronte al mare. E oggi possiamo dire che tutto questo ha determinato l’identità di Marinella, la sua brand awareness, il posizionamento del prodotto. E non dovremo mai perdere tutto questo”.

Anche se il rischio c’è stato, non essendo mancate proposte d’acquisto indecenti, tutte rimandate al mittente. Un aneddoto lo racconta Maurizio: “32 anni fa ricevemmo una lettera da un certo Donald Trump, che avrebbe voluto regalarci un negozio nella Trump Tower. Eravamo mio padre ed io. Lui disse subito di no: troppo lontano, troppo difficile gestire il tutto. Ebbene, con il massimo garbo, rinunciammo all’offerta scrivendo caro Trump, non ci muoviamo da Napoli”.

Il motivo: “viviamo un’emozione e in nome della passione noi continuiamo a dire no”. Da un lato Alessandro, la testa; dall’altro Maurizio, il cuore. La quarta generazione è strategia e razionalità, la terza memoria storica ed emotività. “Siamo l’uno il completamento dell’altro”.
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Ateneapoli – n. 9 – 2025 – Pagina 14



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