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Usa, il maxi-disegno fiscale copia la revisione del Reddito di cittadinanza italiano


Una legge di Bilancio Usa che ha dei tratti di italianità, da una parte, ma che dall’altra vuole attirare il maggior numero di imprese europee sul territorio americano. Il maxi-disegno fiscale, approvato alla Camera dei Rappresentanti e che nei prossimi giorni avrà l’ok anche dal Senato, ripropone in chiave americana la revisione del reddito di cittadinanza voluta dal governo di Giorgia Meloni. Nel testo si legge infatti come «gli adulti normodotati, senza persone a carico» devono smettere di prendere i sussidi e lavorare. Nel dettaglio, spiega Gabriel Monzon Cortarelli dello studio Becker & Poliakoff di Washington, «sono previsti dei requisiti di lavoro più severi per i programmi di aiuto federali come i buoni pasto e l’assistenza temporanea». Se si vogliono continuare a ricevere i contributi «ci si deve iscrivere a corsi di formazione o lavorare».

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Una misura che prende dunque ispirazione dalla revisione del reddito di cittadinanza italiano e che ha come scopo quello di aumentare l’occupazione. Obiettivo necessario visto che con i dazi e i tagli dei posti di lavoro a livello federale, le prospettive economiche sono meno chiare del solito.

E dunque è anche in questa ottica che deve essere letto il pacchetto di misure per attirare più imprese europee possibili sul suolo Usa. Il maxi-disegno fiscale dà infatti ampio spazio a queste misure che puntano ad «attirare investimenti in settore come i semiconduttori, i veicoli elettrici e i prodotti farmaceutici», spiega Cortarelli che sottolinea come ciò potrebbe avere effetti indiretti sul «settore manifatturiero italiano, in particolare per le aziende integrate nelle catene di fornitura rivolte agli Stati Uniti o che competono in mercati di esportazione di alto valore».

Le aziende italiane potrebbero avere due scenari: subire una forte pressione competitiva con i competitor americani oppure riuscire a sviluppare opportunità di partnership con realtà Usa. «Ad esempio», spiega l’avvocato, «le aziende italiane del settore manifatturiero avanzato o delle tecnologie per l’energia pulita potrebbero posizionarsi come collaboratori per progetti con sede negli Stati Uniti», sfruttando in modo indiretto dei vari incentivi fiscali a stelle e strisce.

Il pacchetto di incentivi fiscali

Sono tre le misure principali che l’amministrazione Trump ha inserito nel maxi-disegno fiscale americano. Gli obiettivi sono due: incentivare le imprese straniere ad ampliare la propria attività negli Usa e contemporaneamente attrarre sempre più imprese europee sul suolo americano. E dunque, per chi vuole reinvestire negli Usa, modernizzare e sviluppare sempre di più le strutture, già esistenti, la legge di Bilancio prevede importanti «crediti di imposta». Come «la deduzione del 100% del costo dei macchinari, delle attrezzature e di alcune migliorie interne, ammissibili nello stesso anno in cui viene effettuato l’investimento», spiega Cortarelli. La seconda agevolazione sono i benefici fiscali previsti anche per chi investe in ricerca e sviluppo e anche in questo caso si parla di una deduzione del 100%. Terzo, la riduzione della burocrazia. Come anticipato da ItaliaOggi il 28 aprile 2025, l’amministrazione Trump ha infatti messo in campo un team per aiutare chi vuole investire negli Usa, in termini di snellimento delle varie pratiche burocratiche.

Il ruolo dei dazi nella legge di Bilancio Usa

La legge di Bilancio americana ha messo nero su bianco l’importanza dei dazi per i progetti economici e fiscali di Trump. Nel dettaglio, il testo prevede tariffe sulle importazioni cinesi come «i veicoli elettrici, i prodotti solari e i semiconduttori tradizionali», spiega Cortarelli. Si tratta di un approccio che ricalca il primo mandato di Trump e la sua avversione verso la Cina e le auto/batterie verdi. Misure che però servono anche per finanziare una parte dei tagli fiscali e le risorse impegnate nella lotta contra l’immigrazione. La partita con l’Ue si gioca su un altro campo. L’obiettivo è trovare un accordo e ottenere modifiche su alcune misure come l’Iva e la digital tax. In questo caso non si tratta di trovare ulteriori entrate, ma di riscrivere le regole di libero scambio tra i due blocchi occidentali.

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