CREMONA – Parafrasando la massima attribuita a Massimo d’Azeglio dopo la raggiunta unità — «L’Italia è fatta, bisogna fare gli italiani» —, potremmo dire l’università è fatta, bisogna fare la Cremona universitaria. E dovrà essere assai più di una semplice città che ospita universitari. Un’operazione di pedagogia sociale da perseguire con uno sguardo all’interno per creare il clima capace di andare oltre l’orizzonte dell’oggi, e uno sull’esterno, per generare la ‘voglia di Cremona’ nei potenziali studenti e nelle aziende possibili partner dei nostri atenei.
Un’operazione resa non rinviabile dall’annuncio di fine ristrutturazione della ex caserma Manfredini, oggi nuovo campus Città di Cremona del Politecnico di Milano: a giugno il trasferimento da via Sesto e in autunno il via ufficiale. Una struttura capace di ospitare fino a 1.900 studenti. Questo intervento è stato pensato e finanziato dalla Fondazione Arvedi Buschini, al pari della rinascita della sede in Santa Monica dell’Università Cattolica, che, peraltro, potrà giovarsi anche dello studentato nell’ex Provveditorato di piazza XXIV Maggio. È infatti delle ultime ore l’atteso disco verde al cantiere da parte della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio. Questo lo stato dell’arte, ma non finisce qui. Il progetto di nuovo ospedale prevede l’arrivo di corsi di alta formazione che potrebbero esservi portati dall’Università degli Studi di Brescia, peraltro già presente in città con la laurea in professioni sanitarie. Tra le ipotesi ce n’è uno in lingua inglese. Il Dipartimento di musicologia e beni culturali dell’Università di Pavia e il Conservatorio Monteverdi completano l’offerta accademica di una città chiamata ora alla sfida collettiva di valorizzare al massimo questo patrimonio di scienza, conoscenza ed economia.
L’obiettivo dichiarato è arrivare nel breve periodo ad avere almeno quattromila studenti universitari, contro i poco più di 2.200 attuali. Un salto di qualità destinato a portare nuove energie alla città, ponendo però una grande sfida collettiva. Finalmente, si potrebbe dire: avere sogni che diventano obiettivi concreti significa fare il pieno di energia vitale, alimentare la ‘fame’ di futuro che messa a terra trasforma la città e l’intero territorio provinciale con rinnovato dinamismo, spinta per l’economia e per una ancor maggiore vivacità culturale e sociale. In parole povere, migliore qualità della vita per i suoi residenti. Una sfida da giocare prima di tutto in casa e poi anche in ‘trasferta’, per dirla usando il gergo sportivo. Con una premessa: l’intero sistema deve crederci e, di conseguenza, muoversi coerentemente. Per cominciare tra le mura amiche, perché Cremona città universitaria va raccontata ai cremonesi stessi, alcuni (pochi per fortuna) preoccupati soltanto di difendere la loro tranquilla routine di vita dalla presunta invasione di giovani in cerca di momenti di allegra socializzazione oltre che di buoni studi. Così facendo ci si restringe l’orizzonte rischiando l’autoestinzione anche a causa dell’inverno demografico. Va messo in campo un modo nuovo di pensare la città, i suoi servizi, la sua identità, le sue relazioni. Solo così si potrà procedere con un altro fronte della comunicazione, per raggiungere studenti e famiglie di tutta Italia, ma anche oltreconfine, e spiegare loro che oltre alla qualità dell’offerta formativa, Cremona è luogo dove vale la pena di vivere e crescere serenamente e con profitto in termini sia intellettuali che di joie de vivre.
Anche il sistema economico ha una responsabilità centrale: l’estensione al massimo fattore possibile del rapporto con le università del territorio. Una collaborazione virtuosa capace di generare crescita economica aumentando il grado di innovazione del territorio e la formazione di competenze professionali d’avanguardia, capitale umano che può valorizzare le imprese stesse. È quella che viene chiamata terza missione dell’università, accanto alla didattica e alla ricerca. Nella Cremona universitaria gli atenei stanno dimostrando di crederci già, valorizzando così gli ingenti investimenti messi in campo dalla Fondazione Arvedi Buschini che ha messo a loro disposizione dei campus gioiello.
Lo fa già con convinzione la Cattolica, ne hanno piena coscienza al Politecnico di Milano, tanto che la rettrice Antonella Sciuto, entusiasta del nuovo campus all’ex Manfredini, ha annunciato un notevole piano di sviluppo che passa attraverso il potenziamento di Ingegneria informatica e delle magistrali in Agricultural Engineering e Sound and Music Engineering oltre che nell’avvio – e qui sta la novità – a settembre 2026 di una nuova laurea triennale in inglese, Process systems engineering. Una peculiarità, quest’ultima, tutta cremonese, molto ben ‘vendibile’ nel mondo.
Sapere moderno volto al futuro dentro mura antiche, che passa attraverso la fusione armoniosa tra la cultura umanistica ed estetica e le più avanzate conoscenze e tecniche scientifiche. ‘Matrimonio’ indispensabile per la costruzione di un domani a misura d’uomo. Un concetto sottolineato, non senza emozione, dallo stesso cavalier Giovanni Arvedi, che per primo ha avuto la visione di Cremona città universitaria investendoci passione e cospicui capitali, quando ha introdotto il sopralluogo a conclusione dei lavori della sede di via Bissolati.
Sempre a proposito di rivalutazione di immobili storici e di pregio dedicandoli alla scienza e al connubio ricerca-imprese, vale la pena di dirigere lo sguardo su Crema, e più precisamente sulla cascina Pierina di via Bramante. Un bene molto prezioso in portafoglio del Comune, da anni in decadente attesa di ritrovare un’identità e una funzione pubblica, ora riportata al centro di un progetto di riqualificazione e valorizzazione che dovrebbe restituirne la fruizione alla collettività. Dopo mille ipotesi di utilizzo, spesso fantasiose e comunque naufragate, ora sembra avere trovato finalmente una ragione di esistere, trasformandosi in ‘casa della cosmesi’. Questione di pochi giorni e dovrebbe diventare realtà la costituzione del cluster della cosmesi con sede a Crema. Un’ipotesi portata avanti con decisione da Marco Bressanelli, presidente di Reindustria, con la ‘complicità’ del senatore Renato Ancorotti e del sindaco Fabio Bergamaschi. Tradotto in pratica significa laboratori di ricerca e sviluppo nell’ex università che troverebbe così nuova linfa vitale. Da qui l’idea di portare nella adiacente cascina il quartier generale dell’intero sistema lombardo del beauty (con tanto di museo della bellezza) che vede in Crema e nel Cremasco il cuore pulsante del quadrilatero d’oro della bellezza, con Bergamo, Milano e Brianza. Ne ha parlato Bergamaschi, d’accordo con Ancorotti, a conferma che l’interlocuzione con la Regione Lombardia è già concretamente avviata. Come nelle università cremonesi, anche qui passato, presente e futuro possono essere coniugati felicemente. A patto di crederci davvero fino in fondo e di investirci le necessarie energie economiche ma soprattutto intellettuali e progettuali.
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