LAMEZIA TERME È una ‘ndrangheta che diversifica gli investimenti, si infiltra in ogni settore, ma il cui core business resta il traffico di droga. Lo hanno dimostrato le recenti inchieste contro la criminalità organizzata calabrese: nonostante gli interessi in appalti, economia e anche criptovalute, il giro d’affari del narcotraffico è sempre quello prioritario e più remunerativo. Un ruolo predominante, a livello globale, per la ‘ndrangheta, che ha ben saputo sfruttare la rete criminale creata all’interno dei porti italiani, strategici per la loro posizione che li rende fondamentali per lo smercio di droga in tutta Europa. «La maggior parte della droga che arriva non viene intercettata» aveva dichiarato il comandante della Legione Carabinieri Calabria Riccardo Sciuto, riguardo l’operazione Millennium contro le cosche reggine. Un’inchiesta che ha ulteriormente dimostrato il ruolo fondamentale ricoperto dal porto di Gioia Tauro.
Il report di Libera: 56 clan censiti in 30 anni
Ma che i porti siano infrastruttura fondamentale per la ‘ndrangheta emerge anche dal rapporto “Diario di Bordo. Storie, dati e meccanismi delle proiezioni criminali nei porti italiani”, presentato da Libera stamattina a Genova, curato da Francesca Rispoli, Marco Antonelli e Peppe Ruggiero. In circa 30 anni, dal 1994 al 2023, sono stati censiti ben 56 clan legati alla ‘ndrangheta e operanti nei nove porti calabresi. Nel solo 2024 sono tre gli scali in Calabria in cui sono stati segnalati casi di criminalità: Villa San Giovanni, Catanzaro e Gioia Tauro. È quest’ultimo che detiene il triste primato di porto più sfruttato dalla criminalità organizzata con 8 episodi, consolidandosi come «hub italiano per il traffico internazionale di cocaina». Lo scorso anno sono state sequestrate circa 3,8 tonnellate di cocaina, un dato ancor più allarmante se si considerando le parole del generale Sciuto. Tre i carichi più ingenti intercettati dalle forze dell’ordine: a maggio, 250 chili dall’Ecuador, a settembre 280 chili e a ottobre 790 chili. Sequestri che avrebbero fruttato alla criminalità organizzata calabrese oltre 300 milioni di euro.
A Gioia Tauro il traffico di armi
Non solo droga, ma il porto di Gioia Tauro – segnala ancora Libera – è l’unico in Italia in cui è stato segnalato l’unico caso di traffico illecito di armi. In particolare, un modello di droni da guerra sviluppati in Cina e destinati alla Libia, “travestiti” da componenti per le turbine eoliche. Nel triennio 2022-2024 Gioia Tauro 14 registra casi di illegalità su 18 totali in Calabria. Anche porti di inferiore portata sono finiti al centro delle mire della ‘ndrangheta: a Tropea sono emersi gli interessi dei clan, in particolare i La Rosa, nella gestione delle imbarcazioni turistiche; a Corigliano Rossano è emerso il ruolo del clan Straface nei «servizi di gestione di pubblici mercati», a Isola Capo Rizzuto si sono invece registrate infiltrazioni del clan Arena.
«Interessi criminali anche nei porti più piccoli»
«Gli interessi della ‘ndrangheta non riguardano solo il porto di Gioia Tauro, ma anche i porti più piccoli calabresi per la gestione di servizi vari» ha evidenziato Giuseppe Borrello, referente regionale di Libera. «Una situazione che meriterebbe una particolare e costante attenzione da parte dei decisori politici vista la centralità del sistema portuale per l’economia della nostra regione». Per Borrello, oltre alla repressione, occorre intervenire in maniera preventiva «attraverso il rafforzamento del coordinamento tra autorità giudiziaria, forze dell’ordine, autorità pubbliche presenti nel porto e imprese private che lì operano per promuovere politiche di sviluppo coerenti con la necessità di rendere gli scali meno esposti ai rischi criminali e corruttivi». Proprio il porto di Gioia Tauro, fa notare il referente di Libera, ha registrato un record lo scorso anno per container movimentati, «a dimostrazione che con un retroporto più accogliente e attrezzato per renderlo maggiormente integrato con il resto del territorio regionale e nazionale, avrebbe tutte le carte in regola per diventare volano per lo sviluppo della Calabria e dell’intero paese; simbolo di una contronarrazione della nostra regione». (ma.ru.)
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