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Non basta il turismo: senza imprese la Maremma perde i suoi figli




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GROSSETO – C’è una cosa che in Maremma non si dice mai abbastanza chiaramente: senza impresa non c’è futuro. E senza futuro, i giovani se ne vanno.

Ci si affanna a valorizzare il turismo, a promuovere l’agricoltura, a celebrare l’autenticità dei borghi. Tutto giusto. Tutto importante. Però non basta.

Se vogliamo che questa terra sia più di una meta stagionale o di una bella cartolina, dobbiamo rimettere al centro chi produce. Chi investe. Chi dà lavoro.
Perché senza un’economia solida, concreta e moderna, non si trattengono i giovani, non si attraggono competenze e la Maremma resta ferma. Bella, sì. Ma ferma.

Per anni ci siamo convinti che bastasse la bellezza: i cipressi, le colline, le terme, il cinghiale in umido. Ma la bellezza, da sola, non trattiene nessuno.

Serve un’economia viva, un tessuto produttivo sano, solido, in evoluzione. Perché senza imprese non c’è lavoro. Senza lavoro non ci sono prospettive. E senza prospettive, i giovani se ne vanno.

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Non bastano il turismo e l’agricoltura

Diciamolo chiaramente: la Maremma non può vivere solo di turismo e agricoltura.
Due settori fondamentali, certo. Ma stagionali, fragili, esposti.
Se vogliamo un futuro stabile per i giovani, serve qualcosa di più:
serve impresa, industria, manifattura, tecnologia. Serve produzione. Serve occupazione vera. Serve concretezza.

 

Prima l’impresa, poi i giovani

Spesso addossiamo ai giovani tante responsabilità. Il comportamento delle nuove generazioni, però, non è la causa del problema, ma la conseguenza. Se ci sono imprese che assumono, formano, innovano… i giovani restano. Se ci sono solo B&B e bandi a pioggia, i giovani fanno le valigie. Vogliamo trattenere i giovani? Costruiamo le condizioni perché possano lavorare.
E tutto parte da un ambiente adatto. A partire dalle basi.

Ripartiamo dalle nostre aree industriali

Io ci sono cresciuto davvero, in mezzo alle aree industriali di mezza Toscana.
So cosa vuol dire vedere un capannone vivo, una ditta che produce, un imprenditore che rischia. Ed è per questo che mi fa rabbia vedere lo stato delle nostre aree artigianali e industriali. Da nord a sud del nostro territorio molto spesso sono
trascurate, trasandate, abbandonate. Eppure dovrebbero essere la culla delle imprese.

Le aree produttive devono essere funzionali, ben tenute, raggiungibili e devono diventare il biglietto da visita per chi vuole investire. Devono essere:

  • funzionali, con infrastrutture e logistica degna di questo nome;
  • ben tenute, non piazzali di guerra urbana;
  • raggiungibili, con strade e mezzi decenti;
  • e servite, con bar, coworking, parcheggi, fibra, tutto ciò che rende un posto vivo e moderno.

E pensare che la Maremma potrebbe davvero essere attrattiva per cervelli e imprese, come lo è stata Sophia Antipolis per la Costa Azzurra.
Solo che lì le imprese le hanno messe
al centro di una visione. Noi potremmo fare lo stesso, se smettessimo di accontentarci del solito marketing da cartolina.

Serve una regia, non mille tavoli

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Ogni tanto si parla di fare rete. Ma spesso è una parola vuota, da convegno. Quello che serve davvero è una regia. Un piano chiaro. Un’agenda condivisa. Serve che università, imprese, istituzioni e associazioni lavorino insieme per un obiettivo comune: fare della Maremma una terra dove produrre valore, non solo fotografarlo.

Meno tavoli tecnici, più azione concreta.
Meno bandi da compilare, più strade da costruire.
Meno loghi, più luoghi dove le imprese possono crescere.

 

Raccontiamo chi produce, non solo il nostro mare.

In Maremma ci sono imprese vere: agricole evolute, officine, laboratori artigiani, aziende che esportano. Ma non se ne parla mai. Il marketing si occupa di feste e premi. E invece dovremmo mettere le imprese al centro della narrazione. Perché è lì che nasce il lavoro.
E dove c’è lavoro,
i giovani restano. Dove ci sono i giovani c’è futuro.

La Maremma ha tutto per diventare un luogo dove si vive bene e si lavora meglio. Ma se non investiamo nell’impresa, nella manifattura, nella tecnologia, rischiamo di restare una terra da weekend. Bella, ma vuota.

Il futuro non lo portano i turisti, ma le aziende che decidono di restare.
O di venire.
E con loro, i giovani — che non sono persi per sempre. Ma vanno convinti. Con i fatti.

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In questa rubrica parliamo di come l’innovazione può prendere forma in modi inaspettati, scoprendo le storie e le persone che la rendono possibile. Perché innovare non è solo un compito per le grandi multinazionali: è qualcosa che può partire da chiunque, anche dal tuo angolo di mondo. Restate sintonizzati, e chi lo sa? Magari la prossima grande idea potrebbe arrivare proprio da voi. Hai qualche riflessione da condividere? Scrivimi a [email protected]

Marco Gasparri, 49 anni, è il Managing Director di Studio Kalimero. Formatosi nel settore del marketing, dalla fine degli anni Novanta si dedica con successo a costruire percorsi per dare valore alle imprese e può contare su un’esperienza con centinaia di aziende nel pubblico e nel privato. Creativo, poliedrico e razionale, ha collaborato con agenzie nazionali, ha lavorato in Toscana e in Italia e ha dato vita nel 2000 a Studio Kalimero, riuscendo sempre ad anticipare le istanze economiche della società e a creare servizi e prodotti adatti al mercato.

Formatore, spin doctor, consulente politico, marketing strategist, esperto in tecniche di comunicazione, business coach ha firmato numerosissime campagne di successo: Marco Gasparri è tra i professionisti più accreditati nel campo della promozione non solo in Toscana.





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