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Regime forfettario, perché si rischia l’abolizione della flat tax?


Abolizione del regime forfettario: a chiederlo è il Fondo Monetario Internazionale che sottolinea l’iniquità del sistema di tassazione italiano per le partite Iva.

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Il regime forfettario prevede l’applicazione di una flat tax, tassa piatta, in luogo della tassazione Irpef a scaglioni o Ires. C’è un’elevata semplificazione degli adempimenti ed è riservata alle piccole imprese, liberi professionisti e lavoratori autonomi.

Nelle prime versioni potevano accedere un numero limitato di partite Iva perché i limiti di ricavi e compensi erano bassi, con il tempo gli stessi sono cambiati e quindi è diventato il sistema di tassazione scelto dal 69% delle partite Iva. Questo genera numerosi problemi sottolineati proprio dal FMI.

Vediamo perché si sollecita l’abolizione del regime forfettario.

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Cos’è il regime forfettario

Non è possibile capire le critiche del FMI e il suggerimento di cancellare il forfettario se prima non c’è una breve disamina su questo particolare regime fiscale.

Il regime forfettario in Italia è il preferito per liberi professionisti, lavoratori autonomi e piccole imprese. Consente di ottenere per i primi 5 anni di attività un’aliquota al 5%, per poi passare all’aliquota al 15%. L’aliquota viene applicata non al totale dei compensi e dei ricavi, ma su una quota di questi calcolata in base al coefficiente di redditività.

Il coefficiente di redditività dovrebbe corrispondere alla media dei costi sostenuti dalle partite Iva di un determinato settore e si applica perché il forfettario non prevede la deduzione analitica dei costi, tranne per i contributi.

L’imposta versata viene definita “sostitutiva” perché sostituisce imposte sui redditi, addizionali regionali e comunali, inoltre chi aderisce al forfettario non è tenuto agli adempimenti IVA. In sintesi, gode di una serie di semplificazioni abbastanza importanti.

Sono previsti dei limiti, infatti, si esce in modo automatico dal regime forfettario al superamento di ricavi e compensi pari a 85.000 euro. In questo caso la fuoriuscita dal forfettario prende il via dall’anno di imposta successivo. Nel caso in cui la somma di ricavi e compensi superi i 100.000 euro, la fuoriuscita dal regime agevolato è immediato. Queste in sintesi le caratteristiche del regime forfettario, ma proprio queste sono il pomo della discordia: il sistema è iniquo e a dirlo non è solo una parte dei partiti politici italiani, ma il Fondo Monetario Internazionale, FMI.

FMI: è necessaria l’abolizione del forfettario, sistema iniquo

Il FMI il 29 maggio 2025 nella Dichiarazione conclusiva al margine della visita ufficiale in Italia, sottolinea le misure che l’Italia dovrebbe attuare sul piano fiscale. In particolare suggerisce

L’eliminazione dell’aliquota forfettaria preferenziale per i redditi da lavoro autonomo risolverebbe le problematiche di equità e impedirebbe la perdita di gettito. Dato il solido mercato del lavoro e gli elevati profitti aziendali, i sussidi alle assunzioni dovrebbero essere sostituiti da misure volte a stimolare la produttività. L’aggiornamento dei valori immobiliari nel catasto aumenterebbe le entrate e potrebbe garantire un trattamento fiscale più equo. Si prevede che queste misure, affrontando le distorsioni, avranno un impatto negativo limitato sull’attività economica.

Dal documento emerge quindi che da un lato il forfettario crea un sistema di tassazione iniquo, ad esempio per un lavoratore dipendente l’aliquota Irpef più bassa è al 23%, dall’altro porta una perdita di gettito fiscale e, infine, critica le misure incentivanti l’occupazione, ricordiamo il bonus assunzioni e la maxi detrazione prevista per chi assume, che dovrebbero essere sostituite da incentivi volti ad aumentare la produttività.


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Occupazione femminile e disparità territoriali

Il documento sottolinea l’esigenza di continuare il lavoro di contrasto all’evasione fiscale. Il FMI si sofferma su un altro dato importante: per il secondo anno consecutivo l’attività economica è cresciuta dello 0,7% nel 2024, sostenuta in parte dagli investimenti infrastrutturali nell’ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e da un contributo positivo delle esportazioni nette. Positivo anche l’impatto del credito alle famiglie che è tornato a crescere, mentre continua a registrarsi un dato negativo sul fronte dell’occupazione femminile e “persistono le disparità regionali, con tassi di inattività lavorativa significativamente più elevati al Sud che al Nord”. Il documento sottolinea anche l’invecchiamento della popolazione.


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