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SCENARIO UE/ “Crescita a rischio, ecco cosa possono fare Bce e Commissione”


Mentre si avvicina la nuova riunione del Consiglio direttivo della Bce, in programma giovedì 5 giugno, dagli Usa sono arrivati i verbali dell’ultima riunione del Fomc della Fed e si è conclusa la missione del Fondo monetario internazionale in Italia a seguito della quale è stato diffuso il consueto Rapporto ex articolo IV. Abbiamo chiesto una commento a Domenico Lombardi, Professore di politiche economiche e governance dell’Eurozona alla Luiss, di cui dirige il Policy Observatory.

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Cominciamo dai verbali dell’ultima riunione del Fomc: quali indicazioni utili si possono trarre sulle decisioni che verranno prese dal Banca centrale americana il 18 giugno? I tassi verranno lasciati ancora invariati?

Nel corso dell’ultima riunione del Fomc tenutasi il 6 e 7 maggio scorsi, è emersa l’intenzione di mantenere inalterata la postura della politica monetaria, rinviando alla fine dell’estate eventuali riduzioni dei tassi di intervento, se opportune. In realtà, la preoccupazione, largamente condivisa tra i membri del Comitato direttivo, è che l’economia americana rischia di avviarsi verso uno scenario di stagflazione con un aumento dei prezzi e un calo dell’attività economica, in seguito all’applicazione – effettiva o solo minacciata – di misure restrittive sul commercio internazionale annunciate dall’Amministrazione americana.



Ritiene che si potrà arrivare a un accordo tra Stati Uniti e Ue sui dazi?

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La strategia dell’Amministrazione non è sostenibile nel tempo, nella misura in cui si fondi su misure restrittive così elevate applicate in modo del tutto indiscriminato. Presumo, pertanto, che si potrà arrivare a un accordo nell’interesse stesso di chi minaccia di introdurle. Detto questo, rimane sullo sfondo l’esigenza di riequilibrare le asimmetrie del commercio internazionale così da garantire ai produttori europei lo stesso terreno di gioco su cui si muovono i loro concorrenti, soprattutto dei Paesi emergenti.



Le aspettative dei consumatori rilevate dalla Bce (relative ad aprile) parlano di un’inflazione vista in aumento nei prossimi 12 mesi. L’Eurotower ne terrà conto la prossima settimana quando dovrà decidere le mosse di politica monetaria?

Effettivamente la Bce ha rilevato ad aprile, per i successivi 12 mesi, un aumento delle aspettative di inflazione, il cui valore mediano è aumentato dello 0,2% portandosi al 3,1%, il livello più alto che possiamo osservare dal febbraio del 2024. Allo stesso tempo, i dati sull’inflazione realizzata attestano che la disinflazione appare raggiunta. Probabilmente l’evidenza di cui disporrà il Consiglio direttivo della Bce la prossima settimana indicheranno per l’Eurozona un tasso di crescita dei prezzi pari al 2%, in linea con l’obiettivo di medio periodo. Inoltre, le condizioni congiunturali vanno deteriorandosi progressivamente riflettendo una compressione nella crescita della domanda aggregata.

Nel complesso, la Bce dovrebbe proseguire nel percorso di allentamento graduale e prudente delle condizioni restrittive nel corso della prossima riunione di giugno, con un’altra riduzione di 25 punti base nei suoi tassi di intervento.

Venerdì il Governatore della Banca d’Italia ha evidenziato che il margine per ulteriori tagli dei tassi da parte della Bce si è e ridotto, ma le prospettive economiche rimangono deboli e le tensioni commerciali potrebbero portare a un deterioramento. È possibile ridurre ancora i tassi quest’anno?

Il Governatore Panetta ha condiviso un’analisi molto ampia e articolata delle prospettive economiche mondiali ed europee in cui gli sviluppi della nostra economia si inseriscono. Dalle sue parole, è affiorata la preoccupazione per l’impatto delle restrizioni commerciali da parte dell’Amministrazione americana e il sostegno a una politica monetaria che, con prudenza, abbassi ulteriormente i tassi di interesse, in linea con la decelerazione della crescita europea e mondiale che ci attende.

Nel corso dell’Assemblea annuale, il Presidente di Confindustria ha detto che “il Patto di stabilità e crescita deve consentire un grande piano di sostegno agli investimenti dell’industria, in ogni Paese europeo. Altrimenti, non è un patto per la stabilità e la crescita. È un patto per il declino dell’Europa”. Cosa ne pensa?

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Mi sembra una posizione equilibrata, a maggior ragione alla luce delle previsioni economiche cui si riferiva il Governatore Panetta nelle sue Considerazioni finali. Dal momento che molte sfide per l’economia italiana sono tali anche per le altre economie europee, la strategia – e gli strumenti per attuarla – non possono che essere di respiro regionale, traendo spunto dal NextGenEU, come ha sostenuto lo stesso Governatore. La valorizzazione del Mercato unico, anche in risposta ai recenti provvedimenti dell’Amministrazione americana, ne riafferma in pieno la necessità.

Nel Rapporto sull’Italia, il Fmi evidenzia la necessità di mantenere l’avanzo primario di bilancio, arrivando se possibile al 3% del Pil nel 2027, con uno sforzo importante nel breve termine. Questo vuol dire che “ogni nuova spesa, anche per la difesa, deve essere pienamente compensata da risparmi”. Come può fare, quindi, l’Italia ad aumentare le spese per la difesa? Dovrà tagliare altre spese?

Le conclusioni preliminari della missione di sorveglianza registrano il significativo progresso fatto dall’Italia nel campo macro-fiscale negli ultimi anni in condizioni particolarmente sfidanti. Il Fmi correttamente fa questa affermazione che ricalca, peraltro, quanto già da tempo affermato dal Ministro Giorgetti. In tal senso, appare corretta la prudenza rispetto a impegni fiscali che risulterebbero difficilmente attuabili nel breve periodo a meno di corrispondenti tagli alla spesa politicamente inattuabili. Se si tratta di un’iniziativa europea, come appare, per essere veramente credibile dovrebbe avere almeno una gamba europea, anche dal punto di vista del suo finanziamento.

(Lorenzo Torrisi)

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