L’obiettivo del governo è “tagliare le tasse in modo equo e sostenibile”. Quanto è vicino a realizzarlo? Le parole della premier Giorgia Meloni agli Stati Generali dei commercialisti hanno dato un ordine alle priorità di Governo sugli interventi al fisco. Dopo la riforma delle aliquote Irpef già realizzata, il lavoro non è finito, secondo Meloni. “Intendiamo fare di più e concentrarci oggi sul ceto medio, che è la struttura portante del sistema produttivo italiano. Vogliamo lavorare per rendere il sistema più equo”. Il ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti parla, intanto, di un nuovo intervento sull’Irpef a fine legislatura: il nodo sono ovviamente le risorse da trovare per attuare un aggiustamento delle aliquote. Secondo Pasquale Formica, Socio Fondatore e Managing Partner presso SLF Studio Legale Fiscale, l’intervento sull’Irpef va realizzato “il prima possibile, ma non a scapito dei conti pubblici: il ceto medio ha bisogno di aiuti, ma un bilancio non in equilibrio sarebbe comunque un problema enorme. E a pagarne le conseguenze sarebbe anche lo stesso ceto medio”.
“Tagliare le tasse in modo equo” le sembra una promessa o un obiettivo concreto?
È un obiettivo concreto, in linea con quanto si è già fatto finora, andando a intervenire sull’Irpef ma con attenzione agli equilibri di bilancio. L’equilibrio dei conti pubblici italiani è un altro driver dell’azione di governo finora.
La misura (che costerebbe circa 4 mld di euro) dovrebbe consistere nel taglio dell’aliquota per i redditi inferiori a 60mila euro dal 35 al 33%: è la strada giusta?
È una linea di azione giusta che serve a far recuperare potere di acquisto alla classe media, colpita recentemente anche dai rincari sull’energia. Evidenzierei che bisogna anche trovare l’equilibrio giusto tra gli interventi che incidono sulle persone fisiche e quelli per le imprese, che sono un centro di creazione di valore fondamentale. Da questo punto di vista si potrebbe insistere sull’Ires premiale (che al momento ha applicazione solo per un anno) con la riduzione dell’aliquota Ires a soggetti che fanno un certo tipo di investimenti e garantiscono un certo livello di occupazione.
È possibile mettere mano sia alla rottamazione delle cartelle (la pace fiscale) che all’Irpef?
Tutto rientra negli equilibri di bilancio, ma si parla di due piani diversi: quello sulle cartelle è un discorso più a breve termine e da questo punto di vista è stata istituita una commissione di studio per studiare il tema della riscossione pregressa, dal Mef. Per capire bene che tipo di intervento si può fare, si deve attenderne gli esiti. L’intervento sull’Irpef è più di prospettiva, che crea la famosa curva a tre aliquote che ci porteremo avanti per il futuro.
Che ruolo hanno i commercialisti nelle riforme economiche?
I commercialisti hanno avuto un ruolo molto importante sulla riforma fiscale. E sono state tracciate delle linee importante sulla ridefinizione del ruolo del professionista, che ha nuovi compiti nella cooperative compliance. Sicuramente va implementato ulteriormente il ruolo di cinghia di trasmissione tra mondo delle imprese e istituzioni. In questo senso ai commercialisti è stato attribuito il ruolo di certificatore di modelli di presidio del rischio fiscale, un elemento fondamentale.
Quali aspetti sono prioritari, dal punto di vista fiscale?
Il mio auspicio, emerso più volte anche dall’esecutivo, è quello che riguarda la codificazione tributaria. Su questo il governo sta provando a intervenire, come nel caso del codice tributario. Può rappresentare un passaggio fondamentale di assestamento del sistema. Un codice unico rappresenta un’opera di semplificazione che ha conseguenze dirette sulla vita degli imprenditori. Un impegno importante in corso da parte di governo, Agenzia delle entrate, Confindustria e Guardia di Finanza è la diffusione del nuovo regime della cooperative compliance, un cruscotto a disposizione degli imprenditori per controllare tutti i rischi fiscali a cui sono esposti.
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