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Referendum, i quattro quesiti sul mondo del lavoro: «Più tutele significa imprese più solide»


di
Alessandro Romagnoli

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Licenziamenti illegittimi, contratti precari e sicurezza. Grosselli (Cgil): «È un voto per i propri interessi»

«Si vota per se stessi, per i propri interessi e per le proprie tutele». L’appello a recarsi alle urne domenica 8 e lunedì 9 giugno è di Andrea Grosselli, segretario della Cgil del Trentino, in prima linea da settimane per sensibilizzare la gente sulla tornata referendaria prevista tra una settimana. Anche perché, puntualizza il sindacalista, «sui mezzi di comunicazione non se ne parla molto». Questo voto potrebbe, secondo il sindacato, migliorare anche la competitività delle aziende.

Il quorum

Dei cinque quesiti presenti al referendum abrogativo, i primi quattro sono stati proposti dalla Cgil (la quale ha raccolto oltre 4 milioni di firme per presentarli) e riguardano il lavoro. «Questa volta non si vota per qualcuno, ma per qualcosa. Si vota per cambiare direttamente delle norme che aumentano le tutele e i diritti di tutte le lavoratrici e i lavoratori», ha spiegato Grosselli. Lo spettro che aleggia sopra al referendum si chiama quorum. Una condizione che secondo la Uil del Trentino dovrebbe essere riformata: «Abbiamo, come si è visto anche nelle ultime elezioni comunali in Trentino, sindaci eletti nel pieno della loro legittimità, con percentuali del 25%, votati per amministrare un intero comune e abbiamo invece referendum che per abrogare una norma devono raggiungere il 50%+1 dei votanti con il rischio concreto che, in molte circostanze, così come è strutturato, esso non consenta di raggiungere gli obiettivi prefissati». Anche la Uil invita tutti ad andare a votare per una «massiccia partecipazione democratica».




















































I licenziamenti e l’indennità

Ma vediamo nel concreto a cosa corrispondono i quattro quesiti sul lavoro. Il primo chiede l’abrogazione della disciplina sui licenziamenti del contratto a tutele crescenti del Jobs Act. In pratica, nelle imprese con più di 15 dipendenti, i lavoratori assunti dal 7 marzo 2015 in poi non possono rientrare nel loro posto di lavoro dopo un licenziamento illegittimo, anche se il giudice dichiara l’infondatezza dell’interruzione del rapporto. «Qui non si parla di licenziamenti per motivo economico o per motivo disciplinare che restano legittimi e i datori di lavoro potranno continuare a usare quelle forme di licenziamento», ha precisato Grosselli. A questo quesito anche la Uil ha espresso il suo parere favorevole. Il secondo è il più particolare tra quelli presenti. Il motivo? Anche se non dovesse passare il referendum, la Corte costituzionale entro fine giugno dovrebbe pronunciarsi per abrogare la legge. Il quesito riguarda la cancellazione del tetto all’indennità nei licenziamenti nelle piccole imprese sotto i 16 dipendenti. In pratica, in caso di licenziamento illegittimo, oggi un lavoratore può al massimo ottenere sei mensilità di risarcimento. L’obiettivo è togliere questo vincolo e lasciare al giudice la possibilità di stabilire l’indennizzo. «La decisione potrà basarsi non solo in base ai carichi familiari e all’anzianità del lavoratore, ma anche in base alla solidità economica e finanziaria dell’azienda — ha detto Grosselli —. Ci possono essere piccole imprese che sono molto ricche, ad esempio nei settori dell’alta tecnologia».

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Precariato e salute sul lavoro

Il terzo quesito riguarda il lavoro precario, una situazione dove sono più esposti i giovani e le donne. Il referendum vorrebbe ripristinare l’obbligo delle causali per i contratti a tempo determinato, ad oggi non previsto per i primi 12 mesi. Ma Grosselli rassicura che «le aziende del turismo e dell’agricoltura potranno continuare a fare i contratti a termine, ma con la giustificazione». Infine, il quarto quesito riguarda la salute e la sicurezza sul lavoro. Con il referendum si vogliono modificare le norme che impediscono che in caso di infortunio negli appalti, la responsabilità venga estesa anche all’impresa appaltante. Secondo i sostenitori del referendum, questa modifica, sostenuta anche dalla Uil, dovrebbe indurre le aziende a fare più investimenti e a crescere di dimensioni per gestire meglio i processi di lavoro.

Le ripercussioni sul mondo del lavoro

Ma che ripercussioni potrebbe avere il referendum se dovessero passare i quesiti sul lavoro? «Adesso per le imprese, come ha detto il governatore della Banca d’Italia, assumere è facile, i costi sono bassissimi e quindi magari sono indotte a fare contratti a termine, sapendo che si possono liberare i lavoratori — ha detto Grosselli —. Ma non fanno investimenti veri sul capitale umano e sulla propria capacità produttiva perché è facile avere lavoro a basso costo. E questo per le imprese è diventato un limite alla crescita degli investimenti, della ricerca, e anche dimensionale». E ha aggiunto: «In Italia c’è una tenuta del mercato del lavoro grazie agli investimenti del Pnrr che però dovranno arrivare a conclusione nel 2026. Negli anni è mancata una politica industriale». Il sindacato spera che con l’aumento delle tutele per i lavoratori si possano indirettamente portare le aziende a diventare più solide, più strutturate e più compe

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