Le Considerazioni di Panetta, Trump alza i dazi sull’acciaio e congeda Musk, scontro Macron-Israele |
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«L’Europa è indietro rispetto agli Stati Uniti nell’innovazione tecnologica e viene incalzata da Cina e Paesi emergenti. L’Italia ha migliorato i saldi di finanza pubblica, come riconosciuto anche dalle agenzie di rating, e ha mostrato segni di “ritrovata vitalità economica”, ma è in ritardo sugli investimenti in ricerca e innovazione e ha una forza lavoro che invecchia mentre parte dei giovani laureati emigrano, non compensati da immigrati di qualità». Enrico Marro riassume così il cuore delle Considerazioni finali lette ieri dal governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, a Palazzo Koch. Un Panetta insieme preoccupato e fiducioso: preoccupato soprattutto per la guerra commerciale scatenata dall’amministrazione Trump (che, quando in Italia era notte, ha annunciato di voler raddoppiare quelli sull’acciaio e l’alluminio importati, portandoli al 50%): «Potrebbe sottrarre quasi un punto percentuale alla crescita mondiale» in un biennio». Ma il rischio più profondo è che il commercio «si trasformi in una fonte di divisione, alimentando l’instabilità politica e mettendo a repentaglio la pace». In questo scenario, l’Europa, secondo Panetta, deve investire nella difesa, ma non con «fondi nazionali e prestiti» come propone la commissione Ue, bensì con «un programma unitario sostenuto da debito europeo», e deve colmare il gap con gli Stati Uniti, in particolare sugli investimenti in ricerca e innovazione. In una prospettiva di globalizzazione dei servizi l’Europa, deve recuperare posizioni. Oggi «rischi insidiosi derivano dalla concentrazione di potere in poche grandi imprese globali», i giganti americani del web. Se ha criticato la guerra dei dazi di Trump, Panetta non è stato tenero nemmeno con l’Unione europea. Anzi, Marro scrive che «la sferzata all’Europa, che “deve ripensare il modello di sviluppo”, è il cuore della relazione». «Negli ultimi trent’anni, la produttività del lavoro nell’Unione europea è cresciuta del 40%, oltre 25 punti percentuali in meno degli Stati Uniti. Dal 2019 il divario si è ampliato» ha detto Panetta. E quel divario è dovuto alla «difficoltà di innovare. In rapporto al Pil le imprese europee investono in ricerca e sviluppo la metà di quelle statunitensi». Nell’intelligenza artificiale «i brevetti europei sono meno di un quinto» di quelli Usa. È «cruciale», dice il governatore, «introdurre un titolo pubblico europeo» (non l’ha chiamato eurobond, ma di quello si tratta). Si attiverebbero così «investimenti aggiuntivi per 150 miliardi di euro all’anno» e il Pil salirebbe dell’1,5%, addirittura di tre volte tanto in caso di investimenti ad alto contenuto tecnologico. Sul fronte della politica monetaria, invece, «lo spazio per ulteriori riduzioni dei tassi di interesse si è naturalmente assottigliato», dopo i tagli già effettuati. E l’Italia? Il governatore non nega le luci: «I fondamentali della nostra economia sono nettamente migliorati»; negli ultimi cinque anni, «il Pil è aumentato di circa il 6%» e gli occupati di un milione; «l’industria italiana non è destinata al declino» (qui i dati Istat sul «sorpasso», in crescita del Pil, sulla Francia, raggiunta anche nel Pil pro capite). Ma non nasconde le ombre: è «urgente intervenire sul costo dell’energia» mentre «il problema centrale rimane la produttività» e, con essa, il «basso livello dei salari». Sulla crescita influisce l’attuazione del Pnrr: «L’Italia ha finora ricevuto 122 miliardi e ne ha utilizzati oltre la metà», ma ci sono «ritardi». In prospettiva, è soprattutto l’invecchiamento della popolazione a preoccupare: entro il 2040 il numero di persone in età lavorativa si ridurrà di 5 milioni, con la conseguenza che il Pil potrebbe contrarsi dell’11%. Sul versante dei conti pubblici, invece, dopo i miglioramenti degli ultimi anni, bisogna «mantenere una politica di bilancio prudente» per via dell’alto debito. Infine, dopo aver sottolineato che il risiko bancario, con la caccia alle acquisizioni, è figlio anche di «tre anni di forti profitti che hanno messo a disposizione delle banche risorse significative, oggi impiegate per avviare iniziative che ridurrebbero la frammentazione del mercato creditizio» e il monito affinché le operazioni di concentrazione siano «concepite e volte unicamente alla creazione di valore», offrendo a imprese e famiglie «finanziamenti adeguati per quantità e costi», Panetta ha lanciato un allarme sulle criptovalute. O, più nello specifico, sui rischi del proliferare di criptoattività come i Bitcoin, privi di un sottostante e scambiati in «contesti non regolamentati, opachi» L’Europa, piuttosto, deve a suo avviso a proseguire sul progetto di euro digitale. Scrive, al riguardo, Federico Fubini nel suo editoriale: «L’euro digitale suona quasi come una curiosità tecnologica: la possibilità (non l’obbligo) di pagare un caffè al bar o un televisore al centro commerciale tramite un’app collegata al conto di ciascun cittadino direttamente presso la Banca centrale europea; è l’equivalente digitale del contante che oggi si ritira, sempre meno spesso, al bancomat. L’euro digitale potrebbe poi estendersi ai pagamenti internazionali, l’invio delle rimesse di un migrante al Paese di origine o il saldo di una partita di caffè dal Brasile. Tutto questo diventa strategico — ha fatto capire ieri Panetta — perché intanto l’amministrazione americana sta facendo degli stablecoin la propria politica ufficiale. Trump ha firmato un ordine esecutivo in proposito e una legge, Genius Act, viaggia già al Congresso. Gli stablecoin a prima vista sembrano una versione privata della moneta digitale e l’amministrazione americana mira apertamente a diffonderne l’uso in tutto il mondo, perché essi sono sostenuti da titoli di Stato Usa in dollari: usarli per pagare un noleggio auto a Taormina o un affitto breve a Firenze significa trasferire depositi da euro a dollari, senza capirlo erodendo la nostra sovranità monetaria e finanziando il debito americano. Trump vuole gli stablecoin per questo e perché rappresentano per lui un metodo di arricchimento personale (il presidente oggi emette il proprio stablecoin, chiamato USD1). Ma Panetta avverte degli enormi rischi di instabilità insiti in queste criptovalute sostenute dalla Casa Bianca e dell’uso potenziale per traffici di droga o riciclaggio. Queste cripto teoricamente «stabili» non sono infatti vigilate e regolate in alcun modo. Eppure possono prendere piede anche in Europa e in Italia nei prossimi anni, se non si forma un’alternativa solida e affidabile in euro: «Serve una risposta all’altezza della trasformazione tecnologica in atto», dice il governatore». (Qui un’analisi di Daniele Manca e Gianmario Verona; di euro digitale avevamo parlato anche in una nostra recente Rassegna). L’editoriale di Carlo Cottarelli a commento della relazione di Panetta inizia così: «In quelle che sono, a mio giudizio, tra le migliori Considerazioni finali del governatore della Banca d’Italia degli ultimi anni, Fabio Panetta ha tracciato un quadro dell’economia mondiale, europea e italiana caratterizzato da un appropriato equilibrio tra l’illustrazione dei rischi che affrontiamo, dei punti di forza esistenti, e delle nostre debolezze». (Qui le reazioni del mondo politico) Trump attacca la Cina (e congeda Musk) Le tensioni tra Washington e Pechino sono di nuovo aumentate dopo che Donald Trump ha accusato la Cina di avere infranto il suo accordo commerciale con gli Stati Uniti. «Ho fatto un ACCORDO VELOCE con la Cina per salvarli da una brutta situazione… Per via dell’accordo, tutto si era stabilizzato rapidamente», ha scritto il presidente ieri sul suo social Truth, lamentando, a caratteri cubitali, che la Cina «HA TOTALMENTE VIOLATO IL SUO ACCORDO CON GLI STATI UNITI». I mercati sono crollati ancora una volta, dopo questo messaggio. Trump non ha specificato come la Cina avrebbe violato l’accordo fatto a Ginevra, ma un funzionario Usa ha detto all’agenzia Reuters che sembra che Pechino si stia muovendo troppo lentamente nel rimuovere (come previsto dall’accordo) le contromisure che limitano l’esportazione di metalli critici necessari per i semiconduttori e per l’industria della difesa Usa. Ma anche l’ambasciata cinese a Washington suggerisce che gli Stati Uniti non stanno rispettando l’accordo imponendo per esempio limiti all’export dei superconduttori. Come accennato sopra, Trump ha anche annunciato di voler raddoppiare i dazi sull’acciaio e l’alluminio portandoli al 50%. E mentre continua la battaglia giuridica sulla legittimità di molti di quelli decretati dalla Casa Bianca, Trump si dice sicuro di vincerla e ribadisce: «I dazi sono molto importanti: senza, il nostro Paese sarebbe in pericolo». Ma ieri è stata anche la giornata in cui Donald Trump ha congedato Elon Musk, dopo il lavoro come capo del Doge, il “ministero” per l’efficienza governativa (leggi: tagli di posti pubblici). Il dono d’addio è stata una grossa chiave dorata della Casa Bianca. Il patron di Tesla, SpaceX, X e molto altro si è limitato a ringraziare (e ad aggirare una domanda sull’inchiesta del New York Times secondo cui, in campagna elettorale, avrebbe aumentato il proprio uso di droghe) ammettendo che gli obiettivi iniziali – risparmi per duemila miliardi di dollari – non sono stati raggiunti perché alterare i meccanismi della burocrazia si è rivelata impresa proibitiva. Per ora i risparmi, secondo Musk, sono fermi a quota 160 miliardi, ma lui è certo che cresceranno nei prossimi anni. Anche se molti nemici giurati di Musk dentro l’amministrazione (dal segretario di Stato Marco Rubio a quello al Tesoro Scott Bessent) esultano per la fine della sua esperienza “governativa”, Massimo Gaggi parla più di arrivederci che di addio: «Oggi il «divorzio» di Musk, sicuramente non privo di traumi, non va considerato una rottura radicale non solo perché nel governo Trump restano molti personaggi espressi dai tre leader trumpiani della Silicon Valley (Musk, Peter Thiel e Mark Andreessen, ndr) , ma anche perché dal 2017 a oggi il peso delle tecnologie digitali (e delle loro aziende) è enormemente cresciuto mentre l’era dell’intelligenza artificiale (AI) ha funzionato da ulteriore acceleratore. Musk fornisce missili, astronavi, satelliti, comunicazioni e altre tecnologie per decine di miliardi al Pentagono e alla Nasa, ma anche Palantir e Anduril di Thiel sono essenziali per servizi segreti e Difesa Usa, che elargiscono commesse gigantesche. E il venture capitalist Andreessen investe in quasi tutte le imprese strategiche che il governo Usa è interessato a sostenere. Ma anche Trump, deciso a tenere testa alla Cina nella sfida dell’AI, non può fare a meno dei suoi amici della Silicon Valley come anche di altri operatori a partire da OpenAI di Sam Altman». Macron-Israele, è scontro aperto Si alza il livello dello scontro fra Gerusalemme e Parigi. Il presidente francese Emmanuel Macron torna ad attaccare Israele dopo le «azioni concrete» minacciate giorni fa, assieme a Canada e Regno Unito, se non fossero cessate l’offensiva e le restrizioni sugli aiuti umanitari a Gaza. Ieri, parlando ai giornalisti da un forum sul tema della difesa a Singapore, Macron ha detto che «il blocco umanitario a Gaza sta creando una situazione insostenibile sul campo» e che «se non ci sarà una risposta adeguata alla situazione umanitaria nelle prossime ore e nei prossimi giorni, ovviamente dovremo inasprire la nostra posizione collettiva». È un invito agli altri Paesi europei ad adottare azioni più dure contro Israele. Macron ha ripetuto di voler riconoscere lo Stato di Palestina, definendolo un «dovere morale e una necessità politica». «Se abbandoniamo Gaza, se consideriamo che Israele abbia carta bianca, anche se condanniamo gli attacchi terroristici, azzereremo la nostra credibilità, ed è per questo che rifiutiamo i doppi standard» ha detto. E infine il riferimento al fatto che la Francia potrebbe prendere in considerazione l’applicazione di sanzioni contro i coloni israeliani. La replica di Israele — durissima — è arrivata con le parole di Israel Katz, il ministro degli Esteri. «I fatti non interessano a Macron» che sta conducendo «una crociata contro lo Stato ebraico», ha commentato via social. «Non esiste alcun blocco umanitario, è una palese menzogna. Israele sta facilitando l’ingresso di aiuti a Gaza attraverso due iniziative parallele. Invece di fare pressione sui terroristi jihadisti, Macron vuole ricompensarli con uno Stato palestinese. Senza dubbio, la sua festa nazionale sarà il 7 ottobre». Quanto all’imminenza di un cessate il fuoco a Gaza («Siamo molto vicini, si saprà oggi o domani», ha detto Donald Trump), Peter Beinart, scrittore e giornalista ebreo-americano, collaboratore del New York Times, che ha appena pubblicato in Italia Essere ebrei dopo la distruzione di Gaza (Baldini+Castoldi), dice a Viviana Mazza: «Non penso che Netanyahu voglia il cessate il fuoco, ma se lo accetta sarà perché è stato messo sotto vera pressione, specialmente dagli Stati Uniti ma anche dagli europei, una pressione legata anche al fatto che l’opinione pubblica su Gaza sta davvero cambiando». (Qui le voci dalla Striscia, con i bambini che chiedono cosa sia la pace, raccolte da Greta Privitera) Il sondaggio di Pagnoncelli L’esito delle recenti amministrative avrebbe avuto un effetto di traino per le opposizioni, secondo il periodico sondaggi di Nando Pagnoncelli sulle intenzioni di voto degli italiani. «Il Partito democratico cresce, rispetto allo scorso mese, di oltre un punto, passando dal 21,1% di aprile all’attuale 22,3%. Lo stesso avviene, in misura più contenuta, per il Movimento 5stelle, che passa dal 13,9% al 14,6%». Fratelli d’Italia scende di qualche decimale (oggi stimati al 27,3%, erano al 27,7% un mese fa); la Lega ha un calo analogo (dall’8,2% al 7,8%), gli stessi dati numerici di Forza Italia. «Se si guarda alle coalizioni ipotizzabili (con quella di centrosinistra, stando in particolare alle opinioni dei dirigenti pentastellati, ancora decisamente da costruire), il campo largo sarebbe decisamente in maggioranza. Ma, come sappiamo, le alleanze locali, dove è più semplice costruire accordi sui temi, si fanno più complesse a livello nazionale», scrive Pagnoncelli. (Ne scrive anche Massimo Franco nella sua Nota)
La pagina sportiva Ormai ci siamo. Stasera, alle 21, a Monaco di Baviera, l’Inter si gioca la Champions League contro il Paris Saint-Germain. Oltre alle anticipazioni sulla sfida, sul Corriere di oggi trovate il racconto di Beppe Severgnini, interista doc, e l’analisi tecnica di Paolo Condò. Intanto, dopo i no di Antonio Conte (che resta al Napoli) e di Gian Piero Gasperini (che per il dopo Atalanta ha scelto la Roma), la Juventus si trova ancora a caccia di un allenatore. Ormai ci siamo anche per il Giro d’Italia. La tappa di oggi – con l’ascesa, in parte sterrata, ai 2.178 metri del Colle delle Finestre, Cima Coppi di questa edizione – sarà, quasi di sicuro, quella decisiva. Come scrive Marco Bonarrigo: «Salvo sorprese, è qui che Isaac Del Toro e Richard Carapaz si giocheranno un Giro che dopo 74 ore di corsa li vede separati da soli 43”, un distacco che lungo un Mostro del genere si può colmare (o raddoppiare) in cinquecento metri». Da leggere La rubrica “Settegiorni” di Francesco Verderami, dedicata ai rapporti fra Giorgia Meloni e gli altri leader europei («’Sta storia che sarei isolata mi ha stufato. Ma se sono diventata un infopoint h24…», avrebbe confidato a un ministro). L’intervista di Paola Di Caro a Giulia Bongiorno, presidente della commissione Giustizia, che difende l’introduzione di una legge per il reato di femminicidio (nonostante la raccolta firme di un nutrito gruppo di giuriste per bloccarla) e aggiunge: «Oggi i ragazzi crescono più velocemente di un tempo e forse potrebbe essere utile anche valutare la possibilità di abbassare l’età dell’imputabilità da 14 a 12 anni». L’intervista di Federico Cella a Daniel Ek, fondatore di Spotify. L’intervista di Andrea Di Caro all’ex capitano ed ex allenatore della Roma Daniele De Rossi. Il corsivo di Sergio Harari sui troppi silenzi e le strane assenze nella lotta al fumo (oggi è la Giornata mondiale senza tabacco). L’intervento di Massimo Nava sulla guerra delle parole sull’Ucraina. Il Caffè di Gramellini Ma è normale che una bambina di 12 anni si fidanzi e nessuno dica niente? si chiede il governatore campano De Luca a proposito del femminicidio di Martina Carbonaro. Grazie aver letto Prima Ora e buon fine settimana (qui il meteo e qui un consiglio per il weekend: è il sito del festival Trame Sonore, a Mantova. La musica da camera come non l’avete mai ascoltata, a meno che ci siate già stati) gmercuri@rcs.it; langelini@rcs.it; etebano@rcs.it; atrocino@rcs.it |
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