Delli Noci si dimette
L’assessore regionale lascia tutte le cariche dopo l’indagine che coinvolge imprenditori e politici: accuse di associazione a delinquere e frode sui finanziamenti pubblici
L’interrogatorio preventivo di Delli Noci davanti al gip Angelo Zizzari è durato appena mezz’ora. Dopo le domande del gip, quando i pubblici ministeri Massimiliano Carducci e Alessandro Prontera hanno iniziato ad approfondire gli elementi emersi dalle indagini del Nucleo di polizia economico-finanziaria della Finanza, i suoi avvocati, Giuseppe Fornari e Luigi Covella, hanno ritenuto non opportuno proseguire. A quel punto, Delli Noci ha chiesto di fare una dichiarazione spontanea, annunciando le sue dimissioni immediate “da tutto”.
Questa mossa mira a far venire meno le esigenze cautelari prospettate dalla Procura, in particolare quella di reiterazione del reato. “La mia decisione,” si legge nella PEC di dimissioni, “trova esclusivo fondamento nell’indagine che mi vede coinvolto a Lecce e nella necessità di salvaguardare l’istituzione del Consiglio della Regione Puglia, e al contempo di esercitare pienamente il mio diritto di difesa e dimostrare la mia totale estraneità ai fatti.” Una posizione chiara, un tentativo di difendere la sua reputazione in un momento così delicato.
Secondo l’accusa, dal 2018, quando era vicesindaco di Lecce, Delli Noci avrebbe aiutato gli imprenditori Alfredo Barone (per il quale la Procura ha chiesto il carcere) e Marino Congedo (richiesti i domiciliari), ricevendo in cambio una serie di “utilità” anche in chiave elettorale. Tra queste, un finanziamento di 5mila euro per la campagna elettorale delle Regionali 2020, una cena elettorale e l’assunzione a termine di quattro o cinque persone da lui segnalate nei supermercati di Congedo. Delli Noci si difende, collegando queste circostanze alla normale attività di “segnalazione” che i politici fanno a favore di chi prospetta loro esigenze di vita, negando qualsiasi scambio illecito. Il suo unico interesse, ha dichiarato, nello sbloccare le autorizzazioni urbanistiche per il progetto di trasformazione dell’ex convento delle Stimmatine in residence di lusso, era quello di favorire gli investimenti in città.
L’inchiesta, che conta 25 indagati (11 persone fisiche e 14 giuridiche), è vasta e complessa. Tra gli altri coinvolti, l’imprenditore Maurizio Laforgia, che ha risposto alle domande del gip per quattro ore, respingendo gli addebiti e sostenendo di aver operato per amicizia e di aver sempre pagato ogni cosa, anche il sushi che l’accusa riteneva fosse un regalo. Anche Angelo Mazzotta, responsabile dell’ufficio tecnico del Comune di Lecce, ha risposto al giudice, affermando che ciò che ha ricevuto non erano tangenti ma “regali”. Gli imprenditori Barone e Congedo si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, depositando una memoria difensiva.
Tra gli indagati figurano anche Italia Santoro, segretaria di Alfredo Barone, e altri professionisti come Luciano Ancora e Giovanni Rapanà, accusati di riciclaggio. Sono coinvolti anche Michele Barba e Corrado Congedo, considerati dei prestanome di Barone. Le accuse spaziano dall’associazione a delinquere alla corruzione, turbativa e frode di finanziamenti pubblici legati ai Programmi Integrati di Agevolazione (Pia), destinati a supportare gli investimenti delle imprese. Secondo la Procura, l’obiettivo era consolidare il potere economico nell’edilizia residenziale e condizionare l’azione amministrativa dei Comuni di Lecce, Surbo e Gallipoli e della Regione.
Le indagini proseguono, in particolare per l’ipotesi di false fatturazioni relative a oltre 10 milioni di euro che sarebbero stati illecitamente utilizzati, dirottando per fini personali finanziamenti pubblici destinati a realizzare residenze di lusso. La Guardia di Finanza ha già notificato sequestri per oltre 5 milioni di euro.
Dopo gli interrogatori preventivi, il giudice dovrà stabilire se applicare le misure cautelari richieste dalla Procura. È importante ricordare che, in attesa della definitività del giudizio, per tutti gli indagati vige la presunzione di innocenza. La politica deve ora confrontarsi con le implicazioni di questa inchiesta, che solleva interrogativi sulla trasparenza e la legalità nell’amministrazione pubblica.
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