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Appalti pubblici green, leva strategica per le aziende europee


Non diciamolo a Donald Trump e agli iperliberisti che di questi tempi vanno per la maggiore Oltreoceano, ma nella vecchia e a noi cara Europa la transizione energetica è semplicemente impensabile senza le risorse pubbliche, quest’ultime intese sia come fondi economici che l’Unione Europea mette a disposizione degli Stati membri, sia come provvedimenti di indirizzo al grande cambiamento green.

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Un recente approfondimento di Ecco Climate, il think tank italiano per il clima, si occupa di un aspetto cruciale, ovvero i criteri di selezione per gli appalti pubblici fondati su valori ambientali e sociali, che possono fare da volano per la creazione di una domanda domestica di produzioni a basso impatto ambientale. Grazie al loro ausilio, produzioni innovative e sostenibili avrebbero una maggiore certezza rispetto al rientro degli investimenti.

Spesa enorme per gli acquisti pubblici

“Ogni anno – si legge nel’approfondimento – le numerosissime autorità pubbliche europee spendono complessivamente circa 2.000 miliardi di euro, equivalenti a oltre il 14% del PIL dell’Unione europea, per l’acquisto di beni, servizi e lavori. In questo contesto, il potenziale trasformativo del Green Public Procurement (GPP) è enorme”.

A proposito dei GPP, ricordiamo che si tratta del fondamentale strumento che intende favorire lo sviluppo di un mercato di prodotti e servizi a ridotto impatto ambientale attraverso la leva della domanda pubblica, contribuendo al raggiungimento degli obiettivi delle principali strategie green europee.

Prevale ancora il criterio del prezzo più basso

Per quanto riguarda il nostro Paese, nel 2023 il valore complessivo degli appalti pubblici con un importo pari o superiore a 40mila euro ha raggiunto il considerevole ammontare di 283,4 miliardi di euro. Senonché, sebbene le regolamentazioni attuali consentano l’aggiudicazione dei contratti in base al miglior rapporto qualità-prezzo – includendo quindi anche criteri ambientali e sociali – oltre il 55% delle gare in Europa continua a essere assegnato esclusivamente sulla base del prezzo più basso.

“Si tratta di un approccio – evidenzia Ecco Climate nella sua analisi – che finisce con l’ostacolare l’adozione di soluzioni innovative e a minor impatto ambientale. Allo stesso tempo viene limitata l’integrazione dei criteri sociali e la valorizzazione della produzione europea”.

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Il Codice degli Appalti in Italia

In realtà, nel caso dell’Italia, il Codice degli Appalti già prevede l’applicazione dei Criteri Ambientali Minimi (CAM) in numerosi settori. “Si tratta di una scelta ambiziosa che ha posto il nostro Paese all’avanguardia in Europa, ma che oggi mostra anche criticità applicative che ne limitano l’efficacia, come la carenza di formazione delle stazioni appaltanti, gli elevati oneri burocratici e la scarsa disponibilità di strumenti operativi e dati di monitoraggio”.

Tornando alle regolamentazioni UE, la revisione della Direttiva europea sugli Appalti Pubblici, risalente a più di dieci anni fa e prevista entro il 2026, rappresenta un’importante opportunità. Infatti, attraverso questa revisione “la Commissione si pone l’obiettivo di rafforzare la sostenibilità, la resilienza e l’autonomia strategica degli appalti pubblici europei, rendendoli uno strumento centrale per il raggiungimento degli obiettivi industriali e climatici dell’Unione”.

Revisione europea del Codice degli Appalti

Un passo importante, sulla strada che porterà all’attesa revisione del Codice degli Appalti, è stato compiuto attraverso lo strumento della consultazione pubblica che è stata avviata a fine 2024 con il fine di raccogliere evidenze e valutazioni sul funzionamento dell’attuale quadro normativo. In particolare, dalla consultazione pubblica sono già emerse quattro importanti necessità:

  1. Definire criteri GPP incrementali, ovvero basati su legislazioni e requisiti già esistenti e coerenti a livello europeo, secondo un principio di efficacia rispetto agli obiettivi.
  2. Facilitare l’accesso alle gare a tutti i soggetti, comprese le Piccole e Medie Imprese, rendendo le procedure maggiormente standardizzate e digitalizzate, seguendo un principio di proporzionalità tra efficacia e rilevanza delle misure.
  3. Garantire un monitoraggio e una rendicontazione dell’attuazione del GPP, per consentire la valutazione dei benefici per le imprese e i territori.
  4. Supportare le autorità pubbliche nell’attuazione del GPP, per garantire una efficace attuazione anche nelle aree geografiche più svantaggiate.

Servono dei criteri ambientali chiari

In relazione all’impostazione degli appalti pubblici, nell’approfondimento si spiega che “se si basassero sistematicamente su criteri ambientali chiari e ben applicati, i prodotti europei più sostenibili si troverebbero in prima linea nelle gare, contribuendo a rafforzare la competitività delle industrie dell’Unione. L’adozione di criteri armonizzati a livello europeo – pur se inizialmente applicati a una quota non totale, ad esempio l’80% – rappresenterebbe un passo decisivo nella giusta direzione”.

Ed ancora, risulta fondamentale “promuovere la digitalizzazione delle procedure e far sì che i criteri di riferimento siano basati su sistemi e standard interoperabili, che consentano alle imprese di presentare una sola volta la documentazione necessaria in un sistema europeo comune, semplificando l’accesso soprattutto per le Piccole e Medie Imprese (PMI) e la valutazione da parte delle amministrazioni, soprattutto quelle meno strutturate”.

In Europa rendicontazione insufficiente

Infine, in relazione alla rendicontazione, Ecco Climate evidenzia che soltanto tre Stati dell’UE – Malta Finlandia e Germania – monitorano sistematicamente l’attuazione del GPP, il che rende difficile valutare con precisione l’impatto ambientale delle gare pubbliche e l’impatto economico sulle aziende. In questo contesto, l’introduzione di un sistema di rendicontazione standardizzato e obbligatorio a livello europeo migliorerebbe la qualità dei dati, rendendoli comparabili tra Paesi e accessibili a tutti gli attori coinvolti.



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