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Il lavoro cambia volto con l’IA: tra rischi e opportunità, il giuslavorista deve guidare le aziende nella transizione


IA e salario minimo: per Andrea Di Francesco serve più welfare e meno burocrazia per far crescere davvero il valore del lavoro.

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“La priorità non dovrebbe tanto essere fissare per legge un salario minimo, bensì far crescere il valore reale delle retribuzioni attraverso politiche fiscali di riduzione del costo del lavoro, nonché incentivando le politiche di welfare”. È la convinzione di Andrea Di Francesco, of counsel dello studio Bdl.

Andrea Di Francesco, of counsel dello studio Bdl

Avvocato, siamo alle prese con una fase di grandi trasformazioni per il mercato del lavoro e, di conseguenza, per la normativa di settore. Quali sono i principali punti di attenzione?

Il mercato del lavoro si trova in una fase cruciale, direi topica, tra spinte centripete di conservazione e quelle centrifughe imposte dalla rivoluzione digitale. Occorre governare i fenomeni nuovi e per questo servono linguaggi e approcci innovativi, affinché la digitalizzazione sia una spinta propulsiva attraverso nuove forme di occupazione, ovvero per migliorare la qualità del lavoro esistente. La digitalizzazione del lavoro deve considerarsi un’opportunità di flessibilità e non accentuare la precarietà.

In Italia, soprattutto tra i giovani, è molto sentito il tema del lavoro povero. Qual è il suo punto di vista in merito?

Oggi il dibattito politico è concertato per massima parte sulla tematica del ‘salario minimo’ per legge, che di per sé sembra mettere in discussione la capacità delle relazioni sindacali nel tempo di aver stabilito le condizioni minime economico-normative dei lavoratori attraverso la contrattazione collettiva. A mio avviso, la prospettiva di risoluzione non è quella di prevedere il salario minimo per legge, ma di far crescere il valore reale delle retribuzioni attraverso politiche fiscali di riduzione del costo del lavoro, nonché incentivando le politiche di welfare. Quando mi riferisco a linguaggi nuovi è proprio questo che intendo: valorizzare il welfare, implementare la formazione, innovando le competenze, sburocratizzare e defiscalizzare il lavoro, adottare un linguaggio normativo più chiaro da parte del legislatore, e auspicare una giustizia più rapida, chiara e meno contraddittoria.

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Tornando alle trasformazioni in atto, in che modo la tecnologia, e in particolare l’intelligenza artificiale, impatta sul lavoro?

Da un lato, l’IA inizia a essere applicata per automatizzare compiti ripetitivi e a basso valore aggiunto per migliorarne l’efficienza operativa, in tal modo vi è un trasferimento dei lavoratori su attività più complesse, aprendo la strada a un’evoluzione dei profili professionali. Dall’altro, l’adozione dell’IA comporta una ridefinizione delle competenze richieste: il mercato del lavoro richiede sempre più figure capaci di interagire con la nuova tecnologia, interpretarne i risultati ed integrarli nei processi. Questo impone un impegno costante in formazione e aggiornamento.

Dunque è ottimista verso la nuova frontiera della tecnologia?

Descrivo l’evoluzione in atto, consapevole del fatto che non vanno ignorati i rischi: alcune mansioni potranno essere profondamente coinvolte, ingenerando incertezza per il prossimo futuro. Per questo, è fondamentale che l’evoluzione tecnologica sia accompagnata da politiche attive del lavoro e da un dialogo costruttivo tra parti sociali, aziende e istituzioni, per garantire una transizione equa e sostenibile. La sfida è governare questo cambiamento in modo inclusivo, per fare dell’intelligenza artificiale un alleato dello sviluppo. La legislazione, anche europea, e le relazioni sindacali saranno fondamentali per stabilire opportunità e limiti dell’IA così come il giuslavorista, che con la propria competenza e professionalità potrà e dovrà avere un ruolo nell’accompagnare questo cambiamento epocale. Ma bisogna fare in fretta.

Alla luce delle trasformazioni in corso, come cambia l’attività del giuslavorista?

Sono sempre più convinto che oggi l’avvocato giuslavorista non deve essere più soltanto il professionista che interviene nella gestione del contenzioso, ma un consulente strategico, capace di affiancare i clienti nella fase preliminare e preventiva delle relazioni di lavoro. Questo significa, ad esempio, supportare i clienti nella redazione di policy aziendali, contratti e regolamenti interni, nella gestione dei cambiamenti organizzativi, o nell’adozione di strumenti tecnologici che incidono sui diritti dei lavoratori. Proprio l’intelligenza artificiale solleva nuove questioni giuridiche: per esempio, dalla profilazione delle risorse fino all’impatto sui criteri di controllo, valutazione e selezione. In questo contesto, l’avvocato giuslavorista può avere un ruolo centrale nel supportare i clienti ad adottare soluzioni rispettose della normativa, anticipando i rischi e prevenendo possibili contenziosi.



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