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Opinioni | La Polonia e la storia alle urne


Per due volte, nel XVIII e nel XX secolo, è sparita dalla carta geografica, spazzata via dai suoi famelici vicini. Per quasi mezzo secolo si è vista piantata nel cuore il tallone di ferro della dittatura comunista sovietica. Ma quando una rivoluzione pacifica e un Papa visionario l’hanno restituita alla democrazia, è sbocciata e cresciuta fino a diventare una grande d’Europa. Tigre economica e potenza militare, corteggiata non solo dai tradizionali amici francesi e inglesi ma anche dagli ex nemici tedeschi, e temuta dai suoi antichi carcerieri russi.
Eppure, in un solo giorno la Polonia potrebbe gettare tutto questo alle ortiche, per una volta in scienza e coscienza, rinunciando alla sua riconquistata influenza nell’Unione europea.
Né più né meno, è questa la posta in gioco dell’odierno ballottaggio, in cui i polacchi sono chiamati a eleggere il loro presidente, scegliendo non solo tra due candidati, ma tra due visioni del mondo e due opposte collocazioni di Varsavia sulla scena internazionale. Il Paese più martoriato della recente storia d’Europa torna a confrontarsi con i suoi demoni.

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Al secondo turno delle elezioni presidenziali si scontrano il sindaco della capitale Rafal Trzaskowski, candidato della Piattaforma Civica del premier Donald Tusk, e lo storico ultranazionalista Karol Nawrocki, campione dell’estrema destra di Legge e Giustizia, il PiS che ha governato il Paese dal 2015 al 2023 e con lui cerca la rivincita. I sondaggi li danno testa a testa, dopo il risultato a sorpresa del primo turno, che ha visto il superfavorito Trzaskowski prevalere di soli 2 punti (31,4% contro 29,5%) sull’avversario. Un esito reso ancora più deludente per il borgomastro dal terzo posto di un altro candidato di destra, il leader della Confederazione nazional-libertaria Slawomir Mentzen, che ha avuto il 14,8%, spopolando tra i giovani da 18 a 29 anni, più di un terzo dei quali lo ha votato.




















































Da quando è arrivato al governo, alla guida di una coalizione di centro-sinistra, il popolare Donald Tusk ha cercato di restaurare lo Stato di diritto in Polonia, di cui il PiS nei suoi due mandati aveva fatto scempio, minando l’indipendenza delle corti, controllando istituzioni e imprese pubbliche e restringendo severamente le libertà democratiche, al punto da incorrere in diverse procedure d’infrazione per violazione dei diritti fondamentali e anche nella sospensione di alcuni fondi europei. Tusk aveva anche cambiato radicalmente la retorica antitedesca e antieuropea che era stata il marchio di fabbrica del PiS, contribuendo all’isolamento del Paese. Il nuovo corso è valso a Varsavia il ritorno nel concerto d’Europa, dove il triangolo di Weimar con Germania e Francia ha preso il posto del vecchio motore franco-tedesco, mentre sulla difesa la Polonia, con il terzo più grande esercito della Nato, è diventata il Paese modello, il primo ad aver visto giusto sulla minaccia costituita dalla Russia di Putin e il primo a stanziare il 5% del Pil per le spese militari.
Il problema di Tusk è che ha dovuto governare col freno a mano, venendo meno a molte promesse elettorali, a causa di un presidente, Andrzej Duda, eletto dal PiS, che ha abusato dei vasti poteri conferitigli dalla Costituzione per bloccare le riforme del premier grazie a un veto aggirabile solo da una maggioranza parlamentare di due terzi, che Piattaforma Civica non ha. Di più, molte delle sue scelte recenti sono state condizionate dalla prospettiva del voto presidenziale, come il no a inviare truppe in una eventuale forza di pace in Ucraina e il rifiuto a far entrare senza dazi i prodotti agricoli di Kiev, accordo cancellato dalla Commissione europea proprio per assecondare il premier polacco.

Se vincesse Nawrocki, la cui unica missione è di facilitare il ritorno del PiS al potere, Donald Tusk vedrebbe definitivamente compromesso il suo progetto. Costretto a subordinare tutto alla politica interna, egli dovrebbe probabilmente rinunciare all’ambizione di fare di Varsavia la forza trainante delle dinamiche europee. La breve stagione di una Polonia protagonista in una nuova Europa volgerebbe al termine. Per questo la vittoria di Trzaskowski è esistenziale per il premier polacco e, con lui, per l’Unione.
Tanto più, perché nella partita odierna si è già appalesato un altro Cigno Nero. Nei giorni scorsi a Varsavia si è svolta infatti la prima riunione polacca della Conservative Political Action Conference, il forum che esprime il movimento trumpiano dei Maga. E a invitare al voto per Nawrocki (con buona pace delle ingerenze esterne) non è stata altri che Kristi Noem, segretaria alla Homeland Security dell’Amministrazione Usa, inviata personalmente da Trump per l’occasione. Detto altrimenti, il voto di oggi è anche terreno di battaglia per la destra populista globale a guida americana, decisa a evitare ad ogni costo che la Polonia, tradizionale bastione atlantico, diventi guida della rinascita europea.

31 maggio 2025

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