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La consulenza finanziaria, motore di crescita per l’Italia



Massimo Doris, presidente di Assoreti

L’Italia, fanalino di coda in Europa per crescita economica dal 1990, si trova oggi di fronte a una sfida cruciale: come stimolare lo sviluppo e valorizzare il proprio enorme patrimonio di risparmio, che supera i 2mila miliardi di euro tra famiglie e imprese. La risposta, secondo lo Studio «La consulenza finanziaria, motore per la valorizzazione del risparmio e la crescita economica dell’Italia», realizzato da TEHA in collaborazione con Assoreti e presentato a Palazzo Mezzanotte, risiede sempre più nell’advisory finanziaria.

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In un contesto di imminente e massiccio passaggio generazionale di ricchezza, stimato in circa 3mila miliardi di euro nei prossimi vent’anni, lo studio evidenzia come la consulenza finanziaria diventi un attore fondamentale per orientare le scelte delle famiglie italiane e preservare questo patrimonio. Al forum di presentazione hanno partecipato figure di spicco, dai vertici di Assoreti e TEHA agli sponsor dell’iniziativa (Amundi, Anima, Blackrock, Capital Group, Invesco e JP Morgan Asset Management), esperti, accademici e rappresentanti istituzionali, tra cui l’intervento di Enrico Letta, EU Rapporteur sul futuro del Mercato Unico. 

Il tesoro dimenticato

«Negli ultimi cinque anni, la consulenza finanziaria ha triplicato la capacità di raccolta del risparmio degli italiani. Solo nel 2024, in un contesto incerto, ha valorizzato 51,6 miliardi di euro: il 4% della spesa annua delle famiglie», ha dichiarato Massimo Doris, presidente di Assoreti. «Eppure, una parte rilevante del risparmio continua a restare ferma. Per questo servono nuove leve: strumenti che incentivino investimenti azionari e di lungo periodo, con agevolazioni fiscali e regimi di tassazione legati al tempo di detenzione».

L’idea di fondo è dirompente: trasformare la liquidità dormiente in carburante per il sistema economico. Per farlo, però, serve una strategia strutturata, ispirata alle best practice europee. Doris propone un vero e proprio «Codice europeo del risparmio», che dia coerenza normativa e favorisca la competitività attraverso la consulenza. 

Un cambio di paradigma

Lo studio presentato da Lorenzo Tavazzi, senior partner di TEHA Group, quantifica i potenziali benefici di una piena valorizzazione del risparmio italiano: «Oggi i risparmi delle famiglie e delle imprese detenuti in liquidità ammontano a 2mila miliardi di euro. Se opportunamente investiti, possiamo stimare un potenziale di accrescimento di valore di quasi 2,5 trilioni di euro entro il 2040».

Una cifra che potrebbe dare un boost alla domanda interna, rafforzare la competitività delle imprese e sostenere il welfare. L’effetto leva è notevole: secondo le simulazioni TEHA, se solo si allineassero le abitudini degli italiani a quelle degli olandesi (più propensi a investire in azioni e prodotti di lungo periodo), il patrimonio mobiliare italiano crescerebbe del +173%, generando quei famosi 2.500 miliardi in più. E se ogni cinque anni metà dei capital gain fossero destinati ai consumi, si avrebbe un aumento del PIL del 3% entro il 2040. 

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Tre proposte operative

Per raggiungere questi obiettivi, lo studio individua tre direttrici operative, che intrecciano regolazione, incentivi fiscali e valorizzazione del servizio.

La prima riguarda la normativa: serve aggiornare la definizione legale di consulenza finanziaria, includendo le raccomandazioni diffuse via social e rivolte a un target di risparmiatori. In parallelo, si chiede di vietare l’uso del titolo di consulente finanziario a chi non è autorizzato, per proteggere i cittadini da fonti non qualificate ma molto influenti.

Il secondo asse tocca la leva fiscale. L’Italia infatti deve ispirarsi ai modelli europei più evoluti, come quello francese, e introdurre agevolazioni per chi investe nel lungo periodo, con tassazione ridotta in base alla durata dell’investimento. Inoltre, vanno incentivati i fondi con una significativa componente azionaria, per orientare il risparmio verso l’economia reale e l’innovazione.

Infine, lo studio chiede che venga riconosciuto, anche a livello regolatorio, il valore della qualità del servizio. Oggi il sistema italiano si confronta con una normativa europea ancora troppo focalizzata sui costi e penalizzata dalla mancanza di armonizzazione tra Paesi. Superare questi limiti è essenziale per garantire una reale tutela dei risparmiatori. Insomma, non si tratterebbe solo di correggere le inefficienze quanto piuttosto disegnare un nuovo ruolo per la consulenza finanziaria, come cerniera tra risparmio privato e sviluppo del Paese. E sono tutti chiamati a raccolta, regolatori, istituzioni e risparmiatori, per attivare una trasformazione sistemica. 

Lorenzo Tavazzi, senior partner di TEHA Group

La  consulenza si evolve

Nel frattempo, la consulenza finanziaria italiana sta già cambiando pelle. È sempre più un servizio integrato, che accompagna il cliente in tutte le fasi della vita patrimoniale, dalla pianificazione previdenziale alla gestione immobiliare. Un’evoluzione necessaria, soprattutto se si considera l’enorme passaggio generazionale di ricchezza in arrivo: 3mila miliardi nei prossimi vent’anni. In un Paese che invecchia e si riduce demograficamente, l’advisory sarà fondamentale per preservare e indirizzare questi patrimoni verso usi produttivi.

Non a caso, l’Italia è oggi leader in Europa per numero di consulenti finanziari in rapporto alla popolazione maggiorenne (1 ogni 1.360 abitanti) e per quota di cittadini che si affidano a un professionista per le proprie scelte economiche: 57%, contro il 51% della Spagna, il 49% della Francia e il 42% della Germania. 

Un mercato in espansione

La consulenza finanziaria in Italia è in pieno fermento: dal 2013 a oggi ha raccolto 452 miliardi di euro (più della Germania), con un patrimonio gestito che ha superato i 900 miliardi, pari al 23% della ricchezza delle famiglie. Chi ha investito in questi anni ha visto proteggere il proprio potere d’acquisto e chi ha lasciato i risparmi fermi ha perso il 15% a causa dell’inflazione, sottolinea lo studio. Se nel 2013 tutta la liquidità fosse stata investita tramite le reti, si sarebbero generati ben 190 miliardi di euro in più.

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