Ai fini dell’IMU, agli immobili delle imprese in amministrazione straordinaria non possono essere estese le agevolazioni previste per gli immobili nel fallimento o nella liquidazione coatta amministrativa, nemmeno quando la procedura ha finalità liquidatoria.
È questo in conclusione il principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 14026 del 26 maggio 2025, la cui fattispecie analizzata riguarda una grande holding in amministrazione straordinaria ai sensi del DLgs. 270/1999 alla quale il Comune di Roma richiede il pagamento dell’IMU per le annualità 2012 e 2013.

La questione, quindi, riguarda la disposizione contenuta nell’art. 10 comma 6 del DLgs. 504/92, peraltro analoga a quella attualmente in vigore dell’art. 1 comma 768 della L. 160/2019, secondo cui, ai fini del tributo locale, per gli immobili compresi nel fallimento (termine sostituito dalla liquidazione giudiziale per effetto dell’art. 349 del DLgs. 14/2019) o nella liquidazione coatta amministrativa, il curatore fallimentare o il commissario liquidatore sono tenuti al versamento dell’imposta dovuta per il periodo di durata dell’intera procedura concorsuale, entro il termine di tre mesi dalla data del decreto di trasferimento degli immobili.

In deroga alla disciplina ordinaria, pertanto, per gli immobili compresi nel fallimento o nella liquidazione coatta amministrativa il pagamento dell’imposta deve essere effettuato in un’unica soluzione per l’intera durata della procedura concorsuale (si veda “IMU nelle procedure liquidatorie in cerca di regolamentazione” del 24 agosto 2023).

Conto e carta

difficile da pignorare

 

Secondo i giudici di legittimità il citato art. 10 deroga al regime impositivo generale e la norma ivi contenuta deve essere ritenuta di stretta interpretazione in quanto di natura agevolativa, nonostante i giudici di appello abbiano affermato che il “mero differimento temporale del pagamento dell’IMU non possa costituire un’agevolazione fiscale, seppure esso sia stato disposto da una legge”.

La sentenza della Cassazione, quindi, ritiene che la norma in argomento costituisca una vera e propria agevolazione in quanto, “affinché una norma possa ascriversi tra quelle agevolatrici non occorre che stabilisca una totale esenzione dal tributo ma appare sufficiente che, come nel caso in esame, detti un regime speciale che esenta il contribuente dal pagamento di interessi e sanzioni o prevede tempi e modi di pagamento differenti da quelli ordinari”.
Conseguentemente l’art. 10 comma 6 del DLgs. 504/92 non può esteso alle procedure di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi ex DLgs. 270/1999 (giova ricordare che alle stesse conclusioni è giunta l’ordinanza della Corte di Cassazione 15 marzo 2019 n. 7397).