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difficile da pignorare

 

Pnrr, per le aree interne ampliato il budget: maggiori fondi al Sud


La completa attuazione del Pnrr è fondamentale per la crescita del Paese, soprattutto in un contesto geoeconomico carico di tensioni, a partire dall’impatto dei dazi e dalle incognite delle guerre in corso a ridosso dei confini dell’Europa e del Mediterraneo.

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Lo sottolineano gli esperti del Fondo Monetario Internazionale che hanno appena concluso le consultazioni annuali con l’Italia. L’Fmi riconosce che «gli sforzi attuali delle autorità per portare avanti l’agenda di riforme e investimenti attraverso il Pnrr sono positivi così come gli impegni di più lungo periodo previsti nel Quadro di finanza pubblica a medio termine. Con la finestra temporale del Pnrr che si avvia rapidamente alla chiusura si legge nel rapporto – sarà essenziale proseguire con determinazione per garantirne una piena e tempestiva attuazione».

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Inoltre, per il Fondo Monetario «sfruttare le lezioni apprese nella progettazione e implementazione del Pnrr sarà utile per l’esecuzione efficace delle riforme future e per garantire una crescita duratura». E sulla priorità di queste ultime, l’Fmi spiega che «le riforme dovrebbero essere chiaramente definite e dare priorità al rafforzamento del capitale umano, all’ampliamento dell’offerta di lavoro e alla rivitalizzazione della capacità del settore privato di innovare e adottare tecnologie all’avanguardia».

Secondo gli ispettori, il potenziamento della forza lavoro «è essenziale per mitigare l’impatto della riduzione della popolazione in età lavorativa e per rispondere alla crescente domanda di lavoro altamente qualificato». In più, le politiche che puntano ad aumentare la partecipazione femminile al mercato del lavoro «dovrebbero essere ulteriormente rafforzate, in quanto favorirebbero sia la crescita economica sia la sostenibilità del sistema pensionistico». Insomma, l’accelerazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, su cui da tempo insiste anche il Governo italiano, resta la priorità assoluta, a distanza di poco più di un anno ormai dalla scadenza dei termini per la chiusura dei cantieri.

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Giugno sarà, peraltro, un mese decisivo perché dovrebbe approdare in Parlamento e successivamente essere trasmessa alla Commissione Ue la nuova, annunciata e ampia rimodulazione del Pnrr che inciderà sul contenuto delle ultime tre rate di pagamento. Le anticipazioni dei giorni scorsi, anche da parte della premier Meloni, fanno capire che una quota importante, pari a circa 15 miliardi, di risorse non spese e sicuramente non spendibili entro il 30 giugno 2026 dovrebbe essere destinata alle imprese danneggiate dai dazi di Usa e Cina. Ma giugno è anche il termine ultimo, fissato dalla Commissione nell’ambito della riforma di medio termine della Politica di Coesione proposta dal vicepresidente Raffaele Fitto, per indicare a Bruxelles i progetti Pnrr che verranno finanziati dalle risorse nazionali della Coesione essendo in ritardo sui tempi fissati dall’Ue.

Le aree interne

Di sicuro, la sfida del Pnrr, che secondo una previsione della Bce dovrebbe spingere il Pil italiano tra l’1,3% e l’1,9% cumulato in più fino al 2026 (al netto ovviamente delle incognite internazionali, richiamate in precedenza, che già hanno fatto sentire in questi mesi il loro peso), resta a dir poco decisiva. Lo si comprende anche dalla ormai imminente ufficializzazione del nuovo Piano strategico nazionale delle aree interne messo a punto dalla Cabina di regia di Palazzo Chigi. Anche il Pnrr garantirà infatti le risorse necessarie, passate dai 281 milioni della vecchia programmazione 2014-20 ai 310 del ciclo 2021-27, di cui 172 milioni destinati ad altre 43 Aree interne che vanno ad aggiungersi alle 72 già esistenti (ulteriori 13 Aree sono invece individuate e finanziate direttamente dalle Regioni).

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Il nuovo Piano, che coinvolge 3.834 Comuni e oltre 13 milioni di abitanti, impatta in modo sostanziale sul Mezzogiorno: è qui infatti che si concentrano il 67% del totale dei Comuni e il 36% della popolazione. Trasporti, sanità e scuola le linee guida per recuperare standard di vivibilità e anche di attrattività a questi territori sulla cui centralità, in termini di freno allo spopolamento e alla fuga dei giovani oltre che di riduzione della pressione abitativa sulle grandi città, insiste molto anche l’Ue. Nella riforma della Coesione, infatti, si fa esplicito riferimento alla necessità di rilanciare il ruolo delle aree interne come fattore strategico di riequilibrio territoriale e demografico. Piccoli Comuni, borghi e isole minori, ha spiegato Fitto anche al recente “Verso Sud” di Ambrosetti a Sorrento, sono punti fermi della nuova e più moderna Politica di coesione europea che si sta programmando, il paradigma cioè degli obiettivi e delle priorità che devono adeguare l’Ue ai cambiamenti in atto, dentro e fuori dei suoi confini.





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