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Storia del programma nucleare dell’Iran, dall’alleanza con gli Stati Uniti alla bomba atomica


Il programma nucleare dell’Iran è di nuovo al centro dello scontro internazionale. Nella notte di venerdì 13 giugno l’esercito di Israele ha colpito l’impianto di arricchimento di Natanz, a sud della capitale iraniana Teheran, e ucciso alcuni tra i principali vertici militari del Paese. L’attacco israeliano arriva in una fase caldissima: da aprile sono ricominciati i negoziati tra Stati Uniti e Iran sul programma nucleare, mentre ieri l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Iaea) ha dichiarato per la prima volta in vent’anni l’Iran formalmente in violazione dei suoi obblighi di non proliferazione nucleare.

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La decisione dell’agenzia dell’Onu si basava sul rapporto del 31 maggio che ha documentato con prove scientifiche l’esistenza di un programma nucleare militare segreto iraniano attivo nei primi anni Duemila. Nel frattempo, l’Iran aveva risposto in maniera sprezzante alla risoluzione annunciando la costruzione di un nuovo impianto di arricchimento e l’installazione di centrifughe avanzate.

Attualmente il paese possiede già materiale fissile sufficiente per costruire una decina di ordigni nucleari. Infatti, nonostante oltre vent’anni di sforzi diplomatici per limitarne lo sviluppo, Teheran è riuscita a costruire uno dei programmi nucleari più avanzati al mondo, completando una trasformazione che l’ha portata da partner dell’Occidente in campo nucleare negli anni Cinquanta a principale minaccia atomica nella regione.

La lunga storia del programma nucleare dell’Iran

Il programma nucleare iraniano ha origine negli anni Cinquanta con il sostegno degli Stati Uniti. Nel 1957, lo Scià Mohammad Reza Pahlavi — alleato dell’Occidente — avvia lo sviluppo dell’energia nucleare civile grazie all’iniziativa americana “Atoms for peace”, lanciata nel 1957 dal presidente Dwight Eisenhower nell’ambito della strategia di contenimento dell’Unione Sovietica durante la Guerra Fredda. Gli Stati Uniti forniscono all’Iran il primo reattore di ricerca e il combustibile nucleare, mentre negli anni Settanta la Germania Ovest inizia la costruzione della centrale nucleare di Bushehr, nel sud del paese sul Golfo Persico.

Tuttavia, la Rivoluzione islamica del 1979 cambia tutto: il nuovo regime di Ayatollah Khomeini interrompe la cooperazione con l’Occidente e la guerra con l’Iraq (1980-1988) danneggia gravemente le infrastrutture nucleari. Il programma rimane fermo per oltre un decennio. La svolta, però, arriva nel 2002 quando gruppi di opposizione iraniani in esilio rivelano l’esistenza di due impianti nucleari segreti mai dichiarati all’Iaea: l’impianto di arricchimento di Natanz (colpito oggi dagli israeliani) e il reattore ad acqua pesante di Arak. Questa rivelazione ha scatenato la crisi nucleare che dura ancora oggi.

Le sanzioni internazionali

Dopo la scoperta delle attività nucleari non dichiarate, infatti, sono seguiti anni di sanzioni internazionali sempre più severe che hanno devastato l’economia iraniana. Nel 2013 il nuovo Presidente Hassan Rouhani apre ai negoziati che portarono nel 2015 al Joint comprehensive plan of action (Jcpoa), firmato da Iran, Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Germania, Russia e Cina. L’accordo sembra funzionare inizialmente: l’Iran riduce le sue scorte di uranio arricchito del 98%, smantella migliaia di centrifughe e accetta ispezioni come non aveva mai fatto. In cambio vengono rimosse le sanzioni economiche internazionali.

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