Il ministro dell’Industria e del Made in Italy Adolfo Urso ha garantito che lo Stato sta mettendo a disposizione del progetto dell’ex Ilva tutte le risorse necessarie, ma ha anche dichiarato che ci sarebbero state “interferenze” dopo che il governo ha scelto l’offerta di Baku Steel per cercare di finalizzare la cessione degli impianti di Acciaierie d’Italia, in primis quello di Taranto.
Al momento, però, a bloccare il negoziato sarebbe principalmente la mancanza di una particolare certificazione ambientale, senza la quale l’impianto non è in grado di riprendere la produzione. Di conseguenza l’accordo con Baku Steel non può concludersi.
Le parole di Urso sulle interferenze nell’Ilva
A margine dell’assemblea annuale dell’Unem (Unione energie per la mobilità, l’organizzazione delle aziende che lavorano con i derivati del petrolio in Italia), il ministro dell’Industria e del Made in Italy Adolfo Urso è tornato sul tema dell’ex Ilva, in particolare dell’impianto di Taranto, sottolineando l’importanza della trattativa in corso con il gruppo azero Baku Steel.
L’offerta di Baku Steel è stata scelta dal Governo per tentare di rilanciare l’impianto, da decenni in crisi e che nessun investimento privato o pubblico in passato è riuscito a far diventare una fonte di profitto. Urso ha sottolineato non solo l’importanza del sito, ma anche quella del momento storico che l’Europa sta attraversando:
Mi auguro che finiscano le interferenze che giungono da diversi attori per far fallire il negoziato evidentemente su commissione di qualcuno. Le interferenze su questo dossier non nascono da oggi vi è la precisa volontà, da tempo, di impedire la produzione siderurgica. Appare chiaro a tutti che nell’attuale contesto, in cui l’Europa deve affrontare le tematiche della sicurezza e della difesa occorre essere tutti responsabili e consapevoli ed evitare interferenze, magari su commissione, di chi auspica la chiusura dello stabilimento di Taranto.
La trattativa con Baku Steel
Per concretizzare la propria offerta da 600 milioni di euro per l’impianto più 500 milioni di euro per il magazzino, Baku Steel ha posto tre condizioni al Governo italiano:
- installare a Taranto una nave rigassificatrice per alimentare l’impianto. L’Azerbaijan è uno dei più grandi produttori di gas naturale al mondo;
- il mantenimento in attività, a livelli ragionevoli, dell’impianto di Taranto fino all’avvenuta acquisizione, in modo da non doversi sobbarcare i costi di riaccensione dell’altoforno;
- il rilascio dell’Aia, l’Autorizzazione integrata ambientale.
Urso ha garantito che il Governo italiano sta mettendo a disposizione le risorse necessarie a mantenere l’impianto in funzione, ma a maggio si è verificato un incendio all’altoforno 1 che ha comportato il sequestro della struttura da parte delle attività giudiziarie. Anche la nave rigassificatrice presenta delle difficoltà, visto che ha bisogno dell’approvazione della Regione Puglia, impegnata nella decarbonizzazione dell’impianto.
L’autorizzazione mancante
Al momento però, secondo le parole del ministro Urso, il vero problema sarebbe quello dell’Autorizzazione integrata ambientale:
Il problema sono le regole, le autorizzazioni che ancora mancano rispetto al conseguimento dell’autorizzazione integrata ambientale che è condizione fondamentale perché gli impianti possano continuare a produrre e per la conclusione di ogni negoziato.
L’Aia non è solo un’autorizzazione. Si tratta di un provvedimento che definisce i limiti entro cui un’azienda dall’alto potenziale inquinante, come l’ex Ilva di Taranto, può operare. Baku Steel vuole l’Aia il prima possibile e vuole che sia il più leggera possibile, per avere libertà di sfruttare l’impianto. Una prospettiva che, con il passare dei mesi, sembra sempre meno probabile.
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