Dal 28 giugno 2025, l’accessibilità digitale sarà un obbligo giuridico per migliaia di imprese italiane. Con il recepimento dell’European Accessibility Act anche il settore privato è tenuto a garantire che siti web e applicazioni mobili siano fruibili da parte di persone con disabilità. Il cambiamento riguarda tutte le aziende con oltre 10 dipendenti o un fatturato superiore ai 2 milioni di euro, comprese le realtà digitali, gli e-commerce, i fornitori di servizi bancari, assicurativi e le piattaforme per la prenotazione o la fruizione di servizi pubblici e privati.
Ogni sito o app dovrà rispettare i criteri WCAG 2.1 livello AA, secondo le specifiche EN 301 549, e garantire la massima compatibilità con screen reader, comandi da tastiera e strumenti assistivi. Non si tratta solo di tecnologia, ma di diritti civili digitali: il diritto di ogni cittadino a interagire con i servizi senza ostacoli o discriminazioni. Approfondiamo in questo articolo:
-
Come adeguarsi agli standard fra audit, dichiarazione e strumenti -
Multe, controlli e rischi per chi resta indietro
Come adeguarsi agli standard fra audit, dichiarazione e strumenti
Per le aziende che vogliono o devono conformarsi, il primo passo è condurre un audit tecnico e manuale completo, con l’analisi del codice sorgente, dei contenuti e dell’interfaccia grafica. Le criticità devono essere individuate con strumenti automatici e attraverso test con utenti reali, in particolare persone con disabilità visive, motorie o cognitive. Con un approccio olistico si può garantire una vera esperienza inclusiva.
Dopodiché è necessario correggere le carenze, adeguando struttura, design e testi secondo i principi dell’accessibilità universale. Va poi redatta la Dichiarazione di accessibilità, un documento pubblico e dinamico, obbligatorio per legge, che certifica il grado di conformità del sito o dell’app. In esso vanno indicati i punti non accessibili, le azioni intraprese e un recapito per segnalazioni degli utenti. Ogni aggiornamento del portale comporta un aggiornamento della dichiarazione stessa.
Nel frattempo è consigliabile formare figure interne o affidarsi a partner specializzati per garantire la manutenzione continua dell’accessibilità ed evitare che gli interventi correttivi siano una tantum. L’obiettivo non è superare un controllo, ma costruire esperienze digitali permanenti, accessibili e resilienti.
Multe, controlli e rischi per chi resta indietro
Le aziende che non si adeguano potranno incorrere in multe comprese tra 5.000 e 40.000 euro, a seconda della gravità della violazione. In caso di infrazioni ripetute o particolarmente gravi, la sanzione potrà raggiungere il 5% del fatturato annuo. Le autorità preposte al controllo sono l’Agid per la pubblica amministrazione e il Ministero delle Imprese e del Made in Italy per i soggetti privati.
Ma oltre alla dimensione economica, ci sono rischi reputazionali e legali: un sito non accessibile può essere oggetto di denuncia per discriminazione ai sensi della legge 67 del 2006, con danni d’immagine e perdita di fiducia da parte di clienti, partner e stakeholder. Le aziende non conformi potrebbero essere escluse da bandi pubblici o da finanziamenti europei che includono criteri di accessibilità come requisiti minimi.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link