Profitti in crescita a 32,8 milioni per l’Istituto per le Opere di Religione. Il 79% dei fondi di investimento «cattolici» batte la concorrenza
La banca del Vaticano stacca un dividendo di 13,8 milioni a Papa Leone XIV. L’Istituto per le Opere di Religione (Ior) ha proposto alla Commissione Cardinalizia (che ha approvato) la distribuzione di una cedola di quasi 14 milioni a valere sull’utile di 32,8 milioni registrato nell’ultimo anno.
Cosa fa lo Ior
Il dato emerge dal bilancio 2024 appena pubblicato dallo Ior,. L’istituto, in passato al centro di scandali e trame oscure, è stato risanato sotto Papa Francesco e oggi si dedica all’attività «ordinaria» di banca per conto della Santa Sede, degli ordini religiosi, delle parrocchie, del clero e dei dipendenti vaticani. Lo Ior è infatti l’unica istituzione della Santa Sede autorizzata a fornire servizi finanziari e, in base al nuovo quadro giuridico, è destinata a diventare la cassaforte di tutti gli asset del Vaticano.
I numeri dell’istituto
Oggi lo Ior ha oltre 100 dipendenti e 12 mila clienti, tutti con una stretta relazione con la Chiesa Cattolica o la Santa Sede. La crescita del 7% del suo utile netto è frutto dell’aumento del «margine di interesse, del margine commissionale e del margine d’intermediazione, unitamente a un attento controllo dei costi», sottolinea una nota. La raccolta dell’istituto si è attestata a 5,7 miliardi di euro e proviene da depositi, conti correnti e, soprattutto, gestioni patrimoniali.
I principi di investimento
Lo Ior gestisce infatti circa 3,2 miliardi di euro per conto dei clienti che sono investiti per la grandissima parte in obbligazioni. La strategia dello Ior è poi guidata dai principi della Dottrina Sociale della Chiesa e l’istituto investe solo in imprese che rispettano tali principi: sanità della vita umana (no aziende coinvolte in aborti e contraccettivi), rispetto della vita umana (no armi), protezione dell’ambiente, dipendenze (no gioco d’azzardo, usura, alcol e tabacco), a cui si aggiungono i principi del Global Compact della Nazioni Unite.
Lo Ior è del resto convinto che «mischiare la fede e l’etica con i criteri di investimento» non comprometta i rendimenti e, anzi, ne assicuri di migliori nel lungo periodo, consentendo la selezione di società più resistenti nelle fasi di crisi come la pandemia e oggi la guerra dei dazi. A riprova di ciò, l’istituto porta il fatto che il 79% delle sue linee di gestione patrimoniale «cattoliche» ha superato nel 2024 la performance dell’indice di riferimento e ottenuto risultati migliori rispetto ai fondi equiparabili.
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