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L’alto (e mal spartito) costo della carbon tax


La carbon tax rimane uno strumento efficace per la riduzione delle emissioni inquinanti, ma il costo che porta con sè è elevato e, stando ad uno studio sul caso Europa, mal spartito.

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La storia recente, recentissima, ci ha insegnato che mettere in atto politiche per la transizione energetica comporta notevoli rischi se mancano coordinazione internazionale ed un accurato piano di redistribuzione e sostegno ai settori economici più colpiti. Abbiamo visto quanto accaduto per l’automotive europeo, ma una situazione delicata potrebbe verificarsi anche nel caso di una più strutturale applicazione della carbon tax. Uno strumento potente per ridurre le emissioni, ma allo stesso tempo colmo di effetti collaterali.

Uno studio pubblicato su VoxEU da Simon Glöser-Chahoud, Jan Leroutier, Christian von Hirschhausen e Jan-Christoph Riekhof, analizza con dati alla mano gli effetti distributivi del carbon pricing a livello regionale in Europa, rivelando dinamiche tutt’altro che intuitive.

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Il carbon pricing, ovvero la tassazione delle emissioni di CO₂, è considerato uno degli strumenti più efficaci per ridurre l’impatto ambientale dell’economia. Tuttavia, il costo non è distribuito equamente. I ricercatori hanno analizzato 271 regioni europee (NUTS-2) simulando gli effetti di un prezzo del carbonio uniforme di 50 €/tonnellata di CO₂, basato sui dati del 2019, escludendo però il settore agricolo.

Il risultato? Uno squilibrio marcato. Le regioni più colpite sono quelle più industrializzate e con maggiore intensità carbonica: in media, il costo aggiuntivo per queste regioni può arrivare fino all’1,1% del valore aggiunto regionale. Tra le regioni più esposte troviamo l’Est della Germania, la Polonia, la Slovacchia e alcune aree del Nord Italia. Al contrario, molte regioni dell’Europa occidentale e settentrionale – come la Scandinavia, la Francia e i Paesi Bassi – subiscono un impatto ben più contenuto, spesso inferiore allo 0,3%.

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Questa disuguaglianza non è solo economica ma anche sociale: le regioni più vulnerabili sotto il profilo economico tendono a essere anche le più penalizzate dal carbon pricing. Gli autori sottolineano come questo elemento possa avere forti ricadute anche sul piano politico, accentuando il rischio di opposizione politica e sociale alla transizione verde.

Per evitare che la transizione ecologica si trasformi in un processo regressivo, lo studio propone l’introduzione di meccanismi redistributivi su base territoriale. Ad esempio, le entrate derivanti dal carbon pricing potrebbero essere reinvestite a livello locale, per sostenere i lavoratori e le imprese più colpite o per finanziare infrastrutture verdi nelle regioni più esposte.

Foto di Andrew Martin



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